“Una grande lezione di musica per film” – Parte Prima

“Una grande lezione di musica per film” – Parte Prima

Colonne Sonore, per dare risposta alle molteplici richieste di giovani lettori che stanno studiando composizione e che vorrebbero in futuro intraprendere la carriera di compositori di musica applicata, ha deciso di farsi aiutare da coloro i quali vivono in prima persona l’Ottava Arte e la creazione di musica per immagini, chiedendo ai compositori stessi di rispondere a sei domande che la nostra redazione ha ritenuto interessanti ed esaurienti sul come divenire autori di musica per film.
Di seguito, quindi, le sei identiche domande a cui molti compositori italiani e stranieri hanno risposto per aiutare i futuri giovani colleghi che si confronteranno con la Settima Arte e la sua musica:


Domande:


1) Che metodologia usate nell’approcciarvi alla creazione di una colonna sonora?

2) Qualora non abbiate la possibilità, per motivi di budget o semplicemente vostri creativi, di usare un organico orchestrale, come vi ponete e quali sono le tecnologie che vi vengono maggiormente in aiuto per portare a compimento un’intera colonna sonora?

3) Descriveteci l’iter che vi porta dalla sceneggiatura alla partitura finale, soprattutto passando per il rapporto diretto con il regista e il montatore che talvolta usano la famigerata temp track sul premontato del loro film, prima di ascoltare la vostra musica originale?

4) Avete una vostra score che vi ha creato particolari difficoltà compositive?
Se sì, qual è e come avete risolto l’inghippo?

5) Come siete diventati compositori di musica per film e perchè?

6) Che importanza ha per voi vedere pubblicata una vostra colonna sonora su CD fisico oggi che sempre di più si pensa direttamente al digital download?

Risposte:



Marco Werba (compositore di Zoo, Amore e libertà, Masaniello, Giallo, Native)

1) La metodologia è più o meno la stessa dei miei colleghi. Discuto con il regista riguardo allo stile musicale e soprattutto ai punti dove mettere la musica. Potrebbe sembrare ovvio ma non lo è. Non esiste una scena in cui ci voglia a tutti i costi una musica di commento. Attraverso il dialogo e la sensibilità sia del compositore che del regista, si decide in quali punti inserire degli interventi musicali. Personalmente preferisco avere meno musica ma valorizzare quella che è presente. I registi invece, con le dovute eccezioni, hanno paura del silenzio e vogliono troppa musica. In questo modo tolgono importanza alla musica stessa che diventa un riempitivo fastidioso che serve più che altro a coprire i difetti dell’audio e sostenere le scene deboli. Amo essere coinvolto nel lavoro quando le riprese del film non sono ancora iniziate. A quel punto ho il tempo di pensare ai temi musicali con calma, ma questo non succede quasi mai. Il compositore viene chiamato quando il film è in post-produzione e dal momento in cui il montaggio è completato, ha a disposizione circa tre settimane per comporre, sincronizzare, orchestrare ed incidere le musiche.

2) Purtroppo diventa sempre più difficile avere a disposizione un’orchestra. L’ultimo lavoro che ho inciso con l’orchestra è stato Native. Gli ultimi “soundtracks” invece sono stati realizzati con suoni campionati e qualche solista. Devo aspettare che si concretizzino i progetti con gli Stati Uniti per tornare finalmente a lavorare con l’orchestra.

3) Si, la Temp Track è un’arma a doppio taglio. Serve al regista per far capire al compositore la tipologia di musica desiderata, ma costringe poi il compositore a scrivere una musica quasi identica a quella suggerita nella suddetta.

4) Ci sono state diverse colonne sonore “difficili”. Un esempio è stato Amore e libertà, Masaniello, in cui il regista voleva una musica romantica per l’eroe del ‘600, Masaniello. Il tema che gli avevo inizialmente proposto per lui era troppo virile e movimentato. Alla fine gli proposi un brano romantico/nostalgico che gli piacque. Bisogna procedere per tentativi senza mai dare niente per scontato.
Per il film A Dio piacendo, il regista Filippo Altadonna mi chiese di scrivere il “tema del gas”. Il gas simboleggiava la morte che entrava dentro casa per purificare la dimora dai corrotti. Dopo una breve riflessione proposi un brano per sax, flauto, synt e percussioni che seguiva il ritmo del gas.

