16 Dic2014
Ivan il terribile di Prokofiev a Santa Cecilia
Ivan il terribile di Prokofiev a Santa Cecilia
Inserito nel quadro della stagione sinfonica 2014/15 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia si è svolto a Roma dal 10 al 15 dicembre scorsi il Festival Prokofieff che ha visto come protagonista assoluto il Maestro Valery Gergiev alla guida della sua formidabile falange orchestrale del Teatro Marinskij Kirov di San Pietroburgo e dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. I primi tre concerti hanno impegnato l’Orchestra del Teatro Marinskij nell’esecuzione dell’integrale delle sinfonie del compositore russo oltre che del suo “Concerto per violino n. 2 in sol minore op. 63” con il solista Leonidas Kavakos.
Il concerto conclusivo vede invece l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta dal Maestro Gergiev in un suggestivo programma che include l’“Ouverture Russa”, il “Concerto per violino n. 1 in re maggiore op. 19” sempre con il solista Leonidas Kavakos e l’oratorio “Ivan il Terribile” op. 116 per voce recitante, soli, coro, coro di voci bianche e orchestra basato sulle musiche composte per film in due parti realizzato tra il 1943 e il 1945 da Sergeij Eizenstein (1898 – 1948) negli Studi della Mosfilm, trasferiti durante il conflitto mondiale nella città kazaka di Alma Ata.
Già eseguito in precedenti stagioni dell’Accademia, in particolare con i maestri Riccardo Muti (1976), Neeme Jaervi (1993) e Jurij Temirkanov (2008), l’oratorio “Ivan il Terribile” è una cantata postuma che comprende dai 20 ai 25 brani, realizzata non dallo stesso Prokofieff ma successivamente alla sua morte, nel 1962 dal musicologo, suo amico e collaboratore Abram Stasevich che aveva tra l’altro diretto l’orchestra nella colonna sonora originale del film. Nella sua compilazione Stasevich altera inevitabilmente la partitura originale non seguendo lo svolgimento episodico del film, con l’introduzione di parti recitate e apportando alcuni cambiamenti nell’orchestrazione e nelle linee strumentali, riuscendo comunque a conferire organicità strutturale e architettonica e ad assicurare nell’insieme un’appassionante esperienza di ascolto.
In alcune esecuzioni gli interventi narrativi vengono omessi come nel caso della registrazione discografica del Maestro Gergiev, pubblicato dalla Philips nel 1997 e da noi già redatta su queste pagine (leggi recensione).
D’altro canto sarebbe molto interessante se l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia in un prossimo futuro arrivasse a programmare l’esecuzione integrale della partitura originale ricostruita sulla base dei manoscritti del compositore conservati al Museo Glinka e all’Archivio di Stato Russo per l’arte e la letteratura a Mosca e edita nel 1997 dalla casa musicale Sikorski di Amburgo.
La partitura originale contiene brani poi omessi nella stesura finale come “La morte di Glinskaya” ma soprattutto i brani tratti dalla musica corale liturgica ortodossa (znameni) come ad esempio il Kyrie con cui ha inizio il film. Eizenstein e Prokofieff hanno più volte sottolineato l’importanza dei corali ortodossi, alcuni dei quali aggiunti nella colonna sonora senza notazione, che in effetti proiettano il film in una più profonda dimensione intellettuale e spirituale.
Una cosa è comunque certa. Con Ivan il Terribile siamo in presenza di uno dei maggiori esiti nella storia dell’ottava arte, dove immagine e musica si intessono in un incontro sbalorditivo.
Ivan il Terribile è un film sul potere, politico e religioso, e sulla sua fatale degenerazione nelle mani degli uomini.
Il lavoro strettamente legato agli eventi russo-sovietici degli anni Quaranta presenta un carattere complesso, ambiguo ed enigmatico, una struttura del movimento fortemente geometrica dove prendono forma le apparizioni quasi mascherate del protagonista che assumono una spiccata valenza pittorica negli evidenti rimandi ai dipinti di El Greco.
Con questo lavoro Eizenstein attenua i virtuosismi propri della tecnica di montaggio che hanno caratterizzato la sua vita artistica per tratteggiare la figura dello Zar Ivan con avvincente pathos e un’estetica più classicheggiante dal taglio espressionista e teatrale proprio del cinema muto.
In perfetta simbiosi artistica e spirituale Prokofieff risponde in modo superlativo al concetto visivo del regista lettone e confeziona un imponente affresco sonoro in una scrittura che illumina ogni dettaglio dell’immagine, atmosferica ma mai meramente esornativa, incisiva ma mai prevaricatrice, perfettamente montata pur nella precarietà dei mezzi tecnici all’epoca disponibili.
Egli adotta un linguaggio musicale che unisce una misurata modernità espressiva a momenti di intenso lirismo e accenti solenni - con evidenti rimandi al classicismo di Mussorgski e Glinka - spigolosi contrasti e sfumature drammatiche, interventi dal forte taglio ritmico avvolti in sottile ironia nel pathos di una straordinaria forza narrativa e di un opulenza timbrica superbamente illuminati dal Maestro Gergiev.
