04 Dic2014
Addio Manuel De Sica
Addio Manuel De Sica
Aggredito da un proditorio attacco cardiaco, se n’è andato a Roma a 65 anni Manuel De Sica, primogenito di Vittorio e Maria Mercader, fratello maggiore di Christian, compositore di rara finezza e gusto. Allievo di Bruno Maderna, autore di canzoni ma anche di musica sinfonica e cameristica, dove esibiva una sensibilità accesa per le atmosfere dell’avanguardia italiana del dopoguerra, De Sica ha svolto la parte iniziale della propria carriera sotto l’ala di papà Vittorio, esordendo nella musica per film a nemmeno vent’anni con il soundtrack di Amanti.
Due anni dopo, nel ‘71, ecco già l’esito più maturo e compiuto, sorprendente, di questo sodalizio artistico e familiare: Il giardino dei Finzi Contini, dal capolavoro di Giorgio Bassani, partitura vibrante e sensuale, di memorie ed emozioni, fitta di echi impressionisti, da Debussy a Faurè, e strumentata con una perizia calligrafica di alta scuola. A questi titoli erano poi seguiti Lo chiameremo Andrea, Una breve vacanza, sino a Il viaggio del ‘74; un rapporto, quello con il genitore, che il musicista avrebbe poi ripercorso nella sua biografia “Di padre in figlio” (Bompiani, 2013). Nel frattempo però De Sica allacciava collaborazioni con altri registi come Dino e Marco Risi, Pasquale Squitieri, Mario Camerini, Duccio Tessari, oltre ad alcuni titoli del fratello Christian, firmando anche la partitura per Pazzi borghesi (1977), di un maestro della Nouvelle Vague come Claude Chabrol. Stilisticamente portato ad un linguaggio multiforme e composito, De Sica praticava con eguale disinvoltura la strada di un severo classicismo (Il momento dell’avventura, 1983), di una istintiva vena popolaresca (Cuore di Comencini, 1984), di contaminazioni rock-etniche (Caffè Mocambo, 1986) o di moderne pulsazioni elettroniche (Dellamorte Dellamore, 1994). Si aggiudicò il Nastro d'argento nel ‘93 per il sensibile, toccante soundtrack di Al lupo al lupo di Verdone, e nel ‘96 il David di Donatello per quello di Celluloide di Carlo Lizzani, ricostruzione fedele dell’avventura neorealista attraverso la realizzazione di Roma città aperta di Rossellini, ossia di una stagione creativa della quale il padre Vittorio era stato uno dei protagonisti.
Manuel De Sica era anche scrittore, sceneggiatore, regista, fotografo, docente: una personalità curiosa di tutto, inesausta, estremamente ricettiva, sempre originale anche nelle occasioni di più facile e corriva routine. Un artista completo, riservato e colto; che lascia nel mondo del cinema - e della sua musica - un vuoto maggiore di quanto si possa pensare (vi rimandiamo alla nostra intervista alla carriera sulla ex rivista cartacea N° 4 Gennaio/Febbraio 2004).
Aggredito da un proditorio attacco cardiaco, se n’è andato a Roma a 65 anni Manuel De Sica, primogenito di Vittorio e Maria Mercader, fratello maggiore di Christian, compositore di rara finezza e gusto. Allievo di Bruno Maderna, autore di canzoni ma anche di musica sinfonica e cameristica, dove esibiva una sensibilità accesa per le atmosfere dell’avanguardia italiana del dopoguerra, De Sica ha svolto la parte iniziale della propria carriera sotto l’ala di papà Vittorio, esordendo nella musica per film a nemmeno vent’anni con il soundtrack di Amanti.
Due anni dopo, nel ‘71, ecco già l’esito più maturo e compiuto, sorprendente, di questo sodalizio artistico e familiare: Il giardino dei Finzi Contini, dal capolavoro di Giorgio Bassani, partitura vibrante e sensuale, di memorie ed emozioni, fitta di echi impressionisti, da Debussy a Faurè, e strumentata con una perizia calligrafica di alta scuola. A questi titoli erano poi seguiti Lo chiameremo Andrea, Una breve vacanza, sino a Il viaggio del ‘74; un rapporto, quello con il genitore, che il musicista avrebbe poi ripercorso nella sua biografia “Di padre in figlio” (Bompiani, 2013). Nel frattempo però De Sica allacciava collaborazioni con altri registi come Dino e Marco Risi, Pasquale Squitieri, Mario Camerini, Duccio Tessari, oltre ad alcuni titoli del fratello Christian, firmando anche la partitura per Pazzi borghesi (1977), di un maestro della Nouvelle Vague come Claude Chabrol. Stilisticamente portato ad un linguaggio multiforme e composito, De Sica praticava con eguale disinvoltura la strada di un severo classicismo (Il momento dell’avventura, 1983), di una istintiva vena popolaresca (Cuore di Comencini, 1984), di contaminazioni rock-etniche (Caffè Mocambo, 1986) o di moderne pulsazioni elettroniche (Dellamorte Dellamore, 1994). Si aggiudicò il Nastro d'argento nel ‘93 per il sensibile, toccante soundtrack di Al lupo al lupo di Verdone, e nel ‘96 il David di Donatello per quello di Celluloide di Carlo Lizzani, ricostruzione fedele dell’avventura neorealista attraverso la realizzazione di Roma città aperta di Rossellini, ossia di una stagione creativa della quale il padre Vittorio era stato uno dei protagonisti.
Manuel De Sica era anche scrittore, sceneggiatore, regista, fotografo, docente: una personalità curiosa di tutto, inesausta, estremamente ricettiva, sempre originale anche nelle occasioni di più facile e corriva routine. Un artista completo, riservato e colto; che lascia nel mondo del cinema - e della sua musica - un vuoto maggiore di quanto si possa pensare (vi rimandiamo alla nostra intervista alla carriera sulla ex rivista cartacea N° 4 Gennaio/Febbraio 2004).