5) In alcune interviste ho descritto il mio percorso un pò particolare. Sono arrivato alla musica attraverso il cinema. Quando ho quindi deciso di iniziare questo percorso era chiaro che mi sarei dedicato alle colonne sonore per film.
Nel 1977 uscì a Roma il film di fantascienza La fuga di Logan di Michael Anderson. Andai a vederlo con mio padre e il film mi piacque molto. Andai quindi a rivederlo una seconda ed una terza volta. A quel punto mi accorsi che c’era una musica straordinaria scritta da Jerry Goldsmith che dava forza alle immagini. Nelle scene all’interno della città del futuro la musica era totalmente elettronica, all’esterno della città invece era sinfonica. Andai in un negozio di dischi di New York e trovai l’LP. Da quel momento in poi ho iniziato a collezionare colonne sonore e a studiare musica.

6) Buona domanda. Per me è fondamentale avere un CD, che sia veicolo promozionale sia per il film che per l’autore delle musiche. Anche i miei ultimi lavori, I Fiori del male e Ballando il silenzio, saranno pubblicati su CD. Il primo dalla Cometa Edizioni, l’altro da Paolo Dughero in collaborazione con la Warner Chappell Italia.



Pericle Odierna (compositore di Fallo per papà, Il leone di vetro, La settima onda)

1) Credo fortemente in una non metodologia. Mi spiego: applicare un metodo significa pianificare già in fase embrionale un processo, un iter, una forma/formula. Questo forse lo si può, e si deve fare, quando si scrive musica che contempli una forma-struttura, ad esempio nella Sonata piuttosto che nella fuga o nella dodecafonia o altro.
Può essere molto utile applicare il metodo sviluppato nel percorso accademico. La creatività della musica cinematografica deve essere priva di un orientamento stilistico proprio e univoco; un musicista che voglia fare buona musica per film non deve specializzarsi solo in musica classica o sinfonica, così come non deve essere solo un musicista pop, jazz o rock: deve sapere maneggiare bene le contaminazioni fra generi musicali diversi. Ecco dunque il primo segreto, quello di una sorta di anti-metodologia, per affidarsi a una cultura musicale ampia e agile, pronta ad affrontare, senza barriere mentali, ogni situazione, con gran duttilità e in maniera camaleontica, cosa che non sempre trova riscontro, considerando come la stragrande maggioranza dei musicisti sia chiusa nel proprio genere e  padroneggia con sicurezza un solo stile musicale. 

2) Capita sempre più spesso di doversi confrontare e scontrare con il problema budget, ma per fortuna la “bistrattata” tecnologia ci viene in auto. Come tutti i linguaggi anche la musica si è evoluta ed in parte mutata nel tempo arricchendosi di nuovi elementi e simboli. Alcuni cambiamenti sono stati tanto profondi, quanto veloci, soprattutto nel corso degli ultimi anni in cui il progresso ha subito una crescita esponenziale. La tecnologia applicata alla musica si è alimentata delle sue scoperte, creando una crescita costante del settore e fornendo strumenti sempre più sofisticati per la composizione musicale. Dai super sequencer digitali all’uso di plugin e suoni campionati di grandissima fattura, spesso addirittura difficili da identificare come “non veri”. L’abilità sta nel saperli dosare ed usare, questo porta ad ottenere gran parte del risultato voluto. A tratti ricorda il lavoro di un artigiano fatto di passione, fatica, tenacia, magia.

