Pillole di Note: Focus sull’etichetta La-La Land Records – Seconda Parte

logo la la land records new

Pillole di Note: Focus sull’etichetta La-La Land Records – Seconda Parte

La rubrica ‘Pillole di Note’, ossia mini recensioni di un certo qual numero di colonne sonore che variano dalle solite nostre classiche recensioni di lunghezza più o meno variabile, si ripresenta con una seconda parte dedicata, come quella pubblicata qualche giorno fa, all’etichetta americana La-La Land Records, data la ricchezza e bellezza di titoli importanti di ieri e di oggi che riesce a proporre ogni mese da molti anni a questa parte (https://lalalandrecords.com/):

cover titanic 20th anniversary expanded edition big

James Horner
Titanic (Id. – 1997)  
La-La Land Records LLLCD 1446
CD 1: 17 brani – Durata: 58’29”
CD 2: 11 brani – Durata: 54’59”
CD 3: 17 brani – Durata: 72’52”
CD 4: 23 brani – Durata: 76’30”



Nel 2012 la Sony pubblicò una “Collector’s Anniversary Edition” in 4 CD a prezzo speciale, in occasione del rilancio del film epocale di James Cameron nei Cinema, interpretato stupendamente da Kate Winslet e Leonardo DiCaprio, che presentava nel disco 1 la colonna sonora originale di James Horner rimasterizzata, nel disco 2 l’album “Back to Titanic” rimasterizzato, contenente brani non presenti nel CD originario e qualche pezzo addizionale sempre di Horner, nel disco 3, denominato “Gentlemen, It Has Been a Privilege Playing With You Tonight” (come la celeberrima battuta pronunciata nella pellicola dai musicisti che suonarono sino all’ultimo, prima dell’affondamento, perendo nobilmente anche loro), in cui I Salonisti interpretano le musiche di scena del film e nel disco 4, “Popular Music from the Titanic Era”, una bellissima serie di musiche di successo di inizio ‘900.
La-La Land Records fa ancora di più nel 2017, in particolare per chi, come chi vi scrive, è un fan della prima ora del compianto James Horner e di quasi tutte le sue colonne sonore – nel bene e nel male, dato che in più occasioni è stato tacciato di plagio o di emulare sin troppo pedissequamente brani di musica classica, spacciandoli per suoi; nondimeno vi era una dote appassionata unica e speciale nel suo modo di comporre per le immagini, una poetica stilistica da fare invidia a tanti scribacchini odierni che si sentono chissacché, non avendo neanche una briciola di quella fiamma dell’arte che infiammò spirito e mente nel compositore e direttore d’orchestra, nato a Los Angeles il 14 agosto del 1953 e morto in un incidente aereo (la sua passione più grande fu il volo) nella Contea di Ventura il 22 giugno del 2015 – mettendo alle stampe un’edizione per il 20° anniversario della pellicola, che consta di 4 CD con tanta di quella musica non pubblicata precedentemente da rimanere inebetiti.
Il primo ed il secondo CD presentano la score originale horneriana nell’ordine cronologico di apparizione sul girato (28 tracce per una durata complessiva di 113 minuti); il terzo album (il più appetitoso) 17 brani alternativi e addizionali di Horner, compresa la musica che accompagna il trailer originale (4’12”) e tante versioni del tema struggente e romantico di Rose (Kate Winslet), anche suonato al pianoforte dallo stesso compositore (“The Portrait”, “Piano Theme – The Portrait”, “Rose”), nonché variazioni sul tema portante e sui sottotemi (altrettanto necessari e indimenticabili), quali gli interventi celtici (“Lovejoy Chases Jack”) e le pagine drammaturgiche d’azione (“Hard to Starboard” con una parte centrale rombante alla Aliens scontro finale) o narrativamente enfatizzanti (“Take Her to Sea, Mr. Murdoch” con una chiosa williamsiana alla Star Wars o l’etereo tensivo synth “A Promise Kept”); il quarto CD i succitati Salonisti – al secolo Thomas Füri al violino, Ferenc Szedlák al violoncello, Werner Giger al piano, Lorenz Hasler al violino e Béla Szedlák al contrabbasso – arrangiati in parte da John Altman, William Ross e pochi altri, nell’esecuzione di brani classici, tradizionali irlandesi o popolari di autori quali Strauss Jr., Berlin, Gounod, Offenbach, etc. etc. etc.
Se ben ricordate, Horner si aggiudicò per questa partitura, che ha segnato nella sua filmografia l’ennesimo grandioso e strameritato riconoscimento compositivo (una carriera che enumera oltre 170 partiture da fine anni ’70 a metà Duemila), due premi Oscar nel 1998 per la colonna sonora e la canzone “My Heart Will Go On”, cantata da Celine Dion (non presente in questo quadruplo CD per questioni di diritti), due Golden Globe, due ASCAP Awards, una nomination ai Bafta, un Chicago Film Critics Association Awards, due Satellite Awards, due Grammy, un Online Film & Television Association. Lo score per Titanic si può racchiudere nelle parole di Ermanno Comuzio sul suo noto Dizionario “Musicisti per lo schermo”: <<Abbiamo quattro temi principali (uno per la nave, uno per ciascuno dei due protagonisti innamorati e un tema d’amore), e, data la circostanza che la nave era stata costruita in Irlanda, largo uso di musica folkloristica irlandese (più elettronica)>>.
Una OST che resta ben salda nella memoria, quella che entra sotto epidermide e non ti lascia più per il resto della tua vita, per questo iconicamente epocale. I vocalizzi di Sissel Kyrkjeboe, cantante norvegese, restano uno dei momenti più alti e coinvolgenti emozionalmente dell’intera score.

