In ricordo di Ennio Morricone
In ricordo di Ennio Morricone: redattori e amici della nostra rivista ne parlano con passione e commozione
Ricordando Ennio Morricone
Di Randolph Carter
Prima o poi, doveva accadere. Una caduta in casa ha fermato il flusso di note che da sessant’anni ha accompagnato e plasmato tanto cinema italiano e non. De mortuis nil nisi bonum dicevano gli antichi; e tuttavia nel caso di Ennio Morricone il dirne bene è una semplice constatazione oggettiva, scevra dalla retorica e dagli abbellimenti che costellano i necrologi. Né vogliamo incorrere nell’orazion funebre come la chiamò Alessandro Manzoni riguardo al cardinale Federigo Borromeo. Piuttosto, sottolineare alcuni aspetti del suo profilo di compositore a tutto tondo.
In primo luogo, sarebbe ingiusto ricordarlo come “musicista del cinema”, richiamandosi magari all’esperienza – fondamentale per altro - del western italiano. Sì, al cinema diede moltissimo creando un linguaggio nuovo per tutti generi (oltre al western, leoniano e non, il giallo thriller, il noir urbano, la commedia, le pellicole “impegnate” ed autoriali; solo il cinema estremo gli è mancato), collaborando con moltissimi registi (memorabili i sodalizi con Leone, Tornatore, Bolognini, Montaldo, Petri, Pasolini) non solo italiani (De Palma, Polanski, Almodovar, Levinson, Tarantino). Ma fu anche compositore “assoluto”, cioè autore di musiche “sciolte” dall’occasione contingente del film, legate anch’esse a qualche committenza e però con ben maggiore libertà. E sono all’incirca cento titoli, dallo splendido “Concerto per orchestra” del 1957 alle “Varianti per Ballista Antonio e Canino Bruno” di inizio 2017, e dunque un’attività tutt’altro che occasionale e che rivendicava con orgoglio.
Taluni sostengono che il meglio lo abbia dato “per il cinema”. Il giudizio, non facile, alla posterità. Di certo, il grande pubblico conosce ed ama la sua musica del cinema, nella quale riusciva ad essere “popolare” senza semplificazioni e banalizzazioni, anzi effettuando esperimenti crittati che sfuggivano al profano e che erano per lui occasioni di “riscatto”. L’altra sua musica è meno immediatamente fruibile e richiede una pazienza d’ascolto oggi forse poco praticabile. Il Maestro aveva da ultimo tentato una sintesi tra i due linguaggi, pur sottolineando che si trattava di cose diverse. Che cosa rimarrà, della sua musica? Molto, crediamo. Per limitarci al cinema, egli appartiene a coloro che hanno fatto la storia della settima arte, che è anche musica (cinema e musica hanno in comune la temporalità, diceva sempre), e il suo nome si accampa accanto a quelli di Rota, Herrmann, Rozsa, Goldsmith, Williams, i maggiori insomma. Se un giorno si scriverà una storia della musica per il cinema, il capitolo a lui dedicato sarà esteso.
Ma Morricone non ci ha donato soltanto bellezza. Nella sua concezione della musica e della vita c’era qualcosa di profondamente etico, che possiamo sintetizzare parlando di etica del lavoro e volontà di riscatto. Ha lavorato molto, con il medesimo impegno nel film d’autore e in quello di cassetta, ponendosi al servizio (ma senza divenirne servo) dello spettacolo cinematografico e rispettando le esigenze – non sempre collimanti con le sue - dei registi. Allievo di Petrassi e proiettato verso la musica “colta” (il suo sogno era, crediamo, di essere il nuovo Petrassi, Nono, Berio…), obbligato a confrontarsi con le esigenze del mercato, cinematografico e non, si è sforzato di “riscattarsi” (il termine è ben suo) mantenendo una costante “dignità musicale” (altra espressione chiave) anche nelle occasioni più “leggere” (“Se telefonando”, un capolavoro: a dimostrazione che anche la canzone può essere arte) e, appunto, non recidendo il cordone con la sua formazione primaria.
La scalata alla gloria (è il titolo di una sua composizione) culminò nel 2016 con l’Oscar per The Hateful Eight di Tarantino (più importante di quello precedente “alla carriera”) e il suo nome impresso nella Walk of Fame. Fu quello l’anno di En mai fais ce qu’il te plait, La corrispondenza e, appunto, il western tarantiniano, tre risultati pienamente autoriali. Dopo, un silenzio dovuto all’intensa attività di direttore della propria musica con concerti in tutto il mondo sempre sold out.