3) Ogni film è una storia a se. Dipende dal luogo, dai tempi e dalla conoscenza o simpatia (empatia) con il regista…ma non solo. Leggere la sceneggiatura alimenta la propria fantasia e spesso anche la gioia e l’energia giusta, soprattutto quando è scritta bene ed è una bella storia ma, ovviamente, non basta.
Cito il grande Morricone: “Il rapporto col regista, lo considero più importante della stessa lettura della sceneggiatura, perché, a seconda del regista che la realizza, una stessa sceneggiatura può acquistare significati molto diversi / … purtroppo capita spesso che il rapporto col regista, anche con registi di talento, si giochi in maniera predominante su fatti tematici / …mentre su sonorità, ritmi, armonie è molto più difficile intendersi. A un regista faccio sentire molti temi, ma non sempre scelgono i migliori, per cui, da un pò di tempo, mi sono abituato a selezionarli in precedenza”.
Il cinema è un’arte collettiva, per cui, se non vogliamo avere uno sguardo settoriale, le varie componenti - regia, dialoghi, recitazione, scenografia, musica ecc. - devono fondersi con naturalezza e per questo è necessario una stretta cooperazione, sia a livello di intenti che di procedure, fra tutti coloro che lavorano alla realizzazione dell’opera.

4) Fortunatamente no… Ho lavorato spesso con registi che conoscevano le mie caratteristiche musicali e compositive. In mio aiuto, oltre al rigoroso studio accademico, l’apporto dei tanti strumenti che suono e che registro personalmente nei vari lavori. Una varietà timbrica che mi consente di sperimentare ed adottare soluzioni che vanno dalla classica al jazz, alla musica etnica e popolare con un approccio piuttosto naturale e dinamico.

5) Anno 1981, non avevo ancora 16 anni e frequentavo il Conservatorio di Musica di Salerno. Capitava spesso che ricorressi all’autostop in autostrada per rientrare a casa. Un giorno si ferma un signore barbuto e scuro in volto. Salgo e lo trovo attento ad ascoltare una musicassetta. Non mi parla ed io non disturbo. Vengo immediatamente rapito dalla bellissima musica. In silenzio ascolto ma la mia curiosità cresce fin quando decido di infrangere la magica atmosfera: “Scusi, che musica è? Sa, io studio al Conservatorio ma non mi sembra di riconoscere questa musica meravigliosa”. Lui mi fa: “Oh, scusa, mi chiamo Gianni, Gianni Manera. Questa è la musica del mio film Il cappotto di legno. Sto andando a Napoli a montarla. L’ha scritta Riz Ortolani”.
WOW! Le mie due grandi passioni, il cinema (seguivo in quegli anni quattro cineforum e avevo l’ingresso al cinema del paese “quasi gratis”) e la musica si materializzavano in quel momento, in quell’incontro. Mi parlò per tutto il tragitto del suo film e di come erano arrivati a quella musica, di Ortolani. Ero felice e a tratti incredulo. Ricordo perfettamente che quando ci salutammo pensai: ecco! Scrivere musica per film, quanto mi piacerebbe!
Poi sono passati tanti anni da quel giorno. Il diploma in clarinetto e poi gli studi della composizione. Le esperienze concertistiche, il teatro, anni come assistente musicale, ma oggi sono qua a scrivere: “ECCO! SCRIVERE MUSICA PER FILM, QUANTO MI PIACE!

6) Il tatto è una delle componenti del sistema sensitivo che mette in relazione l’organismo con l’ambiente esterno trasmettendo sensazioni elementari che vengono combinate tra di loro per generare esperienze sensoriali più complesse fino a tramutarle in emozioni. L’effetto sinestetico che si produce scartocciando un disco o cd, toccandolo, leggendo e sfogliando il libretto e contemporaneamente ascoltare la musica in esso contenuto è, a mio avviso, una delle esperienze più appaganti, coinvolgenti ed emotivamente interessanti, a prescindere se su quel disco è incisa la mia colonna sonora, o altro; viva il disco fisico!



