Musica dagli antipodi: Intervista a Christopher Gordon
Christopher Gordon è probabilmente un nome poco conosciuto alla maggior parte degli spettatori ed ascoltatori italiani. Eppure è uno degli autori di musica cinematografica più interessanti e talentuosi apparsi sulle scene cine-musicali dell'ultimo decennio.
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Nato a Londra, Christopher Gordon è cittadino australiano d'adozione: vive infatti a Sydney sin dalla giovane età. Compie i suoi primi passi nel mondo della musica applicata australiana a partire dalla metà degli anni '80, grazie a collaborazioni come orchestratore e direttore d'orchestra per compositori come Roger Mason e Mario Millo. La svolta cruciale arriva nel 1998, anno in cui scrive la colonna sonora per l'adattamento televisivo del celebre romanzo Moby Dick: Gordon offre uno scintillante esempio delle sue abilità compositive con una partitura sinfonica di grande nitore (musica “nautica” come poche ve ne sono) che lo porta all'attenzione anche alle orecchie degli esigenti appassionati statunitensi di musica da film. Da qui in avanti, Gordon cementerà la sua carriera di compositore per il cinema attraverso pochi ma ben scelti progetti che continueranno a tenere alto il suo apprezzamento da parte di critica e pubblico: On the Beach (2000), remake televisivo del celebre film di Stanley Kramer, è un'altra opera dove la vena creativa di Gordon si mostra particolarmente ispirata, così come l'adattamento per la televisione del romanzo di Stephen King Salem's Lot (2004), occasione in cui il compositore invece mette in evidenza con altrettanta abilità panorami sonori cangianti e d'atmosfera. Collabora poi con il regista Peter Weir, scrivendo (insieme a Richard Tognetti e Iva Davies) la colonna sonora del bel film Master and Commander – Sfida ai confini del mare (2003). Collabora anche con il compositore Craig Armstrong nella colonna sonora del film Moulin Rouge (2001) di Baz Luhrmann, dove dirige l'orchestra e collabora alle orchestrazioni.Gordon è poi compositore molto attivo e fecondo sulla scena della musica contemporanea australiana ed ha un carnet di opere già particolarmente nutrito, tra cui un Concerto per Corno e Orchestra (Lightfall) commissionato dalla Sydney Symphony Orchestra e che ha debuttato l'anno scorso. Inoltre, ha scritto molte pagine celebrative per occasioni come la Cerimonia d'Apertura delle Olimpiadi di Sydney del 2000, per i Giochi del Commowealth del 2006 e per i Campionati del Mondo di Rugby del 2003.
La stagione 2009-2010 ha visto Christopher Gordon tornare sulle scene cine-musicali dopo qualche anno di assenza con due progetti di alto profilo: il thriller-horror interpretato da Ethan Hawke e Sam Neill Daybreakers – L'ultimo vampiro e il film biografico Mao's Last Dancer, diretto dal regista Bruce Beresford (A spasso con Daisy). Se il primo è un film di genere la penna del compositore mostra ancora una volta una sensibilità non comune per commenti musicali densi e stratificati, il secondo è un impressionante traguardo musicale in cui Gordon alterna con bravura le sue capacità di compositore, arrangiatore e direttore d'orchestra. Mao's Last Dancer è stato un grande successo in Australia e ha infatti conquistato l'Australian Film Institute Award (l'equivalente australiano dell'Oscar) per la Migliore Colonna Sonora.
Christopher Gordon è un compositore di rara bravura, di grandissima preparazione tecnica e di notevole sapienza drammaturgica. Con questa intervista vogliamo farlo conoscere meglio ai lettori di ColonneSonore.net e al pubblico italiano: è un autore che merita molta più attenzione e considerazione rispetto a tanti blasonati mestieranti che affollano le scene cine-musicali d'oggi.