cover airport 77 the concorde airport 79 big

John Cacavas/Lalo Schifrin
Airport ‘77 (Id. – 1977) / Airport ’80 (The Concorde…Airport ’79, 1979)  
La-La Land Records LLLCD 1491
Airport ‘77: 14 brani – Durata: 41’56”
The Concorde…Airport ’79: 27 brani – Durata: 68’34”



Il primo film della serie degli Airport risale al 1970, riportante il titolo che diede il via alla saga delle catastrofi in volo, con bravi registi di mestiere e cast altisonanti di attori in prima linea (visto che parliamo di aerei, calza a pennello) – ad esempio Charlton Heston, Alain Delon, Jack Lemmon, Olivia De Havilland, Burt Lancaster, Dean Martin, etc. – con le musiche del veterano, e nome tra i più considerevoli della musica per film, Alfred Newman, tra l’altro sua ultima colonna sonora, sempre di altissimo livello compositivo per un settantenne all’epoca della realizzazione del capostipite filmico; poi venne Airport ’75 con score di John Cacavas e a seguire Airport ’77, ivi recensito, con sul podio sempre Cacavas e Airport ’80 con colonna musicale di Lalo Schifrin, presente nel secondo disco di questa doppietta aereocatastrofica.
La partitura di John Cacavas (1930 – 2014), un vero veterano delle musiche per la TV (Colombo, Il tenente Kojak, Hawaii squadra cinque zero, La signora in giallo, La donna bionica, Matlock, Quincy e Magnum P.I.), è massiccia, violenta (“Plane Down”) e pregna di note gravi, in cui un barlume di speranza non si intravede quasi mai (tranne per la quiete dopo la tempesta “Julie and Steve/Briefing Search and Rescue”), con pagine militaresche nella sostanza e oscure nella forma (“Securing the Plane”) e un tema principale di ariosa bellezza sinfonica (“End Title and End Cast”).
Lalo Schifrin (classe 1932), autore di colonne sonore iconiche come quelle per la serie Mission: Impossible o per Ispettore Callaghan: il caso ‘Scorpio’ è tuo!!, Bullitt, I 3 dell’operazione Drago, scrive una OST più d’impatto fuori e dentro le sequenze rispetto a quella di Cacavas, assai funzionale ma meno attraente separata dalle immagini, che già dai titoli di testa detona in tutta la sua fragorosa, possente ed eroica esposizione (“The Concorde…Airport ’79 Main Title”). Un leitmotiv subito efficace. “Love Rhapsody” è un florido tema d’amore molto francese nelle configurazioni, difatti Comuzio lo descrisse come “sentimentalismo alla Francis Lai”. La restante partitura si giostra tra pagine di pura tensione e molto movimentate (su tutte “Engine Power Off” e “Snow, Fire and Rescue”) e disco music Settanta (“Welcome Aboard”). Una specie di partitura antesignana di quelle di Michael Kamen per i primi tre Die Hard. Uno Schifrin superlativamente gasato.

cover the man with one red shoe big

Thomas Newman
L’uomo con la scarpa rossa (The Man With One Red Shoe, 1985)  
La-La Land Records LLLCD 1463
18 brani – Durata: 36’28”