Antongiulio Frulio (compositore di Amatemi, Fratelli Detective, la serie animata Le straordinarie avventure di Jules Verne)

1) C’è una premessa da fare, nella maggior parte dei casi quando si riceve l’incarico a comporre ci si trova quasi sempre di fronte ad alcune scelte musicali già compiute, nel bene e nel male. Ora, in questo caso, bisogna fare il punto riguardo la “catena di comando”, se chi è più’ alto in grado (il produttore per esempio) si è affezionato alla musica “temporanea”, sarà molto difficile se non impossibile proporre alternative con possibilità di successo. In molti casi c’è il rischio di “fare” un plagio per dover “accontentare” chi decide.
C’è anche il caso in cui, per fortuna e purtroppo, alla sorgente non hanno idea di quale “cifra musicale” possa essere idonea o funzionale e quindi si può procedere liberamente secondo la propria ispirazione ed il proprio istinto.
Questo naturalmente non garantirà il sicuro successo, talvolta lo sforzo del compositore, anche convinto della propria scelta, serve semplicemente a far si che chi “decide” possa proprio su quella scelta indirizzarsi verso altro.
D’altronde si parla di gusto personale e questo non sempre coincide con quello degli altri. E’ comunque un rischio da correre. Qualora fosse questo il caso, personalmente, cerco di stabilire innanzitutto una “immagine sonora” coerente con la narrazione e lo stile del film o sceneggiato televisivo che sia. Per immagine sonora intendo appunto il mondo strumentale ed armonico melodico che sarà la “voce musicale” dei vari temi e le varie cellule che si avvicenderanno. Quasi contemporaneamente a questa scelta e dopo aver visto il film cercando di individuare dei punti topici e memorizzandone lo svolgimento, uso suonare il piano liberamente nell’attesa che sotto le mani mi arrivi qualcosa che ritengo sia associabile a quanto visto.
Se credo di aver trovato qualcosa di significativo lo scrivo in semplice forma ridotta per pianoforte.
Una volta generato abbastanza materiale, dal pianoforte passo al computer e realizzo un “mockup” (simulazione strumentale) di quanto pensato su scena.

2) Personalmente ho investito negli anni gran parte del mio tempo e del mio denaro nella tecnologia che oggi mi permette di produrre musica anche orchestrale convincente e di buona qualità. Ragion per cui qualora non dovesse esservi “budget” per una orchestra posso realizzare senza problemi. Ci sono serie televisive e film (a mio nome e per altri compositori) per cui ho realizzato sia una parte sia tutta la musica.
Utilizzo un “cloud” di diversi computer Apple connessi tra di loro via ethernet e con un software di hosting dedicato (Vienna Ensemble Pro) che mi consente di “aprire” centinaia di patches disponibili nel software sequencing (Logic Pro X) che grazie alle sue sofisticate funzioni mi consente di realizzare tutto quello che desidero.
Sia chiara una cosa: in ogni caso bisognerà produrre un “demo”, tanto vale farlo bene.
Per la parte notazionale uso Sibelius di Avid per ricavare le eventuali partiture per la realizzazione “orchestrale”.
Infine Pro Tools per il montaggio, la sincronizzazione e l’editing.

3) Come accennato in risposta alla prima domanda, molte volte bisogna adeguarsi a quanto scelto in fase di montaggio.
Qualche volta si è fortunati quando si incontra un “montatore” con discrete qualità musicali in quanto a scelte precise e questo aiuta molto almeno a definire la direzione musicale stessa. Bisogna anche ricordare che la musica temporanea verrà ascoltata e riascoltata durante i vari “screening” con regista, produttori, responsabili di rete, eccetera. Ragion per cui il materiale musicale, se pur temporaneo, verrà assimilato ed inconsciamente approvato generando una oggettiva difficoltà per il compositore a “differenziare” troppo la musica che scriverà. Di controparte può anche accadere che a lungo andare, dipende dai tempi di produzione, la musica temporanea potrà generare invece l’effetto contrario stancando, e in questo caso si dovrebbe scrivere qualcosa di diverso che riesca a suscitare interesse.
Ciò dipende dal momento in cui si viene chiamati a scrivere la musica. Credo che la prima cosa che vada fatta, in questi casi, è capire “che aria tira”. Mi permetto di aggiungere che nonostante ogni film, sceneggiato e quant’altro venga prodotto con le migliori intenzioni, spesso accade che quanto realizzato in termini “visivi” non sempre rappresenta l’ottimistica visione di partenza. Il compositore è in questo caso “l’anello mancante”, purtroppo quasi sempre l’ultimo ad intervenire e la pretesa generale è che con la musica si può “aiutare”, “migliorare”. Sicuramente la forza di una colonna sonora “coerente” riesce ad imporre un miglior ritmo narrativo, una chiara definizione degli stati emotivi sia assecondando che contrastando ma se un film funziona è difficile che non funzioni anche la musica. Viceversa è difficile che in un film possa funzionare solo la musica, nessuno dirà mai: quel film era inguardabile ma la musica era bellissima. Ragion per cui bisogna avere la fortuna di scrivere per film belli e che funzionano.

