“Una grande lezione di musica per film” – Parte Seconda



“Una grande lezione di musica per film” – Parte Seconda

Colonne Sonore continua a dare risposta alle molteplici richieste di giovani lettori che stanno studiando composizione e che vorrebbero in futuro intraprendere la carriera di compositori di musica applicata, facendosi aiutare da coloro i quali vivono in prima persona l’Ottava Arte e la creazione di musica per immagini, chiedendo ai compositori stessi di rispondere a sei domande che la nostra redazione ha ritenuto interessanti ed esaurienti sul come divenire autori di musica per film.
Di seguito, quindi, la seconda parte della Lezione-Intervista di musica applicata con le sei identiche domande a cui molti compositori italiani e stranieri hanno risposto per aiutare i futuri giovani colleghi che si confronteranno con la Settima Arte e la sua musica:

Domande:

1) Che metodologia usate nell’approcciarvi alla creazione di una colonna sonora?

2) Qualora non abbiate la possibilità, per motivi di budget o semplicemente vostri creativi, di usare un organico orchestrale, come vi ponete e quali sono le tecnologie che vi vengono maggiormente in aiuto per portare a compimento un’intera colonna sonora?

3) Descriveteci l’iter che vi porta dalla sceneggiatura alla partitura finale, soprattutto passando per il rapporto diretto con il regista e il montatore che talvolta usano la famigerata temp track sul premontato del loro film, prima di ascoltare la vostra musica originale?

4) Avete una vostra score che vi ha creato particolari difficoltà compositive?
Se sì, qual è e come avete risolto l’inghippo?

5) Come siete diventati compositori di musica per film e perchè?

6) Che importanza ha per voi vedere pubblicata una vostra colonna sonora su CD fisico oggi che sempre di più si pensa direttamente al digital download?



Umberto Scipione (compositore di Benvenuti al Sud & al Nord, Il principe abusivo, Sotto una buona stella)

1) Inizio a scrivere musica dal momento in cui mi viene consegnato il copione. Lo leggo numerose volte ed invento il film con la mia immaginazione. Questo mi consente di avvantaggiarmi sui tempi di lavoro che quando arriveranno le immagini saranno molto ristretti. Quando il regista va sul set ha già a disposizione i provini con i miei temi principali scritti per il film. Risulta di grande aiuto per il regista e spesso mi è accaduto che musiche scritte prima delle riprese, siano state fonte di ispirazione addirittura per scene non concepite nella sceneggiatura.

2) Per il cinema ho sempre avuto la fortuna di utilizzare l’orchestra. Sono stato sempre in prima linea nell’utilizzo del computer per comporre, sin dai tempi dei primi Commodore ed Atari 1040. Oggi abbiamo a disposizione librerie di suoni campionati di elevata qualità. Molti lavori televisivi, specialmente documentari, li ho realizzati esclusivamente con i suoni campionati. Con grande soddisfazione devo dire che diversi lavori hanno anche ottenuto premi prestigiosi a livello internazionale. In particolare mi riferisco a tre documentari dal titolo Mare d’Africa realizzati per Rai1. Questo certifica che anche con i suoni campionati si possono realizzare lavori di qualità, però..........l’orchestra resta insostituibile, per fortuna!

3) Scrivere in anticipo facilita molto il lavoro di intesa con il regista. Inoltre ti consente di evitare la “dolorosa” temp track che tante fatiche aggiunge alla scrittura della colonna sonora. Inoltre agevola anche il montatore che sin dall’inizio del proprio lavoro può utilizzare i temi originali e risparmiare a se stesso ed al regista il “trauma” di doversi abituare, ad un certo punto, alle nuove musiche che comunque, anche se scritte rispettando i riferimenti della temp track, produrranno un mood inevitabilmente diverso da quello della traccia di riferimento.