ColonneSonore.net: Christopher, innanzitutto grazie per aver accettato di essere intervistato da ColonneSonore.net. Cominciamo da Daybreakers – L'ultimo vampiro, l'ultimo film a cui hai lavorato. Come sei stato coinvolto in questa produzione?
Christopher Gordon: Il produttore del film, Chris Brown, mi chiamò a metà del 2006 per chiedermi se ero interessato al progetto. In quel momento il film non si era ancora assicurato tutti i finanziamenti. Spedì alcuni miei brani musicali e successivamente mi incontrai con Chris e i registi Peter & Michael Spierig. Il film mi fu offerto una volta ottenuto il via libera, ma il mio lavoro cominciò soltanto nel Febbraio del 2008, mentre l'incisione fu fatta a metà Marzo dello stesso anno.
CS: Come è stata la collaborazione con i registi Peter & Michael Spierig? Quali furono le indicazioni e i suggerimenti che ti diedero riguardo il ruolo della musica nel film?
CG: Peter e Michael hanno talento e sono sempre molto tranquilli nel loro modo di collaborare. E' stato un grande piacere lavorare con loro. All'inizio abbiamo discusso sul tono della musica: doveva essere cupa ma comunque eroica. Una cosa a cui tenevano molto era la presenza del coro, in particolar modo nella sequenza dell'esecuzione del Subsider.
CS: La colonna sonora di questo film colpisce proprio per la sua vena melodica e tematica. E' una partitura di grande personalità. Questa non è la norma dei film horror/thriller, solitamente sono accompagnati da musiche di pura atmosfera, quasi vicine al sound design. Daybreakers ha un tono lirico e malinconico particolarmente efficace. Questo aspetto fu stablito sin dall'inizio?
CG: I due fratelli sono due appassionati di musica da film e volevano una partitura orchestrale. Non mi pare che il lato malinconico venne discusso sin dall'inizio, fu piuttosto una mia spontanea reazione al film. Ma sicuramente posso dire che i registi volevano che la melodia fosse una parte importante della colonna sonora, al posto di un approccio basato sul sound design.
CS: C'è un grande lavoro di sviluppo tematico nel corso della partitura. In tal senso, la si ascolta molto volentieri anche al di fuori del suo contesto cinematografico. Come è stato il processo di creazione e sviluppo dei vari temi?
CG: I vampiri mi hanno ricordato i tossicodipendenti: a breve termine la dipendenza può dare dei benefici ma a lungo andare si arriva soltanto all'autodistruzione e, di conseguenza, alla disperazione e al disagio per la propria condizione. Il tema principale dei vampiri è basato su una scala ottatonica [vedi nota*] che risale e discende, come se fosse incapace di fuggire da se stesso, con le diverse voci e i diversi strumenti che suonano a differenti velocità. Questo crea una sorta di nebbia psicologica dove vivono i vampiri.
[* Detta anche scala ottofonica, è una scala musicale largamente impiegata nella musica del Novecento, soprattutto dai compositori russi. Caratteristica della scala ottatonica è di essere costruita per alternanza di tono e semitono. Vi sono dunque due combinazioni possibili di scala ottatonica nel contesto di una ottava. La particolare successione alternata di toni e semitoni rende questa scala molto particolare per la presenza del tritono e delle terze minori. Ogni cinque note, da qualsiasi punto si parta, l’intervallo che si forma è infatti il tritono (la quarta eccedente), mentre ogni tre note l’intervallo che si forma è la terza minore. -NDR, http://www.unisi.it/ricerca/prog/musica/linguaggio/scala.htm]
I vampiri hanno poi un secondo tema più tragico che è quasi compassionevole nei loro confronti. Se i vampiri non assumono la loro dose regolare di sangue sprofondano nell'inferno vivente dell'essere dei “subsider”. Potete sentire questo tema all'inizio del brano “Immolation” e nelle parti corali del brano “In the Sun”.