Commedia tipicamente anni ’80 con un giovane Tom Hanks, affiancato dalla bionda partner Lori Singer e da Dabney Coleman, Carrie Fisher, Jim Belushi, Charles Durning, Tom Noonan, tutti invischiati in una trama thriller in cui un uomo scelto a caso tra la folla diventa al contempo l’obiettivo della sorveglianza e dell’inseguimento da parte della CIA. Lo score di Newman appartiene a quel momento storico tutto synth, percussioni pop metalliche anni ’80 e sperimentazione al limite della follia esecutiva, peculiarità che ci ha poi regalato un compositore straordinario, fuori dalla convenzionalità dilagante odierna e da analizzare approfonditamente per la ricercatezza timbrica e acustica. Gli strumenti solisti in campo, in questa partitura fuori di testa, sono il sax alto suonato da Brad Dechter, diverse tipologie di percussioni e batteria suonate da Michael Fisher, la chitarra elettrica di George Doering, il basso elettrico di Neil Stubenhaus, il trombone di Alan Kaplan, piano e synth Ob8 Oberheim polifonico di Thomas Newman e dulcis in fundo i sintetizzatori di Michael Boddicker, Tom Seufert e Todd McKinney. Le tracce sono una sequenza quasi infinita e concettualmente unitaria di paesaggi (anche volendo tematici qui e là) sintetico-pop-ambient-new age molto (ovviamente) Ottanta, in cui spiccano la melodia ridanciana e lieve di “Hapless Hopeful”, il disco pop calypso di “Don’t Let Carson Go”, il funky synth pop alla Jan Hammer di Miami Vice di “The Chase”, il fantasioso pop gridante dei titoli di testa e di coda di “The Man with One Red Shoe” e “Second Red Shoe”. Il “Love Theme” melenso per piano e violino nel finale dell’album è di Michael Masser.   

cover the prisoner of zenda big

Henry Mancini
Il prigioniero di Zenda (The Prisoner of Zenda, 1979)  
La-La Land Records LLLCD 1468
28 brani – Durata: 74’41”



Celebrando il centenario dalla nascita di Henry Mancini, il padre musicale della commedia sofisticata, il papà de La pantera rosa e Colazione da Tiffany, il mirabolante volto pentagrammato di Peter Sellers e Blake Edwards, andiamo a recensire questa score alla fine giunta in versione estesa. Il prigioniero di Zenda, una commedia ridicolmente avventurosa con il summenzionato strepitoso Sellers in doppio ruolo (Re Rodolfo di Ruritania e il suo sosia, un tassista londinese, assunto per impersonarlo visto che assassini e usurpatori vorrebbero il suo regno a tutti i costi), storia già altre volte portata sul piccolo e grande schermo, col medesimo titolo, dal muto fino agli anni ’90, tra il serio e il faceto, come in questo caso. Mancini compone un tema portante (“Main Title”) sinfonicamente pomposo e regale, con tanto di fanfare in risalto, però al contempo valzeristicamente elegante e carezzevole. Il compositore italoamericano poi costella la partitura di brani danzanti tipicamente da corte reale (“Behind the Red Door”, “Café Royal”, l’avvolgente “Royal Galop”), momenti elgariani (“The Coronation”, “God Help the King”), pagine di commento dinamiche e schernenti (“To the Embassy”, “Goodbye Syl and the Count’s Revenge”, il vivaldiano pezzo d’azione “The Attack”) che rammentano certe soluzioni tematiche adottate successivamente dal Nostro in film d’animazione quali Basil l’investigatopo o Tom & Jerry: Il film, anche spunti per il ciclo de La pantera rosa.

cover doctor dolittle 50th anniversary expanded soundtrack big

Leslie Bricusse
Il favoloso Dottor Dolittle (Doctor Dolittle – 1967)  
La-La Land Records LLLCD 1450
CD 1: 26 brani – Durata: 78’39”
CD 2: 27 brani – Durata: 77’49”