4) Parto sempre dal presupposto che sono al servizio del film e del regista. Mi sforzo di capire il suo pensiero e lavoro nella direzione in cui lui mi conduce, anche spaziando in mondi musicali alle volte a me meno familiari. Stimolante e gratificante. Alle volte ho risolto il problema di incertezze sulla scelta della musica, scrivendo più temi e quindi offrendo al regista soluzioni diverse per la stessa sequenza del film. Più faticoso, ma risolve il problema e poi, come si dice, “non si butta mai niente”, per cui le musiche non utilizzate ti torneranno utili per altre produzioni future.

5) È sempre stato il mio sogno professionale. Sin da ragazzo, oltre al desiderio, realizzato, di insegnare al Conservatorio Santa Cecilia di Roma (dove ho studiato e mi sono diplomato), ho sempre provato una forte attrazione per la musica applicata alle immagini. Dal mio punto di vista è vero che la musica esalta le immagini, ma io trovo straordinario il fatto che anche le immagini spesso danno una maggiore forza alla musica stessa. Il percorso del compositore di musica da film non è un tracciato chiaro e ben definito. Si diventa autore di colonne sonore perché si è “malati” di questo ramo della composizione e si tentano tutte le strade e possibilità senza mai arrendersi. Ci sono arrivato dopo aver composto dalla musica classica alle canzoni dal pop al rock. Finalmente i documentari (ne ho realizzati più di 100), le trasmissioni televisive, poi gli spot pubblicitari, gli sceneggiati radiofonici e finalmente il grande cinema. Il sogno che si avvera! Sono diventato compositore di musica per film perché è stato il mio sogno inseguito da sempre. Ostinazione, perseveranza, abnegazione, oltre ovviamente alla padronanza della tecnica compositiva mi hanno consentito di realizzare questo sogno.

6) È fondamentale. È “il” documento! Ho la fortuna di aver sempre visto realizzati su CD i miei lavori. È un grande traguardo quello di entrare in un negozio di musica e vedere negli scaffali un CD con le musiche di un film con il tuo nome stampato sopra. Purtroppo questa soddisfazione è destinata a finire e pian piano mi sto abituando al digital download. Non è la stessa cosa, ma bisogna adeguarsi a quello che il mercato decide.



Giovanni Rotondo (compositore della fiction Il giudice meschino)

1) Non sempre le circostanze mi permettono di adottare una metodologia specifica. Un compositore può entrare nel progetto in una finestra di tempo molto ampia (dalla pre-produzione fino a poche settimane prima del mix), per questo il tempo a disposizione può variare e di conseguenza anche la metodologia. Inoltre a seconda del tipo di progetto può essere necessario un approccio tematico o non tematico. Nel primo caso solitamente comincio a comporre i temi che accompagneranno personaggi o eventi chiave, a volte anche senza avere ancora a disposizione le immagini, magari basandomi su un soggetto, un copione o una sceneggiatura. Poi, una volta ottenuto un montato definitivo (nell’era del digitale, definitivo si fa per dire!) cucio quei temi sulle immagini.

2) Qualora un compositore scelga un sound orchestrale per la colonna musicale non facendo uso di un’orchestra vera il motivo (a mio avviso) deve necessariamente essere di forza maggiore. Mi spiego meglio: un’orchestra suonerà sempre meglio di suoni campionati, indipendentemente dal talento del programmatore, da quanto sofisticate siano le librerie e dalla preparazione musicale di chi ascolta. Detto ciò, la programmazione di “provini” orchestrali (a Hollywood li chiamano “orchestral mock-ups”) è una materia molto vasta e complessa che richiede molto studio e tempo investito per ottenere un risultato soddisfacente. È necessario studiare i fondamenti dell’orchestrazione, è necessario ascoltare tanta musica orchestrale (preferibilmente tardo-romantica), e poi bisogna conoscere le sfaccettature dei campioni/campionatori usati a menadito. Un consiglio che darei ai giovani è di scegliere dei pezzi orchestrali famosi e cercare di ricrearne una particolare esecuzione nei minimi dettagli, non credo ci sia palestra migliore. È anche molto importante restare aggiornati sulle librerie che vengono pubblicate costantemente e che ogni giorno diventano un pò più sofisticate. Questo è vero anche per i virtual instrument non orchestrali: strumenti etnici/popolari, strumenti ritmici e soprattutto sintetizzatori.