4) Stavo scrivendo il finale di un film in due puntate e secondo la logica il tema principale avrebbe dovuto avere finalmente il suo svolgimento completo partendo dalla descrizione dell’ultimo sacrificio della protagonista e successivamente accompagnando gli altri personaggi verso l’epilogo delle loro storie. Il brano durava circa otto minuti. Realizzai il demo e lo sottoposi a regista e produttore. Il regista fu immediatamente d’accordo, la musica, per mia volontà riusciva a conciliare il susseguirsi della narrazione ed allo stesso tempo creare una certa “distanza” emotiva cercando di non assecondare troppo l’azione. Purtroppo il produttore non fu d’accordo sentenziando semplicemente che la musica non gli procurava le emozioni sperate. Posso dire con certezza che quando si entra nel campo della personale emotività si valica perfino il confine del gusto personale: se di una persona si conosce il gusto si può sempre trovare un compromesso. Il fatto è che quel finale era stato visto decine e decine di volte provocando una logica saturazione “emotiva”.
Questo non lo avevo capito immediatamente e semplicemente mi rimboccai le maniche e cominciai a scrivere altro. Purtroppo anche gli altri tentativi andarono a vuoto, il regista era comunque sempre fermo sulla posizione precedente tanto è vero che per la versione internazionale chiese di lasciare il primo finale che avevo scritto. Ormai ero ad un punto di stallo ed in quel momento iniziò il balletto delle ipotesi: “una cosa tipo questa, una cosa tipo quella”. Nulla sembrava soddisfare il produttore che, ahimè, era al punto più alto della catena di comando. Ad un tratto e sulla base dell’esperienza degli altri brani realizzati per questa colonna sonora, capii che il problema non era di carattere tematico o strumentale/armonico ma banalmente di “pressione sonora”, avevo fatto caso che nella maggior parte della musica scritta fino a quel punto le annotazioni critiche del produttore facevano emergere un elemento comune: il volume. Sia chiaro, non semplicemente alzare il volume della musica ma l’aumento della massa sonora. So che è triste da dirsi ma le cose stavano così, prendere o lasciare. Lasciare non era il caso. Scrissi allora un brano che facesse risultare la massa sonora chiaramente con l’ausilio di ottoni, cori, eccetera. Ebbene il finale fu approvato senza indugio. Sia ben chiaro che non sta a me sentenziare sul gusto e la visione di chi produce un film, egli è “il produttore” e per questo si assume tutti gli oneri ed i meriti del risultato finale. Chi scrive la musica dovrebbe avere anche la capacità di non innamorarsi troppo del proprio punto di vista.

5) Nel mese di giugno, durante la mia infanzia, per l’occasione della mostra d’oltremare, la televisione trasmetteva tutti i giorni un film. Ero molto piccolo ma ricordo che aspettavo quel periodo con grande ansia e felicità. Non avendo potuto studiare da regista ma solo da musicista ho creduto che l’unico modo possibile per entrare in quei fotogrammi fosse, un giorno, scriverne la musica.

6) L’oggetto resta anche se non è eterno, un file di dati impalpabile è aleatorio e purtroppo lascerà il tempo che troverà.



Franco Eco (compositore di Napoletans, Come trovare nel modo giusto l’uomo sbagliato, Bologna 2 Agosto)

1) La metodologia è delle più svariate. Credo che innanzitutto bisognerebbe tener conto delle esigenze della produzione, del regista e di tutte quelle maestranze coinvolte nel lavoro di post-produzione. Pur scrivendo delle bozze o provini preparatori sulla sceneggiatura, il grosso del lavoro viene svolto in una fase successiva allo shooting, esattamente durante il montaggio, in cui il regista può avere un’idea più chiara nell’indicare la giusta via al compositore.