Nella sua rappresentazione romana egli guida l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia in una prova superba per equilibrio, compattezza, virtuosismo, trasparenza di accenti in un suono intenso, profondo e avvolgente che esalta la dimensione epica e drammatica della partitura.
Da sottolineare anche la magistrale prestazione del Coro e del Coro di voci bianche dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia preparati dal Maestro Ciro Visco.
I coinvolgenti interventi del soprano Yulia Matochkina, del basso Roman Burdenko e dell’attore e regista Norman Mozzato, cui dobbiamo la traduzione dei Diari del grande regista russo Andreij Tarkovskij (Edizioni della Meridiana, Firenze 2002), contribuiscono in modo significativo alla memorabile esecuzione accolta da un trionfale riscontro da parte del folto pubblico del Parco della Musica.
La prima parte del concerto ha inizio con la brillante esecuzione della “Ouverture Russa”, lavoro composto nel 1936, nel pieno del terrorismo stalinista, dove all’iniziale esuberanza ritmica succede uno sviluppo tematico avvolto in un sorprendente intenso lirismo. Con enorme piacere ritroviamo quindi il violinista greco Leonidas Kavakos, annoverato fra i maggiori musicisti del nostro tempo che esibisce una dimostrazione del suo straordinario talento con una interpretazione stellare del “Concerto per violino n. 1 in re maggiore op. 19”, sicuramente fra le pagine più coinvolgenti e introspettive del repertorio violinistico, composto fra il 1916 e il 1917, poco prima della Rivoluzione bolscevica che avrebbe successivamente costretto Prokofieff a lasciare il paese.
Leonidas Kavakos con la sua arcata ampia e avvolgente fraseggia in modo espressivo ed eloquente e con la sua impressionante maestria tecnica si dimostra interprete supremo della partitura percorsa da intenso lirismo e calore espressivo ma anche punteggiata da momenti di forte impulso ritmico e sottili accenti ironici e farseschi. Il violinista affronta con imponente sicurezza le forsennate rincorse ritmiche cui è sottoposto il suo strumento nel secondo movimento, “Scherzo-Vivacissimo”, e viaggia in perfetta intesa con il Maestro Gergiev, che muove l’orchestra in ammirevole equilibrio senza mai cadere in funzione subalterna mentre punta ad esaltare la raffinatissima strumentazione della scrittura musicale.
Assolutamente avvincente il dialogo fra violino, archi e tuba nel terzo movimento “Moderato”.
Trionfali applausi e richieste di fuori programma esaudite con Bach.
Inserito nel quadro della stagione sinfonica 2014/15 dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia si è svolto a Roma dal 10 al 15 dicembre scorsi il Festival Prokofieff che ha visto come protagonista assoluto il Maestro Valery Gergiev alla guida della sua formidabile falange orchestrale del Teatro Marinskij Kirov di San Pietroburgo e dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. I primi tre concerti hanno impegnato l’Orchestra del Teatro Marinskij nell’esecuzione dell’integrale delle sinfonie del compositore russo oltre che del suo “Concerto per violino n. 2 in sol minore op. 63” con il solista Leonidas Kavakos.
Il concerto conclusivo vede invece l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta dal Maestro Gergiev in un suggestivo programma che include l’“Ouverture Russa”, il “Concerto per violino n. 1 in re maggiore op. 19” sempre con il solista Leonidas Kavakos e l’oratorio “Ivan il Terribile” op. 116 per voce recitante, soli, coro, coro di voci bianche e orchestra basato sulle musiche composte per film in due parti realizzato tra il 1943 e il 1945 da Sergeij Eizenstein (1898 – 1948) negli Studi della Mosfilm, trasferiti durante il conflitto mondiale nella città kazaka di Alma Ata.
Già eseguito in precedenti stagioni dell’Accademia, in particolare con i maestri Riccardo Muti (1976), Neeme Jaervi (1993) e Jurij Temirkanov (2008), l’oratorio “Ivan il Terribile” è una cantata postuma che comprende dai 20 ai 25 brani, realizzata non dallo stesso Prokofieff ma successivamente alla sua morte, nel 1962 dal musicologo, suo amico e collaboratore Abram Stasevich che aveva tra l’altro diretto l’orchestra nella colonna sonora originale del film. Nella sua compilazione Stasevich altera inevitabilmente la partitura originale non seguendo lo svolgimento episodico del film, con l’introduzione di parti recitate e apportando alcuni cambiamenti nell’orchestrazione e nelle linee strumentali, riuscendo comunque a conferire organicità strutturale e architettonica e ad assicurare nell’insieme un’appassionante esperienza di ascolto.
In alcune esecuzioni gli interventi narrativi vengono omessi come nel caso della registrazione discografica del Maestro Gergiev, pubblicato dalla Philips nel 1997 e da noi già redatta su queste pagine (leggi recensione).