3) Come dicevo prima questo iter varia ampiamente da progetto a progetto, cambiando le figure coinvolte e le circostanze. In generale bisogna sempre tenere presente che il compositore e la sua musica sono al servizio del film. Ciò che intendo è che non aiuta mai approcciarsi al regista con l’ego dell’artista ma piuttosto come un collaboratore che intende rendere la sua vita più semplice facendo funzionare meglio il film. Il temp score (o musica d’appoggio) sta trasformando l’industria, è inutile far finta di niente... Un regista si innamora del brano appoggiato in fase di montaggio e chiede al compositore qualcosa di “molto simile” e tutte le colonne musicali moderne cominciano a somigliarsi inesorabilmente. Io non credo che non ci sia rimedio però. Esorto i giovani ad utilizzare la musica d’appoggio per capire quali siano le soluzioni espressive/drammaturgiche che il regista cerca nella colonna musicale, e poi scrivere qualcosa di ORIGINALE e che ne mantenga le funzioni e NON la forma.

4) Devo confessare che fino ad ora sono stato molto fortunato e non ho incontrato particolari ostacoli nella composizione, forse perché cerco sempre di risolvere i piccoli intoppi al volo, subito, facendo diventare le soluzioni i momenti più particolari del prodotto musicale (o almeno ci provo).
5) Sin da piccolo mostravo particolare interesse e disinvoltura nella composizione e una grande attrazione verso il cinema. Essendo cresciuto tra persone “normali” con lavori “normali”, la parte difficile è stata capire che queste passioni potevano anche diventare la mia professione. I nodi però vengono sempre al pettine!

6) Confesso che ad oggi nessuno dei miei lavori ha visto la pubblicazione su supporto fisico. E a giudicare dalla direzione sempre più oscura che ha preso la discografia temo che tale occasione potrebbe non presentarsi mai... In tal caso me ne farei una ragione, ciò che conta è arrivare allo spettatore/ascoltatore e generare emozione; quando un compositore ci riesce, allora ha vinto!



Enrico Sabena (compositore di Corazones de Mujer, The Truth About Angels, My Lai Four, La strada di Paolo e la serie animata Uffa Che Pazienza).

1) Se mi mandano un premontato, cerco di guardarlo una marea di volte per scavare sotto la superficie...  Se mi mandano una sceneggiatura, la leggo più volte e incomincio a buttare giù - alla cieca - dei temi musicali miei, la mia interpretazione musicale allo stimolo di quella lettura;  e poi mi metto a vedere qualche film precedente del regista per individuare il suo linguaggio filmico.

2) La musica è un fatto vivo: tutta la tecnologia deve suonare viva, in funzione dello stile del pezzo. Ho a disposizione un completo studio di registrazione professionale di mia proprietà, ho tutte le più grosse librerie professionali. Quando lavoro in sede di arrangiamento/orchestrazione/programmazione, il mio demo deve già suonare vivo di suo: poi aggiungo il contributo dei musicisti, che è impagabile e può andare dalle parti soliste, a parti di ensemble più o meno grosse, anche orchestrali. Altre volte, dipende dal pezzo, posso lasciare suonare l’orchestra per prima, sapendo che poi interverrò “pesantemente” dopo e quindi imposto la sessione in funzione di quello che è il mio lavoro successivo. In ogni caso, il mio lavoro di editing/integrazione musicale è sempre pesante ma allo stesso tempo assolutamente trasparente. Avere uno studio di registrazione a disposizione e saperlo usare è un vantaggio! Ho iniziato a suo tempo, da ragazzino, come fonico, registravo orchestre su nastro e facevo i tagli con taglierina e scotch perché in quel momento, nel posto in cui ero, ero l’unico che sapeva leggere una partitura orchestrale. Poi, con il tempo, ho unito competenze tecniche e musicali: scrivo le musiche e faccio di mano mia la finalizzazione tecnica (mix e quant’altro), la considero parte del processo di scrittura.