2) Vi sono diversi modi e metodologie per registrare un’orchestra. Non sempre si dispone di un budget per la registrazione di una full-orchestra, di conseguenza si possono eseguire delle registrazioni e over-tracking con un’orchestra da camera. Magari si possono anche usare alcuni campioni orchestrali per dare più “ciccia” al tappeto sonoro. Ma quest’utilizzo è strettamente legato non solo alla qualità dei campioni che si usano, ma anche - e soprattutto - al tipo di orchestrazione che si scrive. Non tutte le scritture sono adatte per i virtual instrument, anche se integrati con strumenti reali.

3) Cerco sempre di fornire al montatore e al regista dei brani prima di iniziare il montaggio, anche se questi brani sono di altri compositori. Credo sia fondamentale mediare musicalmente da subito con il regista e il montatore. Non è solo un aiuto per il compositore, ma a volte può essere anche un valido strumento di ulteriore analisi del girato, un mezzo ausiliare per tutto il collettivo di post... inquadrare sin da subito la “pasta” sonora e la poetica da utilizzare nel film può essere un vantaggio per tutti, un risparmio di tempo e costi.

4) La commedia è molto difficile da scrivere. Matematica pura. Esistono delle regole semantiche molto precise, più dure dei drammatici, thriller, etc. In particolare la colonna sonora del film Napoletans mi ha posto davanti alcune difficoltà per le quali mai ho pensato prima. Dal momento che la recitazione napoletana è molto musicale, bisognava adattare la scrittura esattamente sulla recitazione, e meno sul montaggio. Sembrerebbe paradossale, ma sono due linguaggi il cui scontro e gioco-forza andrebbero a discapito della musica, e la chiave è stata quella di cercare una dialettica che si potesse alleare con la recitazione tipica degli attori napoletani.

5) Come tutte le cose bisogna studiare, e anche tanto. Non so esattamente perché a un certo punto abbia deciso di concentrarmi sulle colonne sonore. Ma so per certo che le mie ispirazioni non sono i compositori, o più in particolare i compositori di colonne sonore come comunemente si è portati a pensare. Bensì un Samuel Beckett o un Lucio Fontana, un Jacques Deridda o un Socrate li trovo più d’aiuto che di un John Williams o di un Morricone. Probabilmente dirò un’eresia, ma per scrivere colonne sonore bisognerebbe conoscere di più la Divina Commedia di Dante e meno la “Quinta” di Beethoven, premettendo comunque un bagaglio tecnico di armonia e orchestrazione ben consolidato. Dalle colonne sonore deve venir fuori la “persona” che noi siamo, e non il “compositore”.

6) E’ sempre molto emozionante, ma bisogna pensare al vero valore della colonna sonora, soprattutto contestualizzarla storicamente (e spesso non viene fatto). L’editoria è sempre stata in evoluzione e ogni passo ha sancito una rivoluzione: i caratteri mobili hanno permesso una diffusione capillare delle opere di Vivaldi e di altri contemporanei oltre oceano, così come la nascita della discografia e dei dischi ha permesso di avere nelle case un’orchestra sinfonica che suonasse ogni qualvolta noi volessimo. Adesso assistiamo alla stessa rivoluzione, ovvero lo streaming-music. Possiamo ascoltare la nostra musica preferita su un prato verde o nello spazio. Penso che il downloading musicale può solo far bene a chi usufruisce della musica stessa, agli utenti finali, che non sono i musicisti o gli “addetti ai lavori”, bensì gli ascoltatori. Ieri la musica la si poteva ascoltare solo nei palazzi e nei teatri, oggi anche nello spazio. Il messaggio rimane lo stesso, a cambiare è solo il media.



Antonio Manca (compositore delle serie web Quella sporca sacca nera e La runa)

1) Prendo una serie di appunti, scrivo a mano e uso i computer e le librerie solo in una fase successiva del lavoro. Spesso ho un’idea che suono, registro poi trascrivo su carta, sviluppo e infine trasferisco su PC.

