Un giurato d'eccezione: intervista a Danny Elfman
Il celebre compositore dei film di Tim Burton e di tanti altri successi è stato ospite della 67a Edizione della Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia, in cui ha smesso i panni del musicista ed ha indossato quelli per lui assolutamente inediti di membro della giuria capitanata da Quentin Tarantino. Di questa e di altre cose Elfman ci racconta in questa breve ma interessante chiacchierata informale...
Il luogo dove Danny Elfman ci riceve con contagiosa cordialità ha un’aria molto “timburtoniana”, anche se lo sfondo è festivaliero: una grande, scura, un po’ cupa e incombente suite dell’Hotel Excelsior al Lido di Venezia, dove troneggiano una cyclette, un’enorme tv al plasma e carte sparse ovunque. Il musicista di Batman, Spider-Man, I Simpson e Milk è in laguna in una veste inusuale, per un compositore cinematografico: quella di giurato della 67° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. A lui, e agli altri componenti del consesso rumorosamente e polemicamente presieduto da Quentin Tarantino, la responsabilità del verdetto che ha premiato come Leone d’Oro Somewhere di Sofia Coppola. Ma con Elfman non entriamo nel merito dei criteri di assegnazione del palmarès veneziano. Più interessante è invece addentrarsi in questa sua nuova “mansione”.
ColonneSonore: Un compositore in una giuria di un festival “altolocato” è una rarità. Come si è sentito?
Danny Elfman: Francamente scioccato: proprio perché è un fatto inusuale, non me l’aspettavo. Tra l’altro mi hanno informato solo che si trattava di Venezia e di Tarantino. Ho detto immediatamente di sì, perché amo l’una e l’altro! Una combinazione perfetta, come avrei potuto sbagliarmi? Di solito venivo in Italia almeno una volta all’anno, ma ultimamente ho avuto molto da lavorare, mi è nato un figlio (Elfman è sposato dal 2003 con l’attrice Bridget Fonda, ndr), quindi l’Italia mi mancava. E’ stato difficile far coincidere questa trasferta con gli impegni di lavoro, ma non volevo perdere una simile opportunità.
CS: Come ha guardato i film? Tendeva ad “ascoltarli”?
DE: No, li ho semplicemente guardati. Ho cercato di giudicarli nel modo migliore possibile, dal punto di vista di un vecchio cinèfilo. A volte mi è accaduto di notare la musica più di altre componenti, per deformazione professionale, ma come avrebbero fatto anche un attore o uno scenografo. In realtà come compositore ho cercato di non essere troppo attento alla musica.
CS: Sembra che in lei convivano due personalità, sicuramente due stili. Un compositore lussureggiante, sinfonico, coloratissimo, visionario; ed un altro più intimista, minimalista, cameristico e sommesso. E’ così? E come padroneggia queste due “maniere”?
DE: Mah, guardi, a me piace pensare che siamo addirittura in tre! In realtà se io non riesco a mutare registro da un film all’altro mi sento molto insoddisfatto. Per questo cerco di non fare mai la musica di due blockbuster consecutivi, cerco di passare da un film di atmosfera roboante ad uno più raccolto. Amo molto lavorare a progetti che da una direzione vadano in quella opposta alla precedente, dal comico al drammatico, dall’aggressivo all’intimo, dal “dark” al solare. Non mi identifico mai con una sola parte di me stesso. Cerco di cambiare sempre, proprio per non ripetermi. Ad esempio nulla mi dà più soddisfazione che poter passare, come mi è accaduto recentemente, da un blockbuster come Alice in Wonderland a Restless di Gus van Sant e poi ancora al nuovo film di Paul Haggis, The Next Three Days: cioè da una grande orchestra ad una chitarra sola ad uno score elettronico e sofisticato...
CS: Chi sono i suoi maestri, i suoi punti di riferimento nel passato. E chi le piace oggi come compositore cinematografico?
DE: Bernard Herrmann è colui che mi ha fatto capire l’importanza della musica in un film. Quando vidi da bambino Ultimatum alla Terra mi resi conto che la musica, al cinema, esisteva e che ad essa andava prestata molta attenzione. Lui è stato il mio ispiratore, poi in Quarto potere, i film di Hitchcock, Il fantasma e la signora Muir… Herrmann è stato il mio modello, il mio mito: era in grado di fare tutto, di padroneggiare qualunque stile, qualunque registro stilistico, l’humour, il fantastico, il thriller, il melò… Oggi? Mi piace molto il lavoro di Alexandre Desplat.
CS: E fra i compositori classici?
DE: Proprio poco tempo fa mi hanno chiesto se mentre scrivevo la partitura di Batman ascoltavo Wagner… In realtà io sono cresciuto ascoltando non tanto musica classica quanto moltissime musiche per film! Quindi le mie influenze sono per così dire di seconda mano, passano per nomi come North, Waxman, Tiomkin, Steiner, Herrmann… e questi compositori sì che ascoltavano Wagner, Puccini… Comunque i miei musicisti classici preferiti sono Igor Stravinsky e Sergej Prokofiev. Stravinsky e la sua “Sagra della primavera” sono all’origine del mio interesse per la musica. Prokofiev mi ha svelato energia, umorismo, lirismo, e l’equilibrio fra tutte queste componenti. Sentivo una forte connessione intima con la scuola russa di questo periodo, mi sembrava che i compositori mi parlassero direttamente, con la loro musica così triste ed emozionante, carica di cuore, dolore, sofferenza. Sono sensazioni che mi hanno molto ispirato.
ColonneSonore.net ringrazia Danny Elfman per il tempo concesso e Roberto Pugliese per la gentile concessione a riprodurre l'articolo.