3) Ogni progetto è a sè e quindi ci vorrebbero tante risposte quanti sono i film lavorati. In generale, però, riconosco che il giudizio del regista o del montatore è di grande aiuto: sono io per primo a cercare innanzitutto il confronto, più che l’approvazione di ogni mio pezzo, è un modo di crescita del progetto e anche di crescita personale. Comunque, anche dinanzi a certe temp tracks da cui non si può scappare, cerco però di fare in modo di far emergere degli elementi di originalità e personalità artistica.  

4) Film indipendente di Hollywood: The Truth About Angels. Dovevo da un lato descrivere la leggerezza degli angeli e dall’altro lato la pesante condizione dell’essere umano, in perenne bilico tra bene e male...  Sul mio sito www.enricosabena.com si può trovare il “making of the soundtrack” di quel film (insieme a quello di altri miei film), un filmato dove racconto la genesi di quelle musiche.

5) Boh, mi ci sono trovato dentro, senza averci pensato troppo... In realtà, quando facevo l’arrangiatore di canzoni, spesso la gente mi diceva, come complimento, che le mie sonorità erano evocative, erano un plus per la canzone (e spesso funzionavano anche senza il cantato...) e che avrei dovuto fare film, bla bla bla... Un aneddoto: a dieci anni (ed eravamo a fine anni ‘70) registravo le sigle dei programmi tv con un registratorino, poi lo mettevo in play e ci suonavo sopra, aggiungevo roba, e registravo il tutto con un secondo registratore e così via. Anni dopo, avrebbero messo in commercio il quattro piste a cassette e, dopo poco tempo, a diciannove anni ero in studio con i 24 piste a bobine. Sono contento di essermi  formato in un’era pre-computer...

6) Il CD per me ha il significato di “opera compiuta”. Quando faccio le musiche per un film e poi realizzo le versioni estese dei pezzi per un CD, non si tratta mai di una compilation di pezzi buttata lì, ma di una rivisitazione dell’intero progetto, è il respiro del film declinato in musica: quindi in un CD non ci sarà mai nulla per caso o di riempitivo, ma tutto contribuirà all’intera opera e la playlist dei brani sarà fondamentale. Una sorta di concept album, slegata dalle immagini.



Luigi Pulcini (compositore di The Investigator, La vacanza che non ricordo più, Deserted)

1) Il rapporto con le immagini è fondamentale, ma la tentazione di comporre sequenza per sequenza, senza un progetto ben definito, è sempre dietro l’angolo e con essa il rischio di realizzare una colonna sonora sconnessa e disomogenea.
Per questo motivo, la prima cosa che ho imparato a fare è un accurato spotting dell’intero film, per farmi un’idea non solo delle sequenze che richiedono un contributo musicale, ma soprattutto dell’arco che caratterizzerà la narrazione musicale dell’intero film. In questa fase cerco anche di individuare di quanti temi il film può aver bisogno e quale natura ciascuno di essi abbia. Si tratta di una prima fase meramente descrittiva, dove non entro ancora nel vivo della composizione musicale in senso stretto.
Una volta che questo lavoro di preparazione è completo, posso dar libero sfogo a tutte le idee musicali che mi vengono in mente, senza il timore di scrivere qualcosa di inadatto o fuori contesto.