2) Uso diverse librerie, cerco sempre di non sfruttare i campionamenti nella loro connotazione originaria ma modifico i singoli suoni o cerco delle soluzioni particolari unendoli, nei raddoppi, negli amalgami. Spesso uso il pianoforte come spina dorsale delle orchestrazioni. E’ lo stesso procedimento degli arrangiamenti nelle canzoni di uno dei miei artisti preferiti, Elton John.

3) Cerco di non legarmi troppo al montato, preferisco scrivere partendo da suggestioni visive molto personali. Per me è tutta una questione di colori che si concretizzano in suoni e miscele di suoni.

4) Posso dire che in Quella Sporca Sacca Nera di Mauro Aragoni mi dato un pò di difficoltà il brano relativo alla scena in cui il protagonista, Bill, è prigioniero dei due cacciatori di taglie che vagano nella foresta. Ho scritto tre versioni di quel pezzo perché non capivo bene che taglio dargli in base ai campi e alle inquadrature.

5) E’ iniziato quasi per caso, in principio con il teatro, poi con il cinema, alla fine mi sento a mio agio associando ciò che penso musicalmente a delle immagini.

6) E’ comunque una bella soddisfazione vedere una propria creazione su CD, anzi credo che osservarne la copertina, aprirlo e inserirlo nel lettore per ascoltare la musica sia molto più soddisfacente rispetto ad un download istantaneo.



Kristian Sensini (compositore di Butterfly Rising, P.O.E. Poetry of Eerie, Hide’s Secret Nightmare, Rocks in My Pockets)

1) Ancora prima di iniziare a scrivere una nota cerco di immaginare la “tavolozza sonora”, cerco l’idea che possa essere alla base della colonna sonora.
Penso a quale potrebbe essere il colore, l’impasto sonoro che renda speciale quel particolare progetto. Potrebbe essere uno score solo esclusivamente elettronico, o suonato da un quartetto d’archi, o solo da strumenti a fiato. Avere in mente un suono mi consente poi di sperimentare, è importante imporsi delle limitazioni per stimolare la creatività.
Una volta scelto il tipo di suono che voglio ottenere mi immergo nella storia e nei personaggi, inizio a scrivere i temi che li caratterizzeranno e che li faranno interagire da un punto di vista musicale.
Per la parte compositiva vera e propria, su scena, cerco di vedere il cue da musicare una sola volta e cerco inizialmente di reagire musicalmente a quanto vedo, anche iniziando ad improvvisare sulla scena. Di solito la prima impressione è quella vincente, reagisco mettendomi nei panni dello spettatore. In una seconda fase approfondisco con il regista le varie possibilità delle singole scene e mi concentro sui sync.

2) Uso da sempre Cubase, i virtual instruments e tutte le tecnologie che ci vengono offerte. Vorrei sinceramente scrivere sempre con matita e carta, ma ci riesco di rado, per ragioni di tempo. Al giorno d’oggi i registi (e soprattutto i produttori...) ancor prima di approvare qualsiasi scelta artistica, vogliono sentire provini pressochè perfetti già suonati e realistici. Manca una componente fondamentale che è la fiducia nella competenza e nel gusto del singolo compositore, quando è presente nascono dei capolavori. Le tecnologie aiutano a “percepire” quello che la colonna sonora può essere potenzialmente. Il problema è che spesso, per ragioni di budget o di fretta (ma soprattutto di ignoranza e cattivo gusto) ci si ferma ai suoni campionati e non si arriva mai ad avere musicisti veri che suonano strumenti veri. Preferisco parlare chiaro con i registi e dire: “Il budget è minimo? Usiamo pochissimi strumenti, anche uno solo o due, ma registriamoli veri. L’alternativa è utilizzare suoni totalmente sintetici, che hanno un loro carattere in quanto tali, ma che non vadano a scimmiottare quelli acustici”.