Gli umani dunque sono praticamente “estromessi” dall'esistenza e quei pochi che sono rimasti vivono come profughi, in fuga dall'estinzione della razza; la musica che li accompagna è molto triste, come una richiesta di aiuto (la potete sentire nella seconda metà del brano “On the Run”).
C'è poi un tema più nobile per gli umani che possiamo sentire quando Ethan Hawke e gli altri arrivano nel vigneto. E' un posto sicuro per la loro comunità ed esprime la loro speranza di sopravvivenza (il brano “The Winery and the Café”).
Ci sono poi una manciata di altri temi musicali che descrivono la fabbrica di sangue, l'esercito, il sole e la vasca di fermentazione.
Penso che tu abbia ragione a notare che ci sia un tono malinconico e la musica cerca di rispecchiarlo. Ma questa cosa mi divenne chiara man mano che componevo i temi, non fu pianificata dal principio. Mi interessa sempre scrutare le emozioni più profonde del film, i sottotesti, capire che cosa può essere portato in primo piano dalla musica.
CS: Daybreakers contiene diverse scelte timbriche e di orchestrazione assai interessanti: oltre ad una grande orchestra sinfonica, sono presenti un gruppo corale (Cantillation), lievi tessiture elettroniche ed un'ampia sezione di percussioni. Come hai concepito questi colori e qual è la loro funzione nella partitura?
CG: Ho associato un differente colore strumentale ai vari gruppi di personaggi e alle loro situazioni, fino al punto che i colori sono diventati un motivo drammatico in sé stessi. Il coro ad esempio, è un colore associato esclusivamente ai vampiri. I tamburi e le percussioni rappresentano la temibile armata dei vampiri. C'è anche una figura elettronica pulsante che si associa all'idea degli umani che vengono inseguiti.
I violini appaiono solamente quando i personaggi possono uscire alla luce del sole, dunque si può dire che in gran parte della colonna sonora i violini sono assenti. Ho utilizzato una grande compagine di viole, violoncelli e contrabbassi per compensare questa assenza. Anche nel momento in cui i violini vengono introdotti nella paritura (nel brano “Fermentation Tank”) essi suonano nel loro registro più grave, mentre sono le viole a prendere la linea più acuta; i violini non arrivano mai in primo piano fino al brano “Resurrection”. Per me questo è servito da dare al film una forma specifica, come passare dall'oscurità alla luce.
CS: Le parti per percussione sono particolarmente affascinanti, sembra che tu abbia voluto seguire un approcio molto acustico, “scritto”, per un tipo di commento musicale che in genere viene relegato ai sintetizzatori e ai sequencer, soprattutto nel caso di sequenze di azione o inseguimento.
CG: Assolutamente, ogni singolo colpo di tamburo che sentite è scritto in partitura. Ci sono 36 singole parti per percussione in quelle sequenze. Tutto questo ha reso lo spartito molto piccolo da leggere, una volta aggiunta anche l'orchestra! Volevo un suono barbarico, primitivo, per descrivere l'esercito dei vampiri e ho pensato che utilizzare strumenti reali in un grande studio di registrazione avrebbe avuto un impatto travolgente. Abbiamo predisposto le varie percussioni praticamente in tutto lo spazio dello studio, come se avessimo davvero 36 persone diverse presenti nello stesso momento. E i quattro percussionisti si muovevano e si spostavano da una parte all'altra per registrare le varie tracce che poi sarebbero state sommate in post-produzione. Dovrebbe esserci qualche ripresa di queste sessioni di registrazione in uno dei contenuti extra del DVD.
CS: La suite dei titoli di coda (“Daybreak”) è un brano che regge meravigliosamente anche come pagina da concerto e mostra uno sviluppo sinfonico assolutamente impeccabile del materiale tematico principale ascoltato nel corso della partitura. Questo brano può ricordare il modo in cui John Williams generalmente ricapitola i temi e i motivi principali nel corso dei titoli di coda, che è sempre un pezzo musicale perfettamente autosufficiente. Quando scrivi una colonna sonora pensi in termini di musica “pura”, quasi come se fosse un'opportunità per comporre un brano che abbia la stessa dignità di un pezzo per la sala da concerto?
