Game Of Thrones - Season 8

cover game of thornes season 8Ramin Djawadi
Il trono di spade - Stagione 8 (Game Of Thrones - Season 8, 2019)
WaterTower Music
32 Brani – durata: 119’31’’

Il trono di spade ha certamente segnato un’epoca. La cultura popolare degli ultimi anni ha visto nella serie tratta dai libri di George R. R. Martin un pozzo da cui attingere stilemi, personaggi, modi di dire, dinamiche che sono divenute icone per le nuove generazioni. Ne consegue facilmente che la fine della serie segna pure la fine di quest’epoca in cui si è riscoperto l’amore machiavellico per il potere e i complessi psicologici di cui i vari personaggi sono imbevuti.

L’iconicità della serie è andata di pari passo a quella della sua musica che, composta da Ramin Djawadi, è divenuta un leitmotiv delle giovani generazioni. La musica dei titoli di testa e i temi delle varie casate riecheggiano ormai all’interno delle scuole e nelle bacheche online. Il pregio del compositore di origine tedesca è quella di aver creato una musica rappresentativa ed efficace così come è stata la serie.
Diviene naturale, dunque, che l’ultima stagione, musicalmente parlando, divenga una sorta di tributo al passato. Proprio un brano già ascoltato apre (dopo i consueti “Main titles”) la partitura dell’ottava stagione; qui tuttavia ricompare interpretato dal cantante dei “System of a Dawn”, Serj Tankian, che con la sua calda voce armena riesce a dare una nuova coloritura al famoso “The rains of Castomere”.
Continuando sulla linea del passato, i brani successivi, “Arrival at Winterfell” e “Flight of the dragons”, costituiscono una sorta di richiamo dei classici temi delle due casate principali in lotta tra loro non solo sulla scena ma anche dal punto di vista musicale; qui il compositore è stato molto bravo a creare una sorta di duello che si riverbera nelle note legate ai Lannister che si scontrano, in una specie di rapporto dialettico, con la musica caratterizzante Daenerys e la casata Targaryen.
Risulta quanto mai evidente che le coloriture sono oscure e fosche, quasi a voler sottolineare un inasprimento dei toni e, come nella miglior tradizione della serie, il bene si mescola al male e, eticamente, nessuno esce vincitore.
Il relativismo etico si riversa nella musica, tutti i temi vengono offuscati, resi più tenebrosi o esaltati nella loro nostalgia. In “Jenny of the oldstones” questo è quanto mai visibile; gli archi e i fiati si intrecciano e su di essi si innesta l’elemento corale venato di patetismo nostalgico. Su tutto grava l’arrivo del Re della notte il cui tema è presente nei brani “The dead are already here” e “Battle for the skies”. “The long night” costituisce certamente il brano dell’attesa, sottolineata da toni lugubri e offuscati, perfetta sintesi della puntata per cui sono stati orchestrati.
Un andamento antifrastico sembra avere “The night king” dove il pianoforte suggella un’atmosfera tranquilla su cui, però, si avvertono le minacce simboleggiate dall’uso degli archi. Una cellula motivica che si ripete, creando un continuo stato di apprensione dato dall’uso delle viole tanto care al nostro compositore. Il crescendo è graduale e gestito con grande perizia quasi a voler incanalare l’attenzione e l’attesa in un momento segnato dalle percussioni e dalle note più basse che si rimescolano in un finale sempre più veloce e improvviso. La stessa cellula sarà ripresa in “Not today” dove viene eseguita anche da una componente vocale inaspettata. Proprio l’attesa sembra essere il nucleo fondante di “Farewell” dove la nostalgia degli archi trova la sua massima espansione e si intreccia a quel motivo già presente nei brani precedenti.
Ritorna alla scorsa direzione la seconda parte della score, dove i toni più grevi e ruvidi prendono il sopravvento. Basti pensare a “Outside the gates”, e “The bells” o ancora di più “The last war” dove le percussioni ricordano i tamburi di battaglia. I toni si dilatano e si distendono in “For Cersei” dove il tema dei Lannister viene eseguito in una venatura melanconica ed elegiaca che si risolve in un fraseggio di archi. Dall’alto impatto è “Stay a thousand years” brano nel quale la componente lirica, quasi ecclesiale, conferisce una notevole ieraticità e sacralità a tutto il brano e che si dipana anche nel successivo “Nothing else matters” dove l’elemento corale lascia spazio al classico gioco di archi. In tutta questa seconda parte la sospensione, derivante da una partitura che dona spazio e tempo a una nostalgica riproposizione del passato, sembra giocare la parte da protagonista. Così in “Iron throne” che è certamente un brano dal forte impatto emotivo intessuto di tutte le suggestioni passate. Basti pensare alla riproposizione del tema di Jon Snow in “Break the wheel”; in tutti i pezzi finali le varie dinamiche musicale sembrano coagularsi e viene celebrato una sorta di addio alle vicende che hanno visto protagonisti personaggi tanto iconici. Sono i momenti dell’allontanamento e del mesto richiamo di qualcosa che poteva essere ma non è stato. Se il finale della serie ha lasciato delusi molti fan, possiamo certamente dire che dal punto di vista musicale la partitura elaborata da Ramin Djawadi è efficace e riesce a chiudere un cerchio iniziato anni fa e che costituisce, almeno fino ad ora, l’opera più riuscita del compositore. Proprio l’iconicità della musica che si è fatta immagine si spera possa trovare adeguata collocazione in un cofanetto che raggruppi tutto il materiale ideato dal compositore tedesco per la terra di Westeros ed Essos.

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