Addio Sergio Miceli
Addio Sergio Miceli
La musica cinematografica intesa come linguaggio, oggetto di analisi, campo di differenze e genere culturale fondante della modernità perde, a qualche anno di distanza da Ermanno Comuzio, un altro dei suoi massimi indagatori e studiosi: se n'è infatti andato a 72 anni, dopo una lunga malattia, Sergio Miceli, docente universitario, organizzatore di convegni, autore di innumerevoli scritti e volumi sulla materia, e non da ultimo forse il più attento e scrupoloso esegeta dell'opera di Ennio Morricone, cui lo legava da decenni anche una fortissima amicizia personale.
In realtà, se Comuzio aveva per primo (e a lungo in solitaria) “svezzato” la critica cinematografica anche alla pratica dell'ascolto musicale, catalogando e classificando con puntualità esaustiva tutto ciò che dal pentagramma passava sullo schermo e sottolineando come il linguaggio musicale potesse e dovesse divenire parte essenziale di quello filmico, Miceli aveva rotto il tabù, ottuso e coriaceo, che la musicologia “ufficiale” riserva alla musica per film, perlustrandone oltre agli aspetti più strettamente linguistici anche quelli psicologici, storici, strutturali, in una visione multiculturale ampia e onnicomprensiva, che non si limitava allo studio dei soliti tre o quattro casi “di scuola” ma affrontava tutti i generi, gli autori, le tendenze nazionali, individuandone le pratiche estetiche e artistiche così come quelle più di consumo (“Arte e artigianato”, si sottotitola non a caso in una delle sue pubblicazioni), ed applicando alla materia un metodo che sapeva essere specialistico ma anche divulgativo, mai tecnicistico.
Uomo non facile, carattere fumantino nella miglior tradizione dei nativi fiorentini, pignolo e “scientifico” sino a rasentare l'acribia (se provavate a dire “musica DA film” davanti a lui venivate fulminati dal suo sguardo azzurro), capace di grandi passioni e travolgenti simpatie ma anche di ostinate, rancorose esclusioni, Sergio Miceli ha animato gli studi della musica filmica negli ultimi quarant'anni con una dedizione assoluta e fino all'ultima delle sue inesauribili energie, promuovendola anche – e finalmente – a materia d'insegnamento (tra le università di Firenze e Roma e il Conservatorio “Cherubini” del capoluogo toscano), e aprendo con ciò la strada da vero pioniere ad una pratica di docenza che avrebbe fatto poi proseliti, tra i quali chi qui si firma.
Impossibile ricordare tutti i convegni, gli incontri, le conferenze, le iniziative di cui Miceli è stato animatore in Italia e all'estero: ci limiteremo a ricordare l'ultimo simposio tenutosi a Roma, Santa Cecilia, e cui abbiamo potuto partecipare di persona, cinque anni fa, dedicato al centenario parallelo della nascita di Nino Rota e Bernard Herrmann, e da Miceli curato insieme a Roberto Giuliani. Un incontro nel corso del quale Miceli aveva tenuto una relazione incentrata sulla sequenza dei titoli di testa di Obsession (Complesso di colpa, 76, Brian De Palma), musicata da Herrmann.
Quanto alle pubblicazioni, ci accontentiamo di citare “Musica e cinema nella cultura del Novecento” (Sansoni 2000), “Musica per film – Storia, estetica, analisi e tipologie” (Ricordi, 2009), e “Morricone, la musica, il cinema” (Ricordi Mucchi, 94): se nei primi due la vastità del campo di osservazione è circoscritta da un ferreo metodo scientifico e da una lucida visione storiografica, tale da consentire un dipanarsi coerente e fluido delle diverse teorie e applicazioni di musica e immagine, nel suo studio morriconiano colpiscono l'intuito e la chiarezza espositiva con cui Miceli individua già nelle primissime, apparentemente trascurabili fatiche del maestro (si pensi al suo lavoro di arrangiatore “leggero”) i germi del futuro, sommo compositore per il cinema, nel ripetersi di alcune organizzazioni armoniche e melodiche, nel ricorrere di alcune soluzioni strumentali, più in generale nell'abbandono sempre più radicale di procedure compositive tradizionali a favore di una spinta innovativa propulsiva, capace di tenere insieme, governati da un unico pensiero musicale ed “(est)etico” le canzoni di Morandi e Mina, l'improvvisazione di avanguardia di Nuova Consonanza e i western di Sergio Leone.
Intellettuale a tutto campo (in gioventù aveva studiato pittura e storia dell'arte), animato da grande passione civile, spirito fieramente laico, mente critica lungimirante e multidisciplinare, Sergio Miceli lascia un grande vuoto tra gli appassionati a vario titolo di musica per immagini: è anche grazie a lui e alla mole di opere e testimonianze che ci consegna se, oggi, essi possono non sentirsi più una setta stravagante, dedita ad un hobby costoso e bizzarro, ma una comunità sempre più numerosa e coesa dalla condivisione della musica “per” film come grande, insostituibile patrimonio culturale del nostro tempo.