“Una grande lezione di musica per film” – Parte Sessantesima
“Una grande lezione di musica per film” – Parte Sessantesima
E in men che non si dica siamo arrivati a 60! Sessanta puntate-episodi-parti, come le volete chiamare le chiamate, delle nostre interviste-lezioni di Musica Applicata alle Immagini nelle quali perseguiamo, sin dagli esordi, a narrarvi con serietà e qualche aneddoto il comporre colonne sonore, grazie alle risposte di autori veterani e giovani da tutto il globo. Le nostre classiche sei domande sono, ve lo assicuriamo, una miniera d’oro sullo scrivere note per il Cinema, la TV ed altri media.
Domande:
1) Che metodologia usate nell’approcciarvi alla creazione di una colonna sonora?
2) Qualora non abbiate la possibilità, per motivi di budget o semplicemente vostri creativi, di usare un organico orchestrale, come vi ponete e quali sono le tecnologie che vi vengono maggiormente in aiuto per portare a compimento un’intera colonna sonora?
3) Descriveteci l’iter che vi porta dalla sceneggiatura alla partitura finale, soprattutto passando per il rapporto diretto con il regista e il montatore che talvolta usano la famigerata temp track sul premontato del loro film, prima di ascoltare la vostra musica originale?
4) Avete un vostro score che vi ha creato particolari difficoltà compositive?
Se sì, qual è e come avete risolto l’inghippo?
5) Come siete diventati compositori di musica per film e perchè?
6) Che importanza ha per voi vedere pubblicata una vostra colonna sonora su CD fisico oggi che sempre di più si pensa direttamente al digital download?
Dario Vero (compositore di The Stolen Princess, The Inglorious Serfs, Mavka, Maxim Osa, Sulle Tracce di Goethe in Sicilia, Come Foglie al Vento, Cani di Razza, Incredibile!, Sissi la giovane Imperatrice, 2050)
1) Mi lascio sorprendere da immagini e storia. L’istinto è la chiave. Scrivo subito i temi principali. Alle volte addirittura durante la prima visione del film tento di scrivere su un quaderno degli appunti in tempo reale. Per cogliere il primo sapore, quello più genuino.
Poi una volta superata questa fase, a temi approvati, mi concentro sulla parte tecnica: sviluppo del materiale, tecniche di composizione varie, orchestrazione, modulazioni di ogni tipo, diminuzioni, inversioni, modulazioni metriche, scelta della strumentazione ecc...
2) Sono un felice utilizzatore di StaffPad. Ho la fortuna di poter lavorare quasi sempre con organici orchestrali importanti. Ma il problema me lo pongo ogni volta che inizio un progetto ... “sai mai che poi per problemi di budget si facciano dei tagli sul recording”... quindi scrivo sempre tutto in modo coerente su partitura (staff pad su iPad Pro) in modo da poter registrare con facilità. Ma se le cose si dovessero mettere male... uso i campioni Orchestral Tools e Spitfire di StaffPad. La soluzione si trova sempre.
3) Lavoro sempre a braccetto con tutto il team. La temp track non va demonizzata. Se hai un anno per scrivere una colonna la temp non serve; anzi è deleteria. Se hai 3 mesi di tempo un reference potrebbe fare comodo. Perché i desiderata della produzione contano molto e vanno giustamente assecondati. Il film è un lavoro di squadra. La temp serve alla squadra per guadagnare tempo.
Ma se hai una sola settimana per comporre... beh allora la temp è più che “pratica”.
Diciamo che nei lungometraggi più prestigiosi che ho musicato non ho mai avuto interferenze da parte dei produttori o dei registi fissati con reference particolari. Ma nella serialità la temp viene spesso utilizzata, come detto poco fa, per problemi di scadenze e tempo. Alle volte su queste serie si scrive musica per 10 puntate che hanno 10 registi diversi. Il delirio!