CG: Non vi sorprenderò se vi dico che John Williams è uno dei miei massimi punti di riferimento e la sua abilità di scrivere musica in grado sia di arricchire il film che di avere una propria dignità è qualcosa a cui aspiro fortemente. Io penso che la maggior parte dei film possa beneficiare moltissimo quando un compositore sceglie questo tipo di approccio, perlomeno i film che richiedono molta musica, come nel caso di Daybreakers. Ciò detto, quando il film prende una certa direzione, la musica deve fare la stessa cosa, anche se questo magari significa perdere un grande momento musicale. E dunque i titoli di coda offrono un'opportunità per mettere in risalto la partitura in termini puramente musicali. E' sempre l'ultima cosa che scrivo prima di entrare in sala di registrazione, dunque dopo qualche settimana che sono al lavoro sul film, tutti i temi ormai fanno parte di me e posso scrivere rapidamente la suite per i titoli di coda.
CS: La musica da film contemporanea, soprattutto quella dei grandi film di genere (fantascienza, horror, film d'avventura), sembra non essere più un terreno fertile per costruire partiture di grande personalità tematica o di elaborato sviluppo musicale. Quanto è difficile oggi esprimere un discorso musicale compiuto in questo tipo di film e al contempo soddisfare le richieste di produttori e registi?
CG: In ultima analisi, credo che sia sempre il film a dettare ciò di cui c'è bisogno. Se l'approccio funziona, tutti sono contenti, indipendentemente che si utilizzi un approccio melodico oppure uno improntato sulla tessitura. Sia nel caso di Daybreakers che in Salem's Lot ho usato una combinazione di questi due elementi perché erano i film stessi a richiederlo. Ward 13 (un meraviglioso cortometraggio d'animazione diretto da Peter Cornwell per cui ho scritto la musica) invece fu improntato sul tematismo poiché si trattava di un film d'avventura ambientato in un contesto horror.
In ogni film capita sempre di avere almeno un momento in cui l'approccio musicale può risultare poco chiaro. Nel caso di Daybreakers si trattò degli ultimi dieci minuti, la sequenza del bagno di sangue finale. Scoprimmo che non sarebbe stato inopportuno avere una musica d'azione troppo eroica, come inizialmente fu deciso, ma che serviva mantenere la freddezza e la durezza delle immagini. La musica d'azione 'eroica' tende a far pensare a qualcosa di divertente e avventuroso, mentre Daybreakers aveva bisogno di un brutale realismo nei suoi minuti finali. Potete ascoltare la musica originariamente scritta per quella scena nell'album della colonna sonora (il brano “Spreading the Cure”).
CS: Ora parliamo un po' di Mao's Last Dancer. Il film, che si appresta ora ad uscire negli Stati Uniti e in Europa, è stato un grande successo in Australia. Hai ricevuto premi e riconoscimenti per questa notevole partitura. Come sei stato coinvolto nel progetto?
CG: Nel Luglio 2007 partecipai ad un ricevimento e incontrai il regista Bruce Beresford, il quale mi presentò la produttrice Jane Scott e mi chiese di scrivere la colonna sonora. Fu davvero una cosa inaspettata per me.
CS: Come è stata la collaborazione con Bruce Beresford? E' conosciuto per essere un regista di spiccato senso musicale.
CG: Bruce è un regista formidabile, dal tocco molto raffinato. Ha una conoscenza musicale molto vasta, è un amante della musica classica ed è anche noto per essere un regista di opera lirica. Questo ci ha permesso di parlare un linguaggio comune e dunque è stato molto facile discutere sulla musica del film.