3) Se ho la fortuna di essere coinvolto nel progetto con largo anticipo mi piace molto leggere la sceneggiatura, per farmi appunto un’idea dei temi e del colore che voglio dare all’orchestrazione, anche se spesso quello che scrivo in questa fase iniziale è molto lontano da quello che propongo al regista dopo la visione del montato.
Per quanto riguarda le indicazioni preferisco quelle che riguardano il significato (esplicito o nascosto) della scena o dei rapporti tra i personaggi, quando si parla invece di sentimenti, o di concetti musicali c’è sempre il rischio di non capirsi fino in fondo e di perdere giorni a scrivere e riscrivere la stessa scena senza che nè io nè il regista siamo alla fine soddisfatti. A detta delle persone con le quali ho lavorato (e anche di buona parte della critica...) i miei lavori migliori sono quelli nei quali il regista mi ha concesso il lusso (rarissimo...) di avere totale carta bianca. Questo non perchè sia particolarmente bravo, ma perchè se si ha la fiducia incondizionata nel compositore (uno dei motivi fondamentali per sceglierlo come collaboratore), ci si sente molto più responsabili e creativi nei confronti del progetto.
La temp track è un male necessario, laddove (per ragioni di tempo e di rapida comunicazione) ci da l’idea del ritmo della scena e del mood generale. Spesso però i registi meno creativi (e più banali) chiedono una “copia carbone” di quella musica, è drammatico dover “ricalcare” musiche di altri colleghi, soprattutto se hanno uno stile molto lontano dal proprio o se (peggio ancora) sono molto riconoscibili.

4) Ogni score ha le sue difficoltà, esplicite o implicite che siano. Non mi sono trovato mai in “guai seri”, a volte, come tutti, ho dovuto magari affrontare il terrore della pagina bianca, che tutti i creativi sperimentano prima o poi. Ho risolto di solito non scoraggiandomi e lasciandomi trasportare dalle immagini, magari improvvisando al pianoforte per cercare di entrare meglio nel mood del film. In casi estremi schiarirsi la mente con una bella passeggiata è un’ottima soluzione...

5)  Ho iniziato come tanti suonando il pianoforte, ho una formazione sostanzialmente da autodidatta sullo strumento. Dopo aver suonato in tante formazioni rock mi sono dedicato al Jazz e ho iniziato a studiare flauto traverso (mi sono diplomato in Flauto Jazz al Conservatorio Rossini di Pesaro). Ho sempre scritto musica, è per me un modo di andare oltre la partitura scritta da altri musicisti, ho sempre trovato intellettualmente noioso fermarsi a suonare solo musica di altri. Nel mio piccolo è un modo di fermare la musica, lasciando minuscole tracce, ho sempre il timore che la musica sia inafferrabile e trasparente. Scrivere è l’unica maniera che abbiamo per rendere la musica più concreta. Trovo inoltre più semplice esprimermi tramite il suono che con le parole, è un linguaggio molto più ricco e complesso e forse per questo si lascia esplorare meglio.
Prima ancora di iniziare a lavorare per il cinema molte persone mi avevano fatto notare come le mie composizioni avessero una qualità narrativa particolare, evocativa di immagini. Di conseguenza il passaggio alla composizione di Musica per Immagini è stato il passo successivo. Questo è avvenuto oltretutto in un periodo nel quale ho iniziato ad abbandonare l’ambito live come flautista jazz, deluso in parte dal fatto che il pubblico nei locali incominciava ad essere in numero inferiore a quello dei musicisti presenti sul palco e dal fatto che il jazz aveva incominciato ad involversi e ad essere restio alle sperimentazioni ed alle innovazioni. Inaspettatamente ho trovato molta più libertà compositiva nella musica per film.

6) Sono un nostalgico...il mio obiettivo al momento è riuscire a pubblicare  una mia soundtrack in vinile (lo dico molto seriamente...).
Vedere pubblicato un proprio CD fisico è fondamentale, il digital download, spotify e youtube magari possono rendere lo score visibile e fruibile ad un’audience illimitata, ma sono troppo volatili per “rimanere”. Il supporto fisico credo possa dare maggiormente il senso di quanto un particolare score sia apprezzato dagli appassionati.

 

 

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