“Una grande lezione di musica per film” – Parte Trentacinquesima

“Una grande lezione di musica per film” – Parte Trentacinquesima

Seguitano ad arrivare una quantità di richieste incessanti da lettori che sperano di divenire autori di musica applicata alle immagini. La nostra rivista bissa intervistando i compositori dell’Ottava Arte, facendoli rispondere a sei domande che la nostra redazione considera stimolanti per affermarsi nella musica per film.
Ecco a voi la trentacinquesima parte della Lezione-Intervista di musica applicata con le sei identiche domande alle quali tanti compositori italiani e stranieri hanno risposto per supportare i futuri colleghi:

 

Domande:

1) Che metodologia usate nell’approcciarvi alla creazione di una colonna sonora?

2) Qualora non abbiate la possibilità, per motivi di budget o semplicemente vostri creativi, di usare un organico orchestrale, come vi ponete e quali sono le tecnologie che vi vengono maggiormente in aiuto per portare a compimento un’intera colonna sonora?

3) Descriveteci l’iter che vi porta dalla sceneggiatura alla partitura finale, soprattutto passando per il rapporto diretto con il regista e il montatore che talvolta usano la famigerata temp track sul premontato del loro film, prima di ascoltare la vostra musica originale?

4) Avete una vostra score che vi ha creato particolari difficoltà compositive?
Se sì, qual è e come avete risolto l’inghippo?

5) Come siete diventati compositori di musica per film e perchè?

6) Che importanza ha per voi vedere pubblicata una vostra colonna sonora su CD fisico oggi che sempre di più si pensa direttamente al digital download?

Fabrizio Pigliucci (compositore di Fallen From The Moon, The Rainbow: Traveller)

1) Il mio modo di scrivere musica è molto istintivo ed emozionale, per cui in prima battuta per me è molto importante parlare per ricevere quante più  sensazioni ed input possibili dal regista sulla direzione da prendere (questo vale sempre, anche nei casi in cui non compongo ma arrangio od orchestro per altri o nel mondo della canzone), dopodiché nel momento della composizione su scena la cosa che faccio è vedere e rivedere la scena per ricevere più dettagli possibili, e cogliere quelle sfumature anche psicologiche dei protagonisti che in prima battuta possono sfuggire. Soprattutto in film d’azione o suspense il sync con l’immagine è fondamentale: la sincronia musica-immagine accentua notevolmente la forza sia del commento musicale sia della scena, quindi cogliere e sottolineare in musica anche dei piccoli dettagli diviene importante, svelare o non svelare un qualcosa può divenire determinante ai fini del racconto. Credo molto nell’importanza del suono come strumento espressivo: prima di iniziare il lavoro cerco allora di dotarmi, se possono essere utili, di strumenti musicali veri e di ricercare nelle mie library una palette di suoni che potranno essermi utili più avanti, per avere più suggestioni e colori possibili nel mio bagaglio espressivo. E’ una cosa che faccio sempre anche nei momenti di pausa, acquistando e studiando strumenti, realizzando suoni personali, registrando musicisti, o anche registrando suoni che ritengo interessanti quando sono fuori casa con il mio registratorino portatile, da processare poi via software ed inserire nei campionatori, per avere in qualche modo dei suoni unici. Quando possibile cerco di comporre usando strumenti veri, non è assolutamente la stessa cosa che comporre utilizzando campioni, anche se fedelissimi. Avere in mano uno strumento porta a percepirne la natura, l’anima, la terra di origine se è uno strumento etnico, l’epoca se è uno strumento antico, e a poter poi evocare tutto questo quando utile. Lo strumento vero impedisce poi di scrivere figurazioni impossibili da suonare, e sarà utile anche se solo lo strimpelliamo, per realizzare parti suonabili da eventuali turnisti, dei quali, quando serve, mi avvalgo. Per tutto questo la mia casa è piena di strumenti musicali di ogni luogo del mondo: dal piano a coda in poi ne ho circa un’ottantina comprati nei miei viaggi o regalati da amici dai loro viaggi (Irlanda, Cina, Scozia, Madagascar, Africa, India, Armenia, Sud Italia, etc.), cosi come di strumenti elettronici, che considero altrettanto importanti se usati in modo creativo ed appropriato, per poter utilizzare quelle sonorità impossibili da realizzare in acustico, ed evocare altri tipi di paesaggi sonori ed emozionali.