Il plurinominato e premiato londinese Leslie Bricusse (1931 – 2021) è stato un gran paroliere e compositore per riviste, commedie teatrali e cinema – nel suo variopinto carnet colonne sonore e liriche entrate nell’immaginario collettivo quali, insieme al fidato amico Anthony Newley, la canzone cult per i titoli di testa di Goldfinger musicata da John Barry, i musical cinematografici Goodbye Mr. Chips e Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato e tante collaborazioni con John Williams, Henry Mancini,  Frank Sinatra, Shirley Bassey, Sammy Davis Jr., Nancy Sinatra, Diana Krall e Julie Andrews –.
Questo musical, Il favoloso Dottor Dolittle, con Rex Harrison, Samantha Eggar e Anthony Newley, diretti da Richard Fleischer, resta in carriera il suo sforzo produttivo maggiore, in qualità di sceneggiatore, paroliere e compositore in solitaria. Il film ottenne nove nomination agli Oscar e se ne portò a casa due, tra cui Migliori effetti speciali e Miglior canzone originale “Talk to the Animals”. Lo score si aggiudicò la nomination per “Best Music, Scoring of Music, Adaptation or Treatment” (Lionel Newman e Alexander Courage) e “Best Music, Original Music Score” (Bricusse), non dimenticando le due candidature ai Golden Globe, quella singola ai Grammy, oltre a quella ai Writers Guild of America per la sceneggiatura. Il presente doppio album consiste di tutta la colonna musicale originale divisa in due Atti tra il primo e secondo CD e materiale demo pre-registrato e musica addizionale nel secondo CD. I momenti canori, cantati con vigoria e passionalità coinvolgenti dagli interpreti stessi del film, sono in totale 16 (alcune songs si ripetono) e quelle che risaltano all’orecchio sono la vincitrice dell’Oscar “Talk to the Animals”, la circense “I’ve Never Seen Anything Like It” e la dolcissima “At the Crossroads”. Bricusse progetta un musical di Broadway classico nella forma canonica, che chi ama il genere conosce bene, molto ammaliante, con tantissime pagine sinfoniche imperiose, sbeffeggianti, di puro commento alle scene e spensierate, con tributi a tanto mondo disneyano dei classici animati e ad un certo mancinismo dilagante all’epoca, piacevolissimo, raffinato e divertente (ne sono esempio lampante “Overture” e “Prologue”). Se non lo avete mai visto né sentito, con questo doppio CD è giunta l’ora di colmare la lacuna.

cover speed big

Mark Mancina
Speed (Id. – 1994)  
La-La Land Records LLLCD 1200
32 brani – Durata: 69’25”



L’incontro adrenalinico, senza toccare le 50 miglia orarie (chi ha visto il film sa cosa intendo), tra Keanu Reeves e Sandra Bullock, braccati dal folle dinamitardo Dennis Hopper, in Speed di Jan de Bont fu un successo al botteghino inaspettato e strepitoso nel 1994. La pellicola si aggiudicò due Oscar (Miglior montaggio sonoro e sonoro) e tanti altri premi di settore.  Generò perfino un logico sequel nel 1997 abbastanza dimenticabile, senza Reeves. Un Action Movie a perdifiato, senza un attimo di tregua, sorretto dalla musica sinfo-elettro-techno di un Mark Mancina in gran forma, fuoriuscito dalla fucina di fabbricatori di note ‘un tot al kilo’ di Hans Zimmer – per fortuna sia questo compositore statunitense di Santa Monica (classe 1957) che John Powell ed Harry Gregson-Williams sono stati i pochi a venirne fuori a testa alta e con un loro stile inconfondibile e univoco, senza rimanere ancorati al padre padrone germanico naturalizzato americano –, componendo una partitura che di riffa e di raffa ha segnato il Genere, cambiando di lì a poco il metodo di scrittura per i film d’azione (esemplificativo “Rush Hour”). Lo score ottenne il BMI Film & TV Award e in quel periodo fu pubblicato un album con 40’ di musica, finalmente in versione integrale con questo CD che contiene 30’ di score in più, compresa la canzone hard rock dei titoli di coda eseguita da Billy Idol, presente solo nell’album “SONGS FROM AND INSPIRED BY THE MOTION PICTURE” uscito sempre nel 1994. Mancina scrive per un’orchestra di 100 elementi un agglomerato sinfo-elettronico percussivo che spacca i timpani (non quelli della sezione orchestrale) e simula alla perfezione la Velocità a rotta di collo del titolo del film. Il leitmotiv si fa quietamente sentimental-eroico per piano e archi nell’aereo “End Title”.   

cover twister big

Mark Mancina
Twister (Id. – 1996)  
La-La Land Records LLLCD 1412
22 brani – Durata: 64’07”