CS: La partitura presenta una scrittura di ispirazione asiatica molto autentica, sia per quanto riguarda l'uso di armonie e melodie che per le scelte timbriche. Hai dovuto fare ricerche specifiche in questo senso?
CG: Non particolarmente. Al giorno d'oggi la musica proveniente da altri paesi non è più così 'straniera' come poteva essere qualche decennio fa. La musica cinese è oggi molto diffusa. E' stata più che altro una questione di orchestrazione: comprendere le specifiche dei vari strumenti come la dinamica e l'accordatura, per poi scrivere in modo sincero e spontaneo.
CS: La colonna sonora è caratterizzata da due anime: abbiamo il tradizionale commento sinfonico da una parte e un notevole impiego di musica diegetica dall'altro, in cui hai dovuto scrivere brani per le sequenze di danza e balletto. E' stato difficile bilanciare questi due aspetti così diversi della composizione?
CG: La maggior parte dei brani diegetici fu scritta dopo aver letto la sceneggiatura del film, prima dell'inizio delle riprese e dunque per me fu molto semplice scrivere questi brani. E' difficile esprimere a parole quale differenza c'è tra questi due aspetti, ma ciò che mi preoccupava maggiormente era che i brani diegetici fossero come esistiti in modo indipendente e che non sembrassero invece scritti appositamente per il film. Credo che ci sia della verità quando si afferma che nove volte su dieci siamo capaci di dire se un brano musicale è stato scritto per un film oppure come musica assoluta. Non è una questione di valore o di qualità della musica, ma più del suo motivo di essere. Questo è un argomento che meriterebbe di essere affrontato a parte, ossia l'uso che i registi fanno della musica nei loro film e le differenze estetiche che esistono nei vari approcci. Spielberg, Tarantino e Peter Weir sono tre registi noti per il modo in cui usano la musica nei loro film, eppure hanno idee molto diverse circa il ruolo che essa deve avere. Non sarebbe interessante sentirli chiacchierare insieme a questo proposito?
CS: Sei stato tu a scegliere i brani diegetici di musica classica che appaiono nel corso del film? Hai dovuto riarrangiarne o riadattarne alcuni?
CG: I brani di repertorio furono scelti direttamente da Bruce e dal suo coreografo Graeme Murphy. Nel caso de Il lago dei cigni e Giselle ho dovuto adattare la durata in base alle esigenze del film. Ho invece dovuto riorchestrare gli estratti dal Don Quixote direttamente dalla riduzione per pianoforte, mentre Giselle è stata parzialmente riorchestrata per rendere i tagli più scorrevoli. I brani per pianoforte di Gershwin e Mozart sono quelli originali scritti dai rispettivi compositori. Comunque sia, abbiamo dovuto incidere tutti questi estratti appositamente per il film. Soltanto nel caso de La sagra della primavera di Stravinsky abbiamo utilizzato una registrazione già esistente, ma fui io a suggerire la scelta dell'interpretazione di Pierre Boulez e la Cleveland Orchestra, è un'incisione che conosco molto bene e che ho amato sin da quando ero ragazzino.
CS: Ci sono un paio di straordinari brani per balletto che hai scritto per questo film: uno è “Dance of Longing”, con uno splendido violino solista, mentre l'altro è “Free Dance”, che sembra quasi un incrocio tra Bartòk e Leonard Bernstein.
CG: “Dance of Longing” fu uno dei pezzi 'pseudo-diegetici' che fu scritto sul montaggio della sequenza di ballo. In origine la scena fu girata utilizzando il “Preludio in Si minore” di Rachmaninov, ma nel corso della post-produzione ci fu l'esigenza di accorciare ls sequenza e di montarla in alternanza con un'altra e dunque il brano di Rachmaninov non poteva sopravvivere con dignità. Bruce allora mi chiese di comporre un pezzo per quella scena e, dopo aver provato un'idea per un trio di pianoforte, improvvisamente mi ricordai di un pezzo che avevo abbozzato qualche anno addietro e che era chiuso in un cassetto. Dopo qualche piccolo aggiustamento, il brano diventò perfetto per il film. Potete ascoltarlo nella sua interezza nell'album, eseguito meravigliosamente dal violinista Michael Dauth. Il trio pianistico che avevo scritto inizialmente ora è in cassetto... chissà, magari mi tornerà utile per un altro film in futuro!