2) Se si scrive musica orchestrale, poter avere una orchestra vera a propria disposizione significa far prendere vita ad ogni nota che abbiamo scritto. Chi ha provato questa esperienza lo sa, anche una nota fissa suonata da un’orchestra d’archi fa venire i brividi! Ho avuto la fortuna di poter registrare con orchestre decine e decine di volte fino a 60 elementi, dai principali studi qui a Roma fino ai grandi studi di Praga, Sofia, Bucarest, etc., ma più passa il tempo e meno si riesce a poter registrare per motivi di budget sempre più ristretti, lo stesso in ambito pop, anche perché nel frattempo le library orchestrali divengono sempre più realistiche e dettagliate, e i tempi sempre più ristretti (in questo la tecnologia si è dimostrata un’arma a doppio taglio). Come ripiego, per tenere basso il costo ma dignitosa l’espressività, la prima soluzione è quella di registrare almeno gli strumenti solisti, la differenza emozionale coi campioni è ancora notevole (per fortuna!). La sezione principale dell’orchestra sono comunque gli archi: il ripiego principale che utilizzo per questi è di registrare musicisti singoli sovrapposti all’orchestra campionata, soprattutto nei brani dove ‘cantano’. Conosco musicisti pluridiplomati che possono suonare violino, viola e violoncello, registrando in tempi brevi tre-quattro volte ogni linea dell’orchestrazione, da sovrapporre ad una ottima programmazione per ottenere un buon compromesso tra grandezza di suono ed espressività. Sia chiaro: la somma di tanti strumenti singoli non farà mai il suono di una sezione, gli strumenti veri quando sono insieme contemporaneamente risuonano l’uno con l’altro e con l’ambiente creando nuove armoniche, si crea quel suono, quell’armonia, quella magia che sono almeno per ora insostituibili, per questo è necessario sovrapporli comunque ai campioni, che saranno la parte predominante del suono ma che acquisiranno quella punta di realismo ed espressività che manca sempre. La programmazione dell’orchestra virtuale diviene fondamentale, ancor più se non si fanno sovrapposizioni, il che significa scriverli bene e conoscere molto bene come suona ogni strumento orchestrale per poterlo rendere al meglio, e conoscere le potenzialità delle library nella gestione dei controlli dell’espressività. A questo scopo utilizzo diversi controller che per me sono fondamentali, dalla semplice penna elettronica (tavolette grafiche tipo Wacom) che uso per disegnare curve di automazione efficaci invece che con il mouse, al breath controller (TEControl) che è fondamentale per gli strumenti a fiato e non solo, ad un controller preso dal mondo della realtà virtuale (Leap Motion) che mi consente di “dirigere” l’orchestra semplicemente muovendo le mani nell’aria: ogni movimento e rotazione delle due mani diviene così un parametro midi (volume, dinamica, vibrato, anche di più sezioni contemporaneamente) in modo estremamente naturale.

3) Il software su cui lavoro è Cubase 10, strumento potentissimo nella gestione di tutto l’iter lavorativo, creativo e realizzativo. La sequenza lavorativa che porta dalla sceneggiatura alla partitura finale può iniziare già prima che il film venga girato, è accaduto che alle volte gli attori si siano ispirati durante le riprese alla musica composta prima di girare. Dopodiché cominciano ad arrivare i primi montaggi provvisori, che si susseguono nel tempo, sui quali si potrà appoggiare la musica che via via viene realizzata, e sui quali le musiche vengono via via riadattate, perfezionate e completate in base alle varie proiezioni intermedie che vengono fatte con il regista.  Una volta che le musiche sono pronte, si procederà a decidere cosa sostituire nelle programmazioni con dei veri strumenti, e realizzare con software tipo Sibelius o Finale le partiture partendo dai provini midi (i solisti importanti vengono già registrati in fase di primi provini, prima di farli ascoltare per la prima volta). E’ molto importante il lavoro del montatore, che molto spesso propone l’utilizzo delle musiche sulle scene appoggiando e tagliando i provini, e importante sarà la sua esperienza nel tagliare le immagini il più possibile in modo musicale quando c’è già una musica appoggiata, cosa che evita fastidiosi sprechi di tempo per eventuali riadattamenti del brano. Un’eventuale traccia musicale di riferimento che si può trovare appoggiata ritengo che faccia parte delle indicazioni che il regista vuole darci, può essere utile per capire meglio le sue intenzioni, prendere spunto anche solo magari per l’ambiente sonoro o emozionale, l’importante è che non ci si chieda di ricalcarla cambiando qualche nota, cosa che trovo deprimente ma che a volte succede.