2) Nell’uso della tecnologia, mi sento semplicemente avvantaggiato da una naturale dimestichezza con i mezzi tecnologici e da una laurea in ingegneria informatica, con una tesi dal titolo “L’Orchestra Virtuale”.
In ogni caso il campo della musica per film è ormai pervaso dalla tecnologia musicale, che è diventata nel tempo sempre più imprescindibile. A parte quel paio di mostri sacri di cui tutti sappiamo bene il nome, nessun compositore oggi può permettersi il lusso di scrivere su carta e andare in sala con l’orchestra avendo mostrato al regista o al produttore soltanto dei temi o delle idee musicali, per quanto forti essi possano essere.
Ecco dunque che l’uso della tecnologia diventa irrinunciabile anche laddove si sa già fin da prima di metter mano alla matita e al pentagramma che la produzione musicale può contare su un budget che assicuri il ricorso alla registrazione di un organico orchestrale dal vivo.
Si sente molto spesso accusare le nuove tecnologie di aver in un certo qual modo ucciso il ricorso alla musica dal vivo. Io sono convinto che può fare un discorso del genere chi non si è mai posto davanti a un’orchestra vera, con la bacchetta in mano. In quel momento, la musica prende vita magicamente. E per quanto le librerie di suoni orchestrali campionati abbiano raggiunto dei livelli di realismo a volte impeccabili, niente potrà mai sostituire il suono di un gruppo di musicisti che suonano la tua musica attraverso i loro anni di esperienza e le emozioni che provano in quel preciso istante.
Quindi, l’uso della tecnologia, a mio modo di vedere, è strettamente funzionale. Quando i budget o i tempi di produzione diventano molto stringenti, la tecnologia musicale diventa un ottimo alleato per raggiungere il risultato finale. Cambiare una nota al volo su una partitura digitale o revisionare totalmente un cue a poche ore dalla consegna sarebbe impensabile con un’orchestra dal vivo, a meno di avere risorse economiche illimitate (cosa che è tutt’altro che comune).
A questo si aggiunge l’esigenza sempre più diffusa nelle nuove generazioni di registi di sperimentare con diverse soluzioni per una stessa sequenza. “Mi piacerebbe sentire come suona questo pezzo se lo rallentiamo e lo facciamo suonare solo con archi e clarinetto solista, invece che con pianoforte e flauto”. Ecco, questa è una tipica situazione in cui la tecnologia viene provvidenzialmente in soccorso del compositore.
Per questo, la dotazione di un compositore di musica per film oggi è certamente attrezzata con un computer nel quale vengono programmate le sequenze sonore e con uno o più computer esterni che fungono da generatori sonori. Si tratta di computer molto potenti sotto l’aspetto della memoria a disposizione e delle capacità di streaming, perché devono poter gestire più o meno al volo centinaia di migliaia di suoni campionati per poter realizzare un organico strumentale completo.
Nel mio caso, io uso appunto due computer, entrambi di mia specifica progettazione e fabbricazione: il primo è il mio “registratore audio e MIDI”; il secondo è attrezzato con 128 GB di memoria RAM e 4TB di dischi. Grazie a questo sistema, quando creo un nuovo progetto musicale, a prescindere dall’organico che prevedo di utilizzare, apro il mio template e, in meno di 60 secondi, posso contare su un organico orchestrale di oltre 250 strumenti tutti permanentemente pronti all’uso. Le due esigenze contrapposte che si vuole soddisfare è di avere un organico quanto più omnicomprensivo, ma al tempo stesso ridurre i tempi di caricamento del singolo progetto, perché quando si lavora alla colonna sonora di un film si è spesso costretti a saltare da un cue a un altro, sia per ottimizzare i flussi di lavoro, sia per condividere materiali musicali utili a diverse sequenze. E se i tempi di caricamento sono troppo lunghi, lo stesso processo creativo va a farsi friggere.