“Free Dance” è stato invece uno dei primissimi brani che ho composto per il film. La caratteristica di questa pagina è di presentare uno scontro di culture, ossia descrivere cosa deve aver significato ascoltare per la prima volta un assaggio della sfrontatezza americana all'interno di una Pechino ancora molto conservatrice. Sebbene sia un brano molto ritmico, è molto complicato seguire il battito, poiché le configurazioni ritmiche sono bilanciate l'una contro l'altra. Fu molto bello per me vedere che i musicisti coinvolti nella registrazione decisero di provare il brano tra di loro prima di incidere. E' una cosa molto rara da vedere, ma il loro talento è evidente nella registrazione e gliene sono molto grato.
CS: Anche in questo caso, la partitura si conclude con una bellissima ricapitolazione dei temi principali (“Village Dance and Finale”): potremmo dire che ti piace chiudere il sipario con un rigoglioso brano sinfonico! In questo senso, ci torna in mente la tua colonna sonora per lo sceneggiato televisivo Moby Dick.
CG: Apprezzo molto la possibilità di comporre musica sinfonica eloquente ed avventurosa. Moby Dick fu una rara opportunità per scrivere in quello stile e fui molto fortunato perché si trattava del mio primo ingaggio importante. Anche la musica che ho scritto per la cerimonia d'apertura dei Giochi del Commonwealth del 2006 fu scritta nella stessa vena. Spero vivamente che un giorno mi possa capitare di lavorare ad un film che richiede una grande partitura orchestrale di questo genere, è uno stile nel quale mi sento molto a mio agio.
Tuttavia, nel caso di Mao's Last Dancer ho ritenuto che fosse importante evitare qualsiasi stile 'hollywoodiano' perché è la storia di un giovane contadino. E dunque ho limitato la mia tavolozza a strumenti etnici ed archi per le sequenze ambientate in Cina e a pianoforte ed archi per quelle in America. Capii che c'erano già diversi momenti importanti dove la musica avrebbe avuto un ruolo di primo piano, come nel caso delle sequenze di ballo (Giselle, La sagra dell primavera e il mio pezzo “Madame's Model Ballet”). Chissà, forse avrei scritto una colonna sonora molto diversa se non ci fossero stati questi momenti, o forse no. Per come stavano le cose, ho sentito che la cosa giusta da fare era trattenersi fino ai momenti finali del film. In quel momento sentivo che era come se ci fossimo 'guadagnati', per così dire, una sorta di indulgenza e dunque permetterci un momento musicale trascinante ed esplosivo. E' l'unico momento in cui viene utilizzata l'orchestra intera.
CS: La tua carriera musicale è sempre stata divisa equamente tra le colonne sonore per il cinema e le composizioni per la sala da concerto. Molti compositori tentano questa strada, alcuni con successo, altri con frustrazione. Quanto è importante per te avere una vita artistica equilibrata?
CG: Esatto, una vita equilibrata è proprio ciò di cui si tratta. Amo l'immediatezza del cinema, la disciplina che scaturisce dal dover scrivere con velocità e la possibilità di sentire la musica eseguita pochi giorni dopo averla scritta. Adoro la narrazione cinematografica ed aiutare il film a raccontare la storia in un forma ben strutturata. C'è qualcosa di magico nel modo in cui la musica può letteralmente trasportare una sequenza, che si tratti dell'approccio di Spielberg o di Tarantino oppure di Peter Weir! Tuttavia, la musica è sempre un accompagnamento del film, mentre la musica da concerto è la forma d'arte completa. Questo significa che il compositore è responsabile dal più piccolo dettaglio fino alla struttura totale della composizione. E dunque le sfide e le opportunità creative sono molto differenti da quelle della composizione cinematografica. Nel mio caso, trovo che le abilità e la disciplina della musica da concerto porti beneficio alla mia tecnica cinematografica, e viceversa.