Scopro che ad Hollywood, oramai nel continuo riciclaggio di archetipi filmici già ampiamente battuti e di successo all’epoca al botteghino e nessuna idea nuova da mettere in cantiere, hanno chiuso il remake o presunto sequel di Twister, chiamandolo semplicemente Twisters (un vero colpo di genio; scherzo ovviamente). La pellicola di Jan de Bont ebbe nel 1996 un trionfo considerevole al Cinema, anche per via degli effetti speciali strabilianti che sorreggevano una trama alquanto inverosimile, confermando il detto che l’intrattenimento conta più di tutto, altrimenti non esisterebbero il 90% dei film blockbuster, e non solo, che abbiamo visto e vedremo ancora sul grande e piccolo schermo (purtroppo oramai dediti sempre più allo streaming, perdendo quel gran piacere recondito della visione in sala su uno schermo come si deve e con un audio iperbolico coinvolgentemente avvolgente). Il regista si affidò a Mark Mancina dopo l’esperienza più che positiva su Speed, il quale rese la stima conferitagli con una partitura sinfonica dirompente, tuonante e ventilante cori malevoli (nel senso di quell’effetto simile al suono da tromba d’aria imminente che pervade buona parte dello score; vedi il significante “Drive-in Twister”), con la chitarra elettrica solista di Trevor Rabin a farla da padrone, altro compositore di musica per film (Armageddon, Blu profondo, Agente Smart).
Mancina compone una musica tonitruante, con alcune assonanze a Il re leone di cui fu arrangiatore vocale aggiunto delle canzoni e compositore addizionale, a Braveheart di James Horner dell’anno prima – tali evidenze pentagrammate si denotano di più in “Wakita” o “Sculptures” – o certo Action Sound alla Zimmer anni ’90 (“House Visit” che anticipa di parecchio quelle note epicamente iconiche della saga di Pirati dei Caraibi). Questo album in versione estesa ha il suo punto di forza nei brani precedentemente non realizzati, “Walk in the Woods” ed “End Title”.

cover child s play 2 big

Graeme Revell
La bambola assassina 2 (Child’s Play 2 – 1990)  
La-La Land Records LLLCD 1506
26 brani – Durata: 59’43”



La bambola malefica assassina, meglio conosciuta come Chucky, incarnazione giocattolosa crudelmente scanzonata di un pluriomicida mago demoniaco di nome Charles Lee Ray, sul grande schermo, ad oggi, ha vagato inquietante, volgare e assetata di sangue più che mai, grazie al suo ideatore Don Mancini, dal 1988 sino al reboot del 2019, con un totale di otto pellicole – oltre ad una serie denominata Chucky (Child’s Play) targata 2021 con musiche di Joseph LoDuca (il ciclo de La casa, Il patto dei lupi e le serie Hercules e Xena: principessa guerriera) –, non perdendo mai di film in film la sua vena horror irriverente e satiricamente spietata degli esordi su celluloide. Dal primo La bambola assassina di fine ’80 con lo score di Joe Renzetti, sul podio del commento diabolico del bambolotto con lentiggini e capelli color carota si sono avvicendati Graeme Revell (La bambola assassina 2), John D’Andrea e Cory Lerios (La bambola assassina 3), di nuovo Revell (La sposa di Chucky), Pino Donaggio (Il figlio di Chucky), il succitato LoDuca (La maledizione di Chucky e Il culto di Chucky) e Bear McCreary (La bambola assassina il reboot).
Per quel che riguarda la partitura qui in esame di Revell, il compositore neozelandese (classe 1955), autore delle OST per il cult Il Corvo e per la serie di film di Pitch Black/Riddick con Vin Diesel, si destreggia perfettamente tra sintetismi e sinfonismi eseguiti dalla Hollywood Studio Symphony, diretta e orchestrata da Shirley Walker, con le orchestrazioni anche di Bruce Fowler, dove si distinguono le tracce “Main Title (The Limousine)”, “Yardstick”, “How’s It Hangin’?”, “Under the Stairs/Garbage Can”, “Van Chase to Factory” e “Labyrinth/Knife Arm”. Lo score è una solida, minacciosa, militaresca e aggredente sequenza di pagine sinfoniche per ottoni e percussioni dai tratti tribali in primo piano, in stile monumentale alla Hellraiser di Christopher Young, con qualche cenno tematico che ricorda il tema di Alien di Jerry Goldsmith e una nenia fanciullesco-satanica serpentina che affiora di tanto in tanto, che ci rammenta essere sprofondati nell’inferno di Chucky più eterno che mai.

Stampa