3) Nella mia carriera, ancora agli inizi, ho finora avuto la fortuna di essere coinvolto a un progetto durante la fase di produzione, mentre il cast era ancora impegnato a ultimare le riprese. Questo mi ha permesso quasi sempre di cominciare a studiare le esigenze musicali del film fin dalla lettura della sceneggiatura.
Lo studio dei personaggi, dei temi, del tono che deve avere la musica è già possibile fin da questa fase. Ma non solo... Come forse si sa, in campo cinematografico è diffusa la regola empirica che una pagina di sceneggiatura corrisponda più o meno a un minuto di film. Questo aiuta il compositore a farsi già un’idea di quale contributo avrà la musica e, in maniera ancor più pratica, quale sarà più o meno la durata della colonna sonora.
Tutti questi elementi sono fondamentali nel rapporto con il regista, anche per un discorso prettamente psicologico. Per ogni regista, un film è una creatura che vedono nascere da un’idea embrionale e che accompagnano fino al giorno della prima. Sapere che il compositore è immerso nel progetto fin dallo studio della sceneggiatura offre delle rassicurazioni in merito alla sua visione globale del film, dei suoi personaggi, di tutti i risvolti emotivi del film. Chiaramente, poiché un compositore di musica per film compone specificamente sulle immagini, il lavoro di scrittura vera e propria non comincia se non all’arrivo del montato. Teoricamente, un montato definitivo (o locked picture, come si dice in inglese). Ma per esperienza questo non succede quasi mai, anche per via delle continue modifiche e revisioni che un film subisce finché non viene stampato e distribuito. Anche in questo senso, la tecnologia viene in aiuto del compositore che oggi ha degli strumenti molto raffinati per conformare la propria musica a una nuova versione del film. Oltre, ovviamente, ai classici stratagemmi che la tradizione ci ha tramandato.
Quando si comincia a comporre, la più grande difficoltà che si deve affrontare è riuscire a interpretare la visione e l’aspettativa del regista riguardo ciascun intervento musicale. Mi è capitato di imbroccare al primo colpo lunghe sequenze principali di un film e poi perdermi in revisioni su revisioni per semplici transizioni apparentemente insignificanti. Tutto dipende dalla strana alchimia che si crea nel rapporto fiduciario tra compositore e regista.
In questo senso, è alquanto preoccupante la strada che si sta prendendo con le temp track. Originariamente dei meri riferimenti musicali, capita sempre più spesso di rimanere vincolati ad esse non solo per un discorso di puro condizionamento musicale, ma spesso anche per una precisa volontà del regista. Personalmente, almeno finora, ho sempre avuto la fortuna di lavorare con registi che hanno saputo accettare con entusiasmo la mia visione musicale. In tal senso, sono solito guardare il film prima senza musica, poi con la temp track. Questo mi aiuta a farmi una mia personale idea della narrazione musicale, ma al tempo stesso a capire quale sia l’idea del regista. E da quel punto si tratta solo di capire come conciliare le due.
Dal punto di vista della scrittura musicale, ormai uso quasi esclusivamente il computer. Il piano roll dei moderni software di produzione musicale è un sistema altamente sofisticato che rappresenta un nuovo sistema di notazione del tutto alternativo a quello tradizionale. Ormai, sul piano roll, riesco a vedere rapidamente ogni sorta di dettaglio musicale, linee melodiche, urti armonici, schemi ritmici, interazioni tessiturali. La padronanza di questo strumento è per me risolutiva a livello compositivo. È chiaro che poi, quando si ha a che fare con l’orchestra vera, bisogna comunque produrre delle partiture di alta qualità, per cui conoscere la notazione tradizionale riveste comunque un ruolo fondamentale.

