28 Lug2014
Addio Giorgio Gaslini
La scomparsa, avvenuta all’età di 84 anni a Borgo Val di Taro (Parma), di Giorgio Gaslini non priva solo il mondo del jazz italiano del suo padre riconosciuto, ma lascia anche la musica per film italiana orfana di colui che fu uno dei suoi appartati quanto raffinati e colti protagonisti fra gli anni Sessanta e Settanta.
Pianista, direttore d’orchestra, compositore, docente e teorico con all’attivo numerosi trattati, Gaslini era l’alfiere di un jazz moderno, europeo, innovativo ne rigoroso, che accoglieva in sé tutte le istanze della tradizione americana coniugandole con le suggestioni più acute e avanzate dell’avanguardia.
Autore di decine di album, concertista provetto e didatta sensibile, Gaslini ha legato il proprio nome a non moltissimi ma significativi soundtrack, spaziando dal più élitario cinema d’autore a una produzione di genere nella quale eccelleva per vocazioni sperimentali e soluzioni spiazzanti. Sicuramente la sua fatica più celebre e controversa è la partitura inquietante e ossessiva per Profondo rosso (1975) di Dario Argento, scritta in tandem con l’allora sconosciuto gruppo romano di rock progressive dei Goblin, ma solo dopo che il compositore, legittimamente risentitosi per alcuni poco lusinghieri apprezzamenti del regista sul suo lavoro, aveva sbattuto la porta. Con Argento peraltro Gaslini aveva già collaborato per la curiosa tavolozza musicale risorgimentale di Le cinque giornate (1973) e per la serie televisiva La porta sul buio (1973), dimostrando un eclettismo e una disponibilità non comuni, e già esperite in prodotti decisamente di serie B come Le tue mani sul mio corpo (1970, Brunello Rondi), Un omicidio perfetto a termine di legge (1971, Tonino Ricci), Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile (1972, Roberto Bianchi Montero) e La notte dei diavoli (1972, Giorgio Ferroni).
Tuttavia era stato molto prima, con La notte (1960) di Michelangelo Antonioni, che Gaslini aveva consegnato probabilmente il proprio capolavoro, all’insegna di un jazz metropolitano e catafratto, malinconico e asciutto, cui erano seguiti Un amore (1965, Gianni Vernuccio), Incontro d’amore (1970, Ugo Liberatore) e La pacifista (1970, Miklòs Jancsò): tutti sulla linea creativa di un linguaggio spregiudicato, spigoloso e geometrico, ma aperto a improvvisi, disarmanti illanguidimenti.
Uno stile, il suo, senza compromessi, riproposto anche in Kleinhoff Hotel (1977, Carlo Lizzani) e nella miniserie tv I ragazzi di celluloide (1981, Sergio Sollima), le sue ultime fatiche per lo schermo prima di tornare alla didattica, alla discografia e ai concerti. Artista completo e impegnato, intransigente ed eclettico, Gaslini aveva anche scritto diverse sinfonie, balletti e musica di scena, oltre ad aver “doppiato” Tony Musante nella direzione della Quinta Sinfonia di Beethoven e ad aver trascritto ed eseguito l’Adagio dal Concerto in re minore per oboe, archi e basso continuo nel film Anonimo veneziano (1970, Enrico Maria Salerno).
Pianista, direttore d’orchestra, compositore, docente e teorico con all’attivo numerosi trattati, Gaslini era l’alfiere di un jazz moderno, europeo, innovativo ne rigoroso, che accoglieva in sé tutte le istanze della tradizione americana coniugandole con le suggestioni più acute e avanzate dell’avanguardia.
Autore di decine di album, concertista provetto e didatta sensibile, Gaslini ha legato il proprio nome a non moltissimi ma significativi soundtrack, spaziando dal più élitario cinema d’autore a una produzione di genere nella quale eccelleva per vocazioni sperimentali e soluzioni spiazzanti. Sicuramente la sua fatica più celebre e controversa è la partitura inquietante e ossessiva per Profondo rosso (1975) di Dario Argento, scritta in tandem con l’allora sconosciuto gruppo romano di rock progressive dei Goblin, ma solo dopo che il compositore, legittimamente risentitosi per alcuni poco lusinghieri apprezzamenti del regista sul suo lavoro, aveva sbattuto la porta. Con Argento peraltro Gaslini aveva già collaborato per la curiosa tavolozza musicale risorgimentale di Le cinque giornate (1973) e per la serie televisiva La porta sul buio (1973), dimostrando un eclettismo e una disponibilità non comuni, e già esperite in prodotti decisamente di serie B come Le tue mani sul mio corpo (1970, Brunello Rondi), Un omicidio perfetto a termine di legge (1971, Tonino Ricci), Rivelazioni di un maniaco sessuale al capo della squadra mobile (1972, Roberto Bianchi Montero) e La notte dei diavoli (1972, Giorgio Ferroni).
Tuttavia era stato molto prima, con La notte (1960) di Michelangelo Antonioni, che Gaslini aveva consegnato probabilmente il proprio capolavoro, all’insegna di un jazz metropolitano e catafratto, malinconico e asciutto, cui erano seguiti Un amore (1965, Gianni Vernuccio), Incontro d’amore (1970, Ugo Liberatore) e La pacifista (1970, Miklòs Jancsò): tutti sulla linea creativa di un linguaggio spregiudicato, spigoloso e geometrico, ma aperto a improvvisi, disarmanti illanguidimenti.
Uno stile, il suo, senza compromessi, riproposto anche in Kleinhoff Hotel (1977, Carlo Lizzani) e nella miniserie tv I ragazzi di celluloide (1981, Sergio Sollima), le sue ultime fatiche per lo schermo prima di tornare alla didattica, alla discografia e ai concerti. Artista completo e impegnato, intransigente ed eclettico, Gaslini aveva anche scritto diverse sinfonie, balletti e musica di scena, oltre ad aver “doppiato” Tony Musante nella direzione della Quinta Sinfonia di Beethoven e ad aver trascritto ed eseguito l’Adagio dal Concerto in re minore per oboe, archi e basso continuo nel film Anonimo veneziano (1970, Enrico Maria Salerno).