4) No, direi di no. Ogni score ha avuto la sua storia e le sue difficoltà. Mai successe cose particolarmente drammatiche. Più che difficoltà compositive magari ho riscontrato problemi di comunicazione con qualche membro del team creativo. Ma ci sta. D’altra parte “parlare di musica è come ballare di architettura” diceva il saggio, ovvero Frank Zappa.
5) I primi passi li ho fatti da giovanissimo. Nemmeno maggiorenne. Poi le opportunità che la vita ti mette a disposizione sono tante. Bisogna coglierle però. Nel mio caso il primo treno importante è passato una ventina di anni fa. Il regista cercava disperatamente la musica. Il film era pronto. Il compositore che doveva scrivere la colonna sonora si era tirato indietro all’ultimo minuto. Ho musicato il film giorno e notte senza mai fermarmi. Il film è andato bene... sono arrivati poi altri lavori perché il passaparola ha fatto la sua parte.
6) Insisto sempre affinché la colonna sonora venga pubblicata. Spesso lo faccio mettere nel contratto. È importante tanto per me quanto per la credibilità della produzione. CD, lossless, mp3, vinile, musicassetta. Non cambia molto... a me piace molto la praticità del digitale. Sono cresciuto tra musicassette e CD, ma non sono un nostalgico. I servizi di Apple Music o Tidal hanno una qualità notevole. Non sento la necessità del supporto fisico.
291out alias Luca Carini, Antonio Bocchino, Niccolò Barozzi, Daniele Lacava e Tancredi D’Alò (compositori di Armi - Weapons, Scatti di Nera - Il Caso Baudissard, Mister Quarto Piano, Scrivere New York - Jonathan Lethem / Colson Whitehead, Ipa Nuit Ylio, Maria Oriente, Maria Occidente e Box)
1) Libertà di creazione e desiderio di esplorare nuove sonorità guidano da sempre il nostro lavoro. La musica cambia pelle per essere al servizio dell’immagine e per far questo ha bisogno di andare oltre se stessa, al di là dei generi e delle espressioni preconfezionate. I nostri modelli d’ispirazione certo risultano sempre utili quando il sound da ricercare è in parte espresso dallo stesso genere a cui si richiama il prodotto visivo – pensiamo a compositori come Franco Micalizzi, Stelvio Cipriani e Fabio Frizzi oppure a band come i Goblin ed i Libra, quando ci troviamo all’interno di atmosfere noir ed horror (rif. alla nostra colonna sonora del mediometraggio Armi - Weapons di A.Bettoni oppure all’episodio Il Caso Boudissard per la serie TV Scatti di Nera su Fox Crime). Ma il suono deve essere sempre creato ad hoc per quello che stai vedendo in quel preciso momento: esternarlo equivale a viverlo e dunque il coinvolgimento è totalizzante ed ha la stessa intensità di quando si improvvisa durante un’esecuzione (sia essa in studio che dal vivo); poi c’è la dimensione del viaggio interiore, che, stimolato dalle immagini, rappresenta un unicum, in virtù della peculiarità di questa combinazione.
2) Partiamo dalla premessa che il nostro sound nasce quasi sempre dalla formazione base del progetto: ovvero un quintetto acustico formato da basso (Luca Carini), batteria (Antonio Bocchino), piano elettrico e sintetizzatori (Niccolò Barozzi), sax e flauto traverso (Daniele Lacava) e chitarra (Tancredi D'Alò)*.
Ma chiaramente collaboriamo spesso con altri strumentisti che possono darci colori e timbri diversi, come la tromba, il vibrafono e, non ultimo, la voce. Non scordiamoci poi del “sesto elemento” aggiunto: il nostro sound engineer Ivan Cibien, che apporta tutta la varietà dei suoni digitali sia in fase di produzione che in quella di post dando nuova linfa al materiale elettro-acustico da noi composto e registrato. Insomma il nostro organico allargato è un po' la nostra piccola orchestra.
(*) I musicisti menzionati sono coloro che hanno continuativamente preso parte all’attività dei 291out dal 2017 ad oggi. E’ importante menzionare anche chi ha collaborato precedentemente al periodo sopraindicato: Floriano Bocchino (piano) - Vincenzo Ciorra, Mattia Iamele, Alberto de Angeli, Michele Mineo (chitarra) - Michele Boy (sintetizzatori) - Roberto Dazzan, Luigi Di Bella (tromba)
3) Il primo passo è entrare in sintonia con l’opera visiva e con il regista e/o l’autore. Trovato il sound generale (come abbiamo brevemente descritto in risposta 1 e, come spesso accade, su indicazioni dello stesso regista), si tratta poi di calarlo nelle scene con un lavoro di perizia ed immedesimazione. Si sviluppa dunque l’andamento musicale parallelamente a quel che la sintassi filmica di una data sequenza ci permette di fare in termini di soluzioni diegetiche sincroniche, ma è nostra premura avere parallelamente anche una visione diacronica, d’insieme dunque, in relazione alla struttura audiovisiva dell’intero film. Tuttavia è importante, allo stesso tempo, non pensare unicamente ed in senso stretto alla musica, ma a quello che si vive sullo schermo. La temp track sicuramente può essere utile per trasmettere le sensazioni del regista e del montatore o per suggerire il ritmo di una sequenza, a mo' di metronomo audiovisivo, ma preferiamo comunque chiacchierare tanto con il regista di musica, cinema e arte perché solo così si stabilisce una connessione profonda.
4) Vorremmo parlarvi di un ‘inghippo’ che in un certo senso ci siamo creati noi volutamente ad hoc. Insieme al nostro ex fonico Alberto de Angeli, decidemmo di musicare il cortometraggio muto di Man Ray Le retour à la raison (1923). Era una sorta di esperimento compositivo interno alla band che partiva dal presupposto che in assenza di sceneggiatura, dialoghi e musica, una colonna sonora pensata per quel corto dovesse seguire una logica opposta a quella del mero commento musicale e dovesse abbandonarsi al flusso delle immagini. Ma come metterlo in pratica?
Ci venne in aiuto, in parte, il famoso esperimento degli Area al mitico concerto alla Statale di Milano del 1976. Ognuno di noi registrò la sua traccia separatamente dagli altri, lasciandosi guidare solo dalla sua personale ispirazione (a differenza dell’esperimento degli Area che seguiva indicazioni di ‘comportamento’ come nelle performance di Cage). Nessuno quindi poteva influenzare, positivamente o negativamente, la performance degli altri. Il flusso di coscienza di ognuno di noi e il flusso delle immagini dovevano incontrarsi senza condizionamenti esterni.
Il risultato finale, una volta assemblate e montate tutte le tracce, fu sorprendente sia per la qualità del prodotto sia per la coerenza complessiva. Inoltre la pratica realizzativa rendeva pienamente giustizia all’approccio dadaista con cui lo stesso Man Ray aveva realizzato e montato quelle immagini, al tempo, nell’arco di un’unica notte.
Ad oggi, è stata l’esperienza musicale che, più di tutte, ha omaggiato il nome della band, 291out: 291 fu infatti il nome di una delle più importanti riviste d’avanguardia del Novecento, fondata nel 1915 da Alfred Stiegliz a cui collaborarono alcuni dei più importanti nomi del movimento dada, tra cui proprio Man Ray.
5) Possiamo dire che la nostra passione per la musica è nata e cresciuta insieme alla nostra passione per il cinema. Comporre, suonare, sono per noi, da sempre pratiche legate a stretto filo ad un immaginario filmico. Uno dei nostri primi componimenti fu pensato e ideato davanti alle immagini del film Chappaqua di Conrad Rooks (1968), pura sperimentazione: fu così che si aprì per noi un mondo nuovo.