4) Non ho una lunga carriera tale da permettermi di esporre una lunga serie di “Ricordo quella volta in cui...”. Però in ogni progetto c’è stato un episodio che può essere significativo, se non proprio delle difficoltà compositive, almeno dei delicati rapporti tra compositore e regista, che poi sono la difficoltà peculiare che contraddistingue e differenzia il nostro lavoro come compositori di musica per film.
Nel film The Investigator, ad esempio, mi capitò una sequenza in cui uno dei protagonisti canta a cappella la parte finale dell’inno nazionale americano su un campo di baseball. Il montatore era preoccupato, perché il cantato era un pò indeciso e tutta la sequenza ne risultava molto penalizzata. Proposi di accompagnare il cantato con un cue che partisse come semplice commento, diventasse accompagnamento durante l’inno e tornasse a essere commento immediatamente dopo. Quando realizzai la mia idea, il montatore era entusiasta. Ma la regista non comprese il senso della nostra scelta. Mi disse: “Non puoi mettere una musica sotto all’inno nazionale! È come sentire la radio mentre guardi la TV”. Fu inutile spiegare che quello era esattamente l’accompagnamento dell’inno, orchestrato in modo organico con il cue che introduceva la sequenza. E così dovetti desistere e assecondare la richiesta della regista, pur se totalmente immotivata. È sempre difficile dover abbandonare un’idea della cui bontà ed efficacia si è fermamente convinti. Ma anche questo fa parte della routine quotidiana di un compositore di musica per film.

5) Penso di aver concepito la musica in senso applicato fin da quando ho iniziato a studiare.
Più cominciavo a possedere i rudimenti delle sette note, più notavo intorno a me l’efficacia che la musica aveva quando abbinata alle immagini, da Fantasia di Walt Disney a Tom e Jerry.
E mentre colonne sonore straordinariamente memorabili come E.T. - The Extraterrestrial e Superman entravano pian piano nei miei ascolti quotidiani, i miei primi esperimenti arrivarono negli anni delle prime colonne sonore interamente elettroniche, gli anni di Vangelis con Blade Runner, di John Carpenter con 1997: Fuga da New York, di Vince DiCola con Rocky IV. Credo di aver passato interi pomeriggi seduto al pianoforte cercando di ricostruirne gli arrangiamenti. La mia sete di partiture orchestrali dove poter studiare le tessiture create da questi geni della colonna sonora era troppo prematura e avanzata per potersi vedere in qualche modo soddisfatte, anche solo in minima parte, dalle scarse risorse dell’epoca.

6) Non ho ancora avuto il piacere di vedere alcuna delle mie colonne sonore pubblicate su CD fisico. Per questo motivo, credo che l’importanza che io attribuisco a questa possibilità sia per ora strettamente collegata alla comprensione che i miei lavori possano suscitare l’interesse di un’etichetta discografica specializzata in colonne sonore. Da questo punto di vista, un CD fisico sarebbe ora una gratificazione professionale.



Marco Cascone (compositore di Italo)

1) Credo non vi sia una metodologia standard, ma ognuno di noi è spesso portato a seguire il proprio istinto. È altresì vero che spesso ci sono dei meccanismi da seguire sia per una migliore resa sonora sia per una migliore organizzazione del lavoro. La cosa che io considero più importante, nonché sempre motivo di crescita artistica, è il confronto diretto con il regista e il soggettista, a partire, quando è possibile, dalla stesura di un tema musicale sulla sceneggiatura.

2) Premettendo che ogni compositore è portato verso una tipologia di organico che spesso non coincide con l’intera orchestra, trovo giusto aprirsi alle nuove tecnologie. È importante non pensare all’uso dei campioni come semplice sostituzione dell’orchestra in quanto, pur essendo di grande malleabilità e qualità, si lavora sempre con strumenti che mancano di un algoritmo principale: l’”Anima”. Molto più interessante è interpolare le due realtà, se il budget non permette l’intera orchestra perché non utilizzare un quartetto d’archi acustico e synth? Sono pienamente convinto che “l’elettronica” e la scrittura “classica” possano convivere benissimo insieme, come sale e zucchero all’interno di uno stesso piatto, basta solo stare attenti alle dosi.