4) Anni fa composi insieme al mio partner di allora, su richiesta del regista, musica orchestrale di suspense in stile Bernard Herrmann (avete presente i film di Hitchcock degli anni ’50 – ‘60?), o più recentemente ho dovuto comporre un album di musica in stile Jypsy Jazz anni ‘30 (alla Django Reinhardt), entrambi mondi distanti dal mio modo abituale di fare musica, e comunque dal modo di fare musica oggi. Questa distanza rende la composizione un’operazione delicata e complessa che mi ha costretto, prima di iniziare a scrivere, a studiare quei mondi e quelle partiture. Ma alla fine la difficoltà dell’impresa si ripaga con il risultato, e con la soddisfazione di aver esplorato nuovi mondi ed allargato i nostri orizzonti, che da quel giorno saranno parte del nostro bagaglio.

5) Ho sempre avuto spontaneamente una predisposizione per la composizione e l’arrangiamento e quindi all’utilizzo dei suoni, e al pensare la musica per immagini. Cerco sempre di evocare in chi ascolta un qualche paesaggio reale/emozionale, anche se non si tratta di musica per immagini, questo permette più facilmente a chi ascolta di viaggiare con la fantasia. Cosi iniziai, dopo il percorso di strumento e di armonia/arrangiamento classico e jazz con insegnanti di alto livello che ringrazierò sempre, a studiare con un noto compositore di musica da film, il quale, viste le mie prime realizzazioni fatte per studio, mi prese subito con sé a lavorare come collaboratore, con un ruolo che via via si fece sempre più importante, fino a farmi decidere di prendere poi la mia strada autonoma. Il mio istinto musicale nasce dall’ascolto in casa di tanta buona musica sin da quando ero bambino, affinato poi da tanto tanto studio a 360 gradi sotto ogni aspetto della produzione musicale, e tantissima esperienza sul campo. Mi ha portato negli anni dal nulla a scrivere nei più disparati stili, fino anche a dirigere. Non ho mai fatto un percorso di studi accademici, non ho frequentato conservatorio ne ho dato esami di solfeggio, ma ho sempre studiato e studio attualmente tanto, ogni cosa che può farmi fare un passo in avanti, sia creativo che tecnico. Non aver fatto un percorso tradizionale né avere certificazioni non mi ha mai creato problemi né impedimenti nel lavoro, fino ad aver insegnato ad allievi che avevano fatto composizione al Conservatorio. Credo che fare un percorso personale fuori dal coro porti a cercare di più dentro di sé e sviluppare un proprio stile originale anziché rifarsi a modelli e schemi già esistenti che spesso incatenano. Nessun corso di composizione insegna veramente a comporre, la musica devi cercarla dentro di te. Negli anni, con la maturità personale ed artistica (ho da poco compiuto 50 anni e una trentina di lavoro in musica!) ho sentito l’esigenza di dare un senso al mio percorso: la composizione e il fare musica si è  trasformato sempre più da un mestiere per la mia affermazione professionale carrieristica, che posso dire non mi interessa più, ad un percorso legato alla condivisione di certi messaggi e valori, legati alla consapevolezza, al benessere ed alla spiritualità: consapevolezza di chi siamo, di perché siamo a questo mondo, di perché siamo qui, dell’importanza di condividere valori di rispetto per gli altri, per la nostra madre terra (cosa sempre più urgente) e di amore per noi stessi e per gli altri. Siamo tutti connessi, tra di noi e con la natura, non possiamo pensare di arrecare danni alla nostra casa senza farne a noi stessi. La mia musica va sempre più in questa direzione. Lo strumento che più di tutti mi ci ha condotto è stato l’incontro con il flauto bansuri indiano, che nella mia ricerca di nuovi strumenti musicali un giorno mi fece scoprire quello che per me è il ponte perfetto tra musica e spiritualità/meditazione/benessere, aprendomi nuovi scenari come compositore e come uomo. Per questo ho abbandonato certi percorsi ed amo musicare documentari sulla natura soprattutto se portano un messaggio costruttivo, e suonare per il benessere degli altri.