Il momento di svolta è rappresentato dall’esperienza della nostra prima colonna sonora, che registrammo nel 2003. Si trattava del corto di animazione Ipa Nuit Ylio (di. L.Carini, V.Leombruno e P.Lonzi - tratto dalle tavole di Alessandro Rak) che, vincendo al Bassano Film Festival, ci permise di entrare nel mondo della post-produzione audiovisiva. Costa Crociere, Samsung, Gucci, ITT Industries, Fiat sono solo alcuni dei brand per cui realizzammo gli score durante l’attività presso lo studio milanese Fast-Forward; parallelamente, tra il 2004 ed il 2010, ci occupammo di musicare corti e mediometraggi per diverse case di produzione cinematografiche (Fandango, RTSI, CameraCar, Blackpencil Prod.) e di sonorizzare format televisivi per alcune emittenti nazionali (Fox Life, Rai Educational, LA7, Studio Universal).
Questa intima connessione del nostro sound con l'audiovisivo è testimoniata dal fatto che i primi due dischi portano il titolo "Soundtracks for No Film Vol.1 & 2": un compendio di brani precedentemente realizzati per i corti "Dialogo tra un'allenatore ed il suo secondo" (di G.Carella, 2003), "Ovest" (di G.Carella, 2004) ed il medio "Armi - Weapons" (di A.Bettoni, 2009). Dunque, se non fosse stato che un produttore lungimirante, molto tempo dopo, comprendesse la qualità di quelle composizioni, suddetto materiale sarebbe finito nel dimenticatoio assieme ai titoli sopracitati. In linea generale, ad esclusione dei lungometraggi, tutto il resto della produzione audiovisiva italiana ha vita breve; pensiamo ad esempio al formato medio/corto: dopo l'iter dei festival e dei concorsi e - se si è fortunati - l'eventualità di un passaggio televisivo, la conoscenza di tali produzioni scompare nel nulla. Dare, quindi, una seconda vita alla musica di questi prodotti: ecco spiegato il perché di un titolo del genere, "Soundtracks for No Film", che Andreas Krumm (l'owner di Acido Records, piccola label indipendente tedesca) diede a questi dischi all'indomani della loro pubblicazione (2013/14).
Dobbiamo tanto alle soundtracks scritte per il mercato indipendente italiano del primo millennio e da cui è nata di conseguenza la nostra attività discografica. Insomma, il cinema è stato e continua ad essere la nostra prima musa ispiratrice.
6) Premettendo che siamo presenti sui principali canali social e che crediamo in una comunicazione intelligente veicolata dalle piattaforme, siamo assolutamente fieri di portare avanti la tradizione della musica stampata in vinile. Per noi la musica, oltre al suo contenuto intrinseco, possiede, dunque, un valore in quanto oggetto materiale che suscita emozioni, che si trasmette di mano in mano e che si concretizza in immagini artistiche e testuali. Inoltre, attraverso il format ‘vinile’, possiamo realizzare pienamente la nostra idea di arte totale: cioè di musica che dialoga con le immagini e con la parola. Per esempio, nel nostro ultimo album, “Beyond” (prodotto da Taste Record ad ottobre 2022), il testo presentato è non solo funzionale all’ascolto e alla fruizione della musica ma diventa parte imprescindibile della genesi e del significato dell’output finale. La copertina (realizzata da Simone Antonucci) con il titolo in coreano in primo piano e la sua composizione ad incorniciare i protagonisti dell’LP - combinata all’immaginario cosmico mutuato dalle liriche dei testi - ti proietta immediatamente nelle atmosfere del disco prima ancora di ascoltarlo. Sapere poi, che un nostro vinile viene ascoltato dagli appassionati di tutto il mondo ed a migliaia di chilometri di distanza lo trovi esposto sugli scaffali di uno store come Disk Union (Tokyo), ci ripaga di tutte le energie investite nella realizzazione di un prodotto di musica indipendente. L’emozione, infine, di apprendere che ciò che abbiam realizzato resta nel tempo e che, grazie al vinile, lascia una traccia materiale per tutti gli appassionati del futuro, ci ricorda quanto abbiamo imparato dai dischi del passato; in particolare da quegli album di musica prog e di soundtracks all’italiana che erano rimasti dimenticati, fuori dai canali di ristampa e distribuzione mainstream… un piccolo nostro segno nel solco ininterrotto del suono universale.
FINE SESSANTESIMA PARTE