3) Il giusto approccio al lavoro viene in modo automatico quando si instaura un rapporto di complicità con lo staff di lavoro. L’approccio alla sceneggiatura cambia a seconda che sia un Cortometraggio o un Lungometraggio, personalmente, nel primo caso, leggo più volte la sceneggiatura o il soggetto e traccio il tema principale rifacendomi agli elementi che più caratterizzano il progetto, senza andare troppo nel dettaglio o nell’intimo dei personaggi, in quanto spesso non si ha il tempo necessario a mettere in musica tutte le sfaccettature. Nel caso di un Lungometraggio, invece, è necessario fare un’analisi più profonda dei personaggi, della scena e soprattutto fare un conteggio della durata approssimativa delle scene. È importante creare delle ancore che richiamino a situazioni o ad alcuni stati d’animo tipici del genere trattato, in generale è importante avere un approccio Wagneriano, basato quindi sul Leit-Motiv legato ad elementi ricorsivi all’interno della trama. L’uso della temp track è legittimo per il montatore in quanto aiuta a seguire un metro ben delineato, il bravo regista deve essere cosciente che la temp track è fine a se stessa, l’errore del regista è quello spesso di affezionarsi troppo al brano esempio per cui “ATTENZIONE COMPOSITORI”, cercate di scrivere sempre la vostra musica, non quella degli altri, traete dalla temp track elementi come il movimento musicale, l’atmosfera, ma mai lo stile. Parlate e convincete sia il montatore, sia il regista, sia i produttori affinché sia la vostra musica a raccontare la storia e non la brutta copia di Mozart o Williams.  

4) Non credo esistano sessioni di scoring senza difficoltà, ultimamente ho collaborato per un cortometraggio girato in una stanza in cui il dialogo non lascia quasi completamente spazio al tema per cui ho scelto di suddividere e dilatare al massimo la colonna sonora, giocando con la timbrica, usi di pedali non monotoni facendo si che il pedale sia una faccia del tema stesso. Credo sia necessario dare un avvertimento: bisogna fare una grande analisi interiore prima di fare questo mestiere, bisogna capire se si è compositori o compositori di musica da film. Chiunque voglia fare scoring deve possedere una grande elasticità negli stili compositivi e soprattutto deve essere pronto ad accettare espressioni quali “NO! Preferirei qualcosa di diverso” nonostante siate convinti di aver scritto il vostro più grande capolavoro. Ho sempre sostenuto che la colonna sonora debba essere una buona cornice per mettere in risalto il quadro che porta con se, non se stessa.

5) Ho deciso di intraprendere la strada di compositore di musica da film subito dopo aver “ascoltato” Braveheart, musicato da un grandissimo James Horner che da poco abbiamo perso. Da allora non ho più smesso di trovare un tema ad ogni situazione della mia vita.

6) Credo che la tecnologia faccia sempre passi da gigante, non sta poi certo a me giudicare se questi passi sono avanti o indietro… Il Digital Download vale oggi tanto quanto un e-book e posso condividerne l’idea per evitare eventi di pirateria, dando la possibilità di acquistare una traccia audio a 0,99 cent. anziché spendere 14 euro per un’intera raccolta di brani. Dal punto di vista della qualità audio, il mercato digitale è, per forza di cose, legato a modalità di compressione che penalizzano incisioni soprattutto di musica “classica”. La colonna sonora, purtroppo, rientra spesso in questa categoria. Per quanto io sia un grande sostenitore del vinile e del suo suono caldo, lotto anche per la produzione fisica del CD che rimane comunque un modo per stringere tra le mani i suoni. Forse suonerà antiquato, ma penso che il miglior modo di leggere un libro sia ancora quello di sfogliarlo ascoltando una BUONA e VALIDA musica, riempendo i nostri “Cloud” solo con i sogni e le speranze.

FINE SECONDA PARTE

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