CS: L'anno scorso hai scritto un Concerto per corno e orchestra (Lightfall for Horn and Orchestra), commissionato dalla Sydney Symphony Orchestra. Per l'occasione, hai aperto un blog dove hai raccontato la tua esperienza nella creazione dell'opera. E' molto inusuale, i compositori spesso sono convinti che il momento della composizione è il loro “giardino segreto”, mentre tu hai parlato in modo molto aperto del tuo metodo, delle tue idee e delle tue ispirazioni. Che cosa ci puoi raccontare di questa esperienza?
CG: Tutti gli anni gli studenti di musica delle scuole medie del Nuovo Galles del Sud (la regione più grande dell'Australia, ndr) studiano alcune delle opere che vengono eseguite dalla Sydney Symphony Orchestra all'interno di un programma chiamato “Meet the Music”, inclusi i lavori inediti. Il problema fu che Lightfall non sarebbe stato pronto in tempo per l'inizio delle scuole e dunque ho pensato che sarebbe stato interessante per gli studenti, così come per il pubblico in genere, leggere un blog dove avrei raccontato il processo di composizione. Non credo che sia mai stato fatto qualcosa di simile prima d'ora. E' stato rivelatorio e mi sono sentito piuttosto vulnerabile in alcuni momenti, ma molte persone mi hanno detto che hanno imparato molto. Ma forse la cosa più importante è stata che ho fatto il mio personale passo in avanti, cosa che è accaduta poiché sono riuscito ad affrontare i vari problemi della composizione attraverso il blog. Potete visitarlo all'indirizzo web www.hornconcerto.net .
CS: Chi sono i compositori che ammiri di più in ambito cinematografico e concertistico?
CG: Per quanto riguarda gli autori contemporanei, John Adams, John Corigliano, Peteris Vasks, Kalevi Aho, Osvaldo Golijov e Kaija Saariaho sono quelli che più mi interessano e mi ispirano in sala da concerto, mentre nell'ambiente cinematografico Alberto Iglesias, Marco Beltrami e il già citato John Williams sono coloro che, insieme a molti altri, mi affascinano di più.
CS: Ti capita di riascoltare la tua musica anche dopo aver completato un progetto? O preferisci guardare avanti al lavoro successivo?
CG: Ero solito farlo all'inizio della mia carriera. Era così bello avere la possibilità di ascoltare i propri scarabocchi trasformati in suono. Oggi invece tendo a guardare al progetto successivo.
CS: Parlando del futuro, quali sono i tuoi prossimi progetti?
CG: Al momento ci sarebbe un film che probabilmente richiederà ancora più musica di Mao's Last Dancer, ma non posso citare il titolo poiché non è stato ancora confermato. Ci sono poi un altro paio di progetti in discussione. Per quanto riguarda l'ambito concertistico sto lavorando ad una importante composizione per flauto e pianoforte, mentre sono in trattative per un lavoro sinfonico ed uno per il teatro.
CS: Christopher, ti ringraziamo tantissimo per aver dedicato un po' del tuo tempo a ColonneSonore.net.
CG: Grazie a voi per avermi ospitato. E' stata una bella chiacchierata.
Si ringrazia T.J. Shushereba (ICM Artists Management) e David Coscina per l'aiuto a realizzare l'intervista. Un sentito ringraziamento a Christopher Gordon per la sua cortesia, gentilezza e disponibilità.
Link utili:
http://www.christophergordon.net
http://www.hornconcerto.net