6) Penso che il CD fisico oggigiorno non abbia alcun senso: come supporto materiale non ha mai avuto la bellezza ed il fascino del vinile (disco e package), come supporto sonoro è invece qualitativamente sorpassato da un pezzo (fu creato negli anni ‘80!), la rete gli ha dato poi il colpo di grazia definitivo, azzerando di fatto le vendite del supporto fisico CD. La pubblicazione ormai avviene abitualmente online, cosa che consente la diffusione istantanea della musica a livello planetario. Resta che, da romantico e nostalgico quale sono, trovo tutto questo deprimente: la smaterializzazione delle cose a favore dei contenuti digitali immateriali rende tutto impalpabile, inconsistente ed impermanente. Gli oggetti portano con sé energie e ricordi, ma vanno sempre più sparendo. Cosa lasceremo di noi ai nostri figli? Le civiltà del passato preservavano i luoghi e gli oggetti se avevano vissuto qualcosa o appartenuti a persone da ricordare, noi uomini di oggi invece smaterializziamo e perdiamo tutto. Mi auguro che il progresso un giorno ci porti ad una nuova tecnologia più consapevole, reale ed umana.

Eirik Myhr (compositore di Los Bando, Brillebjørn på Ferie, Mio, min Mio, della serie Jubalong)  

1) Questa è una domanda che onestamente non mi sono mai posto, né ho mai usato una parola come metodologia. Creo solo musica... Forse potrei dare una risposta migliore se non avessi abbandonato gli studi di musicologia. Scusate!

2) In Norvegia, molti dei progetti sia che essi siano film, televisione e teatro raramente hanno il budget per una colonna sonora orchestrale, purtroppo. Quindi ci accontentiamo di quali strumenti abbiamo a nostra disposizione. A volte, preferisco lavorare con un ensemble più piccolo, come un quintetto d’archi o un piccolo ensemble da camera, come ho fatto in Brørne Løvehjarte e Los Bando. Se questo si adatta al progetto, allora fantastico. Se stai lavorando a un progetto a basso budget, ma vuoi ancora l’effetto di un suono orchestrale più ampio, ti indirizzi di più a lavorare con le classiche librerie. Ho fatto questo su Mio, min Mio, per esempio. Ultimamente ho anche iniziato a lavorare con più suoni synth. Trovo che il suono delle library possa essere un po' più indulgente se stai intenzionalmente cercando qualcosa di diverso da un suono orchestrale “puro”, ma una fusione tra l’orchestra e qualcos’altro, ad esempio una miscela tra orchestrale e sintetico, si può, come ho fatto su Katakombens Hemmelighet.

3) Nessuna collaborazione tra regista e compositore è simile all’altra, credo. Sono tutti unici e sviluppi diverse direzioni all’interno della tua tavolozza musicale e metodi di comunicazione e lavoro completamente diversi a seconda di con chi stai lavorando. Ho avuto il piacere di lavorare con diversi registi che prendono molto sul serio la musica e sanno esattamente come vogliono usarla.
Hilde Brinchmann che ha diretto in palcoscenico il recital Mio, min Mio e Ingenting è a dir poco geniale. Questa collaborazione è davvero giocosa e unica. Potrei inviarle una demo di una melodia all’inizio del progetto, e improvvisamente ha sviluppato un’intera scena e coreografia attorno a questa musica. È davvero un modo coinvolgente di lavorare, in cui la musica influisce davvero sul lavoro che il regista e gli attori stanno facendo sul palco, mentre provano la rappresentazione.
Christian Lo, un altro regista con cui ho goduto di una fantastica collaborazione per i film Los Bando, The Tough Guys e Rafiki, in realtà era un musicista rock in gioventù. Ha una grande conoscenza di come utilizzare la musica nei suoi film in modo completo e ha sempre un’idea chiara del ruolo della musica in ogni singola scena, rendendo il mio lavoro molto più semplice. A Svein Sturla Hungnes, il leggendario regista teatrale con cui ho lavorato a progetti come Brørne Løvehjerte e Peer Gynt, piace lasciare piccoli titoli di spunto musicale nelle sue sceneggiature, prima che io abbia composto una singola nota - come "Lingering Turmoil in Thorn Rose Valley". I titoli in realtà fanno molto per informarmi di cosa abbiamo bisogno per quella particolare scena, e fanno andare subito la mia immaginazione. Tutti i rapporti di lavoro sono diversi e tutti mi mandano in direzioni diverse. Ecco cosa rende il lavoro così piacevole a lungo termine!
Le tracce temporanee possono essere una grande sfida quando si lavora nel cinema (è usato raramente in progetti teatrali). Sono sicuro che hai sentito molti altri compositori parlare di questo cosa fastidiosa. Se il tempo e il budget lo consentono, ci sono chiari vantaggi di arrivare all’inizio del progetto, prima della fase di modifica. In questo modo il compositore stesso può creare tracce “originali” per il film, sulla base dei primi colloqui con il regista e delle letture della sceneggiatura. Questo è quello che abbiamo fatto in The Tough Guys, ed è stata una grande esperienza, in cui abbiamo davvero usato la musica per formare l’universo del film sin dalle prime fasi, insieme alla fotografia e al montaggio.

4) Ogni progetto raggiunge una fase in cui ci sono alcune difficoltà! Non so se hai familiarità con il grafico “Processo creativo” in sei passaggi? Va così:

1. Questo è fantastico
2. Questo è difficile
3. Questa è merda
4. Sono merda
5. Potrebbe essere OK
6. Questo è fantastico

Penso sia molto descrittivo di come funziona ogni progetto creativo. Nella fase 4, la fase “I Am Shit”, inizi a dubitare di tutto, comprese le tue abilità per fornire effettivamente qualcosa di abbastanza buono. Non appena hai superato quella fase e hai trovato la soluzione al problema apparentemente impossibile, alla fine tutto si risolve. E di solito torna a “Questo è fantastico”, per fortuna!

5) Suonavo il piano e componevo un sacco di piccole suite fin dall’età prescolare. Ho anche giocato a molti giochi per computer durante la mia infanzia, in particolare i fantastici giochi di avventura point-on-click per PC di artisti del calibro di LucasArts e Sierra. Molto prima che mi interessassero i film, quei videogiochi erano la mia grande passione, inclusa la loro musica. Ho ancora i brividi quando ascolto quelle fantastiche partiture di compositori come Michael Land e Peter McConnell e molti altri. Avevo circa 10 anni quando ho visto Star Wars Episodio IV per la prima volta, e poi la mia attenzione è gradualmente cambiata verso la musica per film di John Williams. Ricordo distintamente di aver acquistato gli album in doppio CD Special Edition del 1997 della trilogia originale di Star Wars, di aver letto le note analitiche dei libretti con molta cura, immergendomi in toto. All’improvviso mi sono reso conto di come funzionava tutto, che ogni tema aveva una funzione chiara e che poteva essere manipolato, combinato con altri temi e lavorato su diverse strumentazioni per dire cose diverse. All’epoca avevo 15 anni e sapevo che in fondo dovevo diventare un compositore di musica per film.

6) Adoro i CD e mi piacerebbe pubblicarne altri da solo. Quindi è semplicemente una questione di costi, per non parlare dello spazio di archiviazione. In Norvegia, lo streaming musicale ha completamente conquistato il mercato. Le persone vogliono semplicemente sbarazzarsene qui. Ma ho notato che la community dei fan della colonna sonora sembra essere un po' più intelligente, tenendo ancora in grande considerazione il CD. È fantastico! Non buttate via le vostre raccolte di CD, gente. Un giorno, presto o tardi, il CD sarà “il nuovo vinile” e sarà di nuovo alla moda, aspettate!


FINE TRENTACINQUESIMA PARTE

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