D’altro canto sarebbe molto interessante se l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia in un prossimo futuro arrivasse a programmare l’esecuzione integrale della partitura originale ricostruita sulla base dei manoscritti del compositore conservati al Museo Glinka e all’Archivio di Stato Russo per l’arte e la letteratura a Mosca e edita nel 1997 dalla casa musicale Sikorski di Amburgo.
La partitura originale contiene brani poi omessi nella stesura finale come “La morte di Glinskaya” ma soprattutto i brani tratti dalla musica corale liturgica ortodossa (znameni) come ad esempio il Kyrie con cui ha inizio il film. Eizenstein e Prokofieff hanno più volte sottolineato l’importanza dei corali ortodossi, alcuni dei quali aggiunti nella colonna sonora senza notazione, che in effetti proiettano il film in una più profonda dimensione intellettuale e spirituale.
Una cosa è comunque certa. Con Ivan il Terribile siamo in presenza di uno dei maggiori esiti nella storia dell’ottava arte, dove immagine e musica si intessono in un incontro sbalorditivo.
Ivan il Terribile è un film sul potere, politico e religioso, e sulla sua fatale degenerazione nelle mani degli uomini.
Il lavoro strettamente legato agli eventi russo-sovietici degli anni Quaranta presenta un carattere complesso, ambiguo ed enigmatico, una struttura del movimento fortemente geometrica dove prendono forma le apparizioni quasi mascherate del protagonista che assumono una spiccata valenza pittorica negli evidenti rimandi ai dipinti di El Greco.
Con questo lavoro Eizenstein attenua i virtuosismi propri della tecnica di montaggio che hanno caratterizzato la sua vita artistica per tratteggiare la figura dello Zar Ivan con avvincente pathos e un’estetica più classicheggiante dal taglio espressionista e teatrale proprio del cinema muto.
In perfetta simbiosi artistica e spirituale Prokofieff risponde in modo superlativo al concetto visivo del regista lettone e confeziona un imponente affresco sonoro in una scrittura che illumina ogni dettaglio dell’immagine, atmosferica ma mai meramente esornativa, incisiva ma mai prevaricatrice, perfettamente montata pur nella precarietà dei mezzi tecnici all’epoca disponibili.
Egli adotta un linguaggio musicale che unisce una misurata modernità espressiva a momenti di intenso lirismo e accenti solenni - con evidenti rimandi al classicismo di Mussorgski e Glinka - spigolosi contrasti e sfumature drammatiche, interventi dal forte taglio ritmico avvolti in sottile ironia nel pathos di una straordinaria forza narrativa e di un opulenza timbrica superbamente illuminati dal Maestro Gergiev.
Nella sua rappresentazione romana egli guida l’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia in una prova superba per equilibrio, compattezza, virtuosismo, trasparenza di accenti in un suono intenso, profondo e avvolgente che esalta la dimensione epica e drammatica della partitura.
Da sottolineare anche la magistrale prestazione del Coro e del Coro di voci bianche dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia preparati dal Maestro Ciro Visco.
I coinvolgenti interventi del soprano Yulia Matochkina, del basso Roman Burdenko e dell’attore e regista Norman Mozzato, cui dobbiamo la traduzione dei Diari del grande regista russo Andreij Tarkovskij (Edizioni della Meridiana, Firenze 2002), contribuiscono in modo significativo alla memorabile esecuzione accolta da un trionfale riscontro da parte del folto pubblico del Parco della Musica.
La prima parte del concerto ha inizio con la brillante esecuzione della “Ouverture Russa”, lavoro composto nel 1936, nel pieno del terrorismo stalinista, dove all’iniziale esuberanza ritmica succede uno sviluppo tematico avvolto in un sorprendente intenso lirismo. Con enorme piacere ritroviamo quindi il violinista greco Leonidas Kavakos, annoverato fra i maggiori musicisti del nostro tempo che esibisce una dimostrazione del suo straordinario talento con una interpretazione stellare del “Concerto per violino n. 1 in re maggiore op. 19”, sicuramente fra le pagine più coinvolgenti e introspettive del repertorio violinistico, composto fra il 1916 e il 1917, poco prima della Rivoluzione bolscevica che avrebbe successivamente costretto Prokofieff a lasciare il paese.
Leonidas Kavakos con la sua arcata ampia e avvolgente fraseggia in modo espressivo ed eloquente e con la sua impressionante maestria tecnica si dimostra interprete supremo della partitura percorsa da intenso lirismo e calore espressivo ma anche punteggiata da momenti di forte impulso ritmico e sottili accenti ironici e farseschi. Il violinista affronta con imponente sicurezza le forsennate rincorse ritmiche cui è sottoposto il suo strumento nel secondo movimento, “Scherzo-Vivacissimo”, e viaggia in perfetta intesa con il Maestro Gergiev, che muove l’orchestra in ammirevole equilibrio senza mai cadere in funzione subalterna mentre punta ad esaltare la raffinatissima strumentazione della scrittura musicale.
Assolutamente avvincente il dialogo fra violino, archi e tuba nel terzo movimento “Moderato”.
Trionfali applausi e richieste di fuori programma esaudite con Bach.