Un silenzio pesante e che tuttavia si alimentava della speranza di nuova musica a venire. Una speranza venuta definitivamente meno, calato il sipario d’improvviso nel luglio di un anno tanto strano. Ci saranno, adesso, commemorazioni, celebrazioni, testimonianze, speciali, una risonanza mediatica enorme. Dopo, affinché non cali l’oblio, occorrerà attivarsi in vari modi, dalla pubblicazione di inediti alla creazione di qualche ente che promuova la ricerca, lo studio, la (ri)scoperta dell’opera omnia di un musicista che non lascia eredi. Il lavoro è ciclopico, già di archiviazione e sistemazione di un patrimonio musicale immenso, per non parlare delle complesse questioni filologiche. Lo si è fatto per Nino Rota, il maestro romano lo merita del pari.
Grazie per le melodie e per la pura poesia Ennio Morricone!
di Pietro Rustichelli
co-fondatore e Art Director di ColonneSonore.net
La straordinarietà della musica (“tutta” la musica) sta nell’essere al contempo espressione artistica (anche tecnico-artigianale) di un’artista, ma anche esperienza emotiva collettiva che però va a toccare le più profonde corde della spiritualità personale, così che dalle stesse poche note condivise con il mondo, ognuno si costruisce un vissuto soggettivo unico ed irripetibile.
Non starò qui ad elencare o ad analizzare i motivi e le opere per cui il Maestro Morricone è stato un pilastro dell’arte e della cultura non solo italiana e non solo cinematografica (in tanti lo faranno molto meglio di me, in questi giorni) ma mi limito, nel ricordo degli incontri avuti in questi anni (soprattutto alla Casa del Cinema nel 2007) al fatto, per niente banale, che l’intuizione di fondare Colonne Sonore (prima cartacea, poi ColonneSonore.net) nacque in Piazza Bra a Verona, sull’onda dell’emozione del primo, storico, toccante Arena Concerto del 28 Settembre 2002.
Certo, io, Massimo Privitera, Maurizio Caschetto e Alessio Coatto (il nucleo autentico dei fondatori) ci eravamo già incontrati nel Luglio dello stesso anno in uno storico Meeting legato al Fan Forum di John Williams, ma fu con Ennio Morricone che si aprì la possibilità di questa avventura (e di una grande amicizia, che dura ormai da quasi 20 anni). In poche parole, tra le varie “magie” di cui è stato capace il Maestro, c’è sicuramente il fatto che ColonneSonore sia una realtà, e che la Musica per Film sia ormai riconosciuta come forma d’arte a tutto tondo.
Ci mancherà umanamente tantissimo, ma resterà con noi grazie al suo immenso lavoro.
Grazie per le melodie e per la pura poesia, grazie per i contrappunti e le sperimentazioni, grazie per la cura che ha infuso in ogni singola nota uscita dalla sua matita e resa viva dalle sue interpretazioni. Grazie Maestro!
Grazie Maestro. Ora sei finalmente diventato Musica!
Di Maurizio Caschetto
co-fondatore di ColonneSonore.net
E così, in un caldo lunedì di Luglio, nel corso di un vero e proprio annus horribilis, il Maestro dei Maestri Ennio Morricone esce di scena, in modo sommesso e silenzioso, “senza voler disturbare”, come dice nello straziante necrologio scritto di suo pugno solo pochi giorni fa, quando probabilmente sentiva che la sua fine nel mondo fisico era vicina. Lascia un vuoto enorme nel mondo della musica e della cultura in generale, che difficilmente potrà essere colmato. Se è vero che è l’opera, non l’artista, a contare, è altrettanto innegabile che agli artisti ci si affeziona, in particolar modo se il carattere è umano e genuino come quello del Maestro Morricone, figura di fama e prestigio internazionali eppure altrettanto “locale”, italiano e romano. Il mio personale rapporto con la musica di Ennio Morricone inizia alla fine degli anni ‘80, quando uno dei miei fratelli portò a casa il disco di Mission. Probabilmente alcune delle sue musiche facevano già parte della mia memoria “per osmosi”, visto che in quegli anni la sua musica imperversava anche in TV tra passaggi televisivi di classici da lui musicati, sceneggiati rinomati e spot pubblicitari. Ma fu la musica del film di Roland Joffe con Robert De Niro e Jeremy Irons, nella scaletta e nella presentazione impareggiabile contenuta in quel disco su etichetta Virgin Records, ad esercitare un vero e proprio incantesimo.
Ero già molto affezionato alle musiche di John Williams per i film di Lucas e Spielberg, dunque il suono dell’orchestra era qualcosa a me familiare. Ma la musica di Morricone conteneva qualcosa di diverso, di più intimo e meditabondo, capace di arrivare anche alle orecchie di chi aveva a malapena poco più di 10 anni. Da lì in avanti, col passare degli anni, è stato un viaggio di (ri)scoperta, da Gli intoccabili ai film di Sergio Leone passando per Nuovo Cinema Paradiso, per poi approfondire anche il Morricone meno noto e più sperimentale, in un viaggio che non è mai davvero terminato (ancora oggi sono numerose le partiture del Maestro che devo ascoltare).
Ennio Morricone era un compositore devoto alla sua arte, che esercitava con disciplina e rigore ferrei, quasi monacali. Non si fermava all’apparenza o al primo livello, non usava trucchi o strategie. Per lui la composizione era un atto profondo di studio e di grande operosità (“Scrivere musica è un mestiere faticoso”, ha detto tante volte). Chiuso nel suo studio, seduto alla scrivania con carta e matita, senza alcun ausilio, nemmeno un pianoforte, soltanto lui e le note da scrivere sul pentagramma. Morricone era un artista intransigente prima di tutto con sé stesso, alla ricerca di un ideale di perfezione e di equilibrio che inseguiva da una vita. Era categorico nel distinguere e definire le differenze tra la cosiddetta musica assoluta e quella applicata. “C’è un divario enorme tra le due, ma questo non significa che esista una musica di serie A e una cosiddetta minore”, ha detto. Si è dedicato con la stessa serietà e con lo stesso rigore ad ogni commissione, senza per questo mai scivolare nel mestiere. Fossero gli arrangiamenti esuberanti per Edoardo Vianello e Gianni Morandi o la musica per un film di serie B come Orca assassina, fosse la faticosa intesa con un personaggio di grande spessore intellettuale come Pier Paolo Pasolini o una star hollywoodiana come Warren Beatty, il Maestro Morricone non ha mai lesinato in impegno e dedizione, perseguendo un ideale di eccellenza e rigore davvero inediti.
Ennio Morricone non era solo un musicista di fine intelletto e un compositore geniale. Era un vero “cineasta”, nel senso più ampio e nobile del termine. Sapeva essere sia collaboratore umile che alleato potente di registi e filmmaker della guisa più varia. Sapeva entrare nelle pieghe nascoste del “fotografico” (come amava lui chiamare il film), ne coglieva le sfumature e gli aspetti reconditi, intuiva potenza espressiva e capacità di racconto, arrivando a magnificarne il carattere più vero, riuscendo a rendere visibile ciò che non si vedeva e udibile ciò che non poteva essere sentito. Sarebbe sterile fare il solito elenco di sequenze e temi musicali che sono entrati nella Storia del Cinema, e forse non basta un giorno intero a enumerarli. E’ mia personalissima opinione che la scena dell’arrivo alla stazione di Claudia Cardinale in C’era una volta il West di Sergio Leone sia forse la sintesi più alta e inarrivabile della poetica morriconiana e della potenza trascendentale della sua musica.
Qualcuno di saggio una volta disse che la vita è un credito che viene elargito quotidianamente, ed è bene ricordarselo pressoché ogni giorno. Ennio Morricone ha camminato in questo mondo per oltre 90 anni, ha avuto una vita lunga, ricolma di successi, riconoscimenti e soddisfazioni. Con la sua musica ha comunicato bellezza, amore e gratitudine, condividendo il suo talento con il mondo intero. Quando si è contemporanei di artisti di questa portata si dà per scontata la loro presenza fisica, poiché la musica, sebbene invisibile e impalpabile, è ciò che di più simile possiamo avvicinare al concetto insondabile di eternità. Ebbene, Morricone è già eterno, nel pantheon dei Grandi, e non parlo solo dei compositori di musica per film, ma dei Grandi come Bach, Beethoven, Mozart, Mahler, Stravinsky, C’ajkovskij. La sua opera fa parte della nostra cultura e della nostra ricchezza e di questo dobbiamo essergliene grati per sempre. In questo momento di vero lutto nazionale è molto difficile ascoltare la sua musica senza essere travolti dall’emozione e dalla commozione. Forse oggi è giusto offrigli un tributo attraverso il silenzio, che poi è il luogo dove la musica nasce. Prima della musica c’è solo il silenzio, così come il silenzio è ciò che segue la fine della musica. Comporre musica è l’atto più simile a quello della Creazione. E forse è per questo che oggi tutti coloro che amano la musica e il cinema sentono che questo umile artigiano, devoto alla sua ferrea disciplina, a cui abbiamo voluto un gran bene come ne vogliamo a un amico o a un familiare stretto, si sia infine trasformato in quel suono che lui ha inseguito per tutta la sua vita.
Grazie Maestro. Ora sei finalmente diventato Musica, che vivrà per sempre sino alla fine dei giorni.
Requiescat in Pace.
L’”Italianità” di Ennio Morricone
di Alessio Coatto
co-fondatore di ColonneSonore.net
Quando se ne va un artista la cui musica ti ha accompagnato per tutta la vita e cerchi le parole più giuste per omaggiarlo, è praticamente impossibile evitare di cadere nell’autobiografico, e di finire con lo scrivere quasi più di se stessi che dell’oggetto della propria venerazione.
Se poi il tuo idolo è un Maestro celebrato e amato in tutto il mondo da decenni, un altro pericoloso scoglio è quello della banalità, e di abusare involontariamente di formule retoriche consumate dall’uso.
E poi c’è il rischio del sentimentalismo, tipico di questo genere di scritti.
Per questo motivo ho pensato di buttare giù qualche riga autobiografica, banale e sentimentale sulla scomparsa di un grande musicista: Ennio Morricone.
Se devo pensare alle prime volte che sono stato cosciente della sua musica, credo di dover risalire ai primi anni Ottanta (avevo circa 10 anni) e alle sue colonne sonore per alcuni importanti sceneggiati televisivi, super produzioni che all’epoca avvincevano milioni di telespettatori: Marco Polo, I Promessi Sposi, Il segreto del Sahara... In quel decennio – così formativo per il mio futuro gusto musicale e cinematografico – il Maestro stava vivendo una seconda giovinezza artistica, e la sua musica era un po’ dappertutto, non solo al Cinema e in TV, ma persino in alcuni celebri spot pubblicitari. Scoprii le sue colonne sonore più note grazie ai primissimi passaggi televisivi dei film di Sergio Leone su Rai 1, che all’epoca (insieme ad alcune pellicole di Hitchcock che, per una questione di diritti, erano rimaste bloccate per anni) facevano 10, 11, 12 milioni di telespettatori: numeri oggi assolutamente impensabili per qualsiasi film, tantomeno per vecchi classici del cinema. E contemporaneamente, nelle Sale, alcune collaborazioni del Maestro con rinomati registi d’Oltreoceano regalavano al mondo le musiche leggendarie di La cosa, Gli intoccabili e Mission.
Se il primo CD di musica da film che acquistai in quei lontani anni Ottanta fu la colonna sonora di Psycho di Herrmann, la compilation che raccoglieva le pagine più celebri scritte da Morricone per i film di Leone fu probabilmente il secondo o il terzo; e insieme a Bernard Herrmann e John Williams (quello fu anche il decennio del dominio incontrastato di Steven Spielberg nel cinema d’intrattenimento americano e nell’immaginario di milioni di adolescenti), il Maestro romano divenne molto velocemente uno dei miei miti musicali.
Di ogni artista si dice che è facilmente riconoscibile, che le sue opere portano una firma immediatamente riconducibile alla sua mano, al suo ingegno, alla sua ispirazione: una verità un po’ banale, ma ancora più vera nel caso di Morricone. Quei lunghi pedali degli archi, sorta di musicale brodo primordiale, dai quali germogliano melodie struggenti, spesso affidate alla splendida voce sopranile di Edda Dell’Orso; il ricorso a materiali sonori eterogenei, anche di provenienza “bassa” quando non addirittura volgare; le orchestrazioni originalissime e sorprendenti; il rilievo sovente barbarico dell’elemento ritmico.
Ma c’è un aspetto della musica di Morricone, quello per me più evidente e al tempo stesso evanescente, che è difficile verbalizzare senza rischiare di sciuparlo – specie in quest’epoca malata di sovranismi e patriottismi mal intesi – ed è quello della sua “italianità”. Per un italiano è impossibile non riconoscersi nell’autoironia di certe marcette bislacche e claudicanti, nel pomposo incedere di una melodia marziale sbeffeggiata da una strumentazione irriverente, nello slancio ingenuo ed entusiasmante di un improvviso Allegro, ma soprattutto nell’onnipresente, irredimibile malinconia che si cela anche dietro lo spunto melodico più svagato.
Ecco, come dicevo all’inizio, la musica di Morricone ha accompagnato tutta la mia vita, ha modellato il mio gusto – il mio amore per i suoi grandi colleghi, Nino Rota su tutti, e per i più importanti protagonisti del Melodramma italiano, a cominciare da Giuseppe Verdi – ma soprattutto ha contribuito a fare di me l’uomo ironico, entusiasta, indolente, un po’ ridicolo e profondamente malinconico che sono oggi.
Grazie, Maestro. Buon viaggio.
La Voce del Suono
Ricordi di vita sulle note di Ennio Morricone
Di Andrea Rurali
Scrivere in certi momenti è davvero complicato. Lo è ancor di più quando viene a mancare una persona a noi cara, che ci ha guidato e accompagnato per gran parte della nostra esistenza. Che ci ha insegnato ad amare e comprendere gli altri, a sognare e ad emozionarci, a vivere per donare - sempre e comunque - senza pretendere nulla in cambio, senza dare per avere. Ho avuto la fortuna di conoscere la bontà, l’allegria e la gentilezza di una persona speciale, nonna Marta, scomparsa tre mesi fa a 76 anni. Una donna d’altri tempi che riempiva le giornate più buie con il suo sorriso splendente, che colorava di speranza e positività ogni giorno. Perché per lei l’importante era guardare avanti, proseguire il cammino, con la luce negli occhi per illuminare il domani. Ha lasciato un vuoto, un vuoto difficile da colmare. Un vuoto che trova sfogo nelle mie passioni, nelle vecchie abitudini, nel dolore che cerco di trasformare in ricordo felice attraverso gesti, immagini e “sentimenti musicali”.
Confesso di rifugiarmi nell’arte per tentare di superare periodi adombri, di sconforto, complessi da metabolizzare. È grazie al cinema e alla musica che riesco ad aprire l’ermetica scatola dei ricordi e a commuovermi. Così la mente vola, viaggia tra i fotogrammi e le note, ripercorrendo quell’album pieno di bellissime istantanee, di frammenti indelebili, di pezzi di un passato che, inevitabilmente, rivivono nel presente grazie al romanticismo della rievocazione.
Mi capita spesso di pensare a mia nonna. La prima immagine che va ad innescare le mie sinapsi è quella di Claudia Cardinale, nel suo ieratico viaggio in carrozza verso Sweetwater in C’era una volta il West di Sergio Leone. Una scena bellissima, impreziosita dalla struggente partitura di Ennio Morricone che celebra il profondo legame, il grado solenne di appartenenza, tra fotogrammi e note. È una magnifica connessione fra intimità, trascorsi personali, fotogrammi e musica, che dipinge cartoline di vita destinate ad accompagnarci fino alla fine.
Le mie polaroid hanno un grande valore affettivo e un comune denominatore: la musica del Maestro Morricone, un’ideale compagna di viaggio per riassaporare i ricordi e cristallizzarli il più a lungo possibile.
Ce ne sono tre in particolare, quelle che hanno una dote simbolica e meritano un posto d’onore nel podio dei ricordi.
La prima risale al 2012, quando andai al cinema a vedere con mio padre l’edizione integrale da 4 ore e 19 minuti di C’era una volta in America. Fu un’esperienza incredibile, qualcosa di magico e toccante, che solo l’atmosfera della sala poteva rendere unica.
La seconda è stata “immortalata” il 4 luglio 2013 a Sordevolo, in provincia di Biella. Nella suggestiva cornice dell’anfiteatro all’aperto del paese ho avuto l’onore, sempre insieme a mio padre, di assistere ad un concerto dal vivo di Ennio Morricone. L’attesa spasmodica e l’adrenalina pre-evento furono ripagate da un live straordinario, toccante, in cui, per l’occasione, il Maestro si trovò a dirigere l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e il Coro Lirico Sinfonico di Verona aprendo con il tema de Gli intoccabili e proseguendo poi con le musiche di C’era una volta in America, La leggenda del pianista sull’oceano, Il clan dei Siciliani, Metti, una sera a cena, Nuovo Cinema Paradiso, Baaria e Mission. E poi, dulcis in fundo, un tassello immancabile del suo repertorio: il medley western con Il buono, il brutto, il cattivo, C’era una volta il West e Giù la testa. Impossibile trattenere le lacrime durante l’esibizione, prima, e la lunghissima standing ovation, dopo, ad omaggiare una delle più grandi eccellenze italiane (e internazionali) di sempre, il Maestro dei Maestri.
La terza non ha una data: è uno scatto senza tempo (come il primo atto della seconda trilogia di Sergio Leone), l’immagine di nonna Marta scandita dal sinfonico score morriconiano di C’era una volta il West.
“Forse saremo musica. Mi piacerebbe che ci trasformassimo tutti in dei suoni. Non era ciò che sosteneva l’autore da lei citato all’inizio?". Marius Schneider? "Lui. In fondo, se in origine eravamo dei suoni, mi pare bello pensare che torneremo ad esserlo”.
Cosi Ennio Morricone, nell’intervista a cura di Antonio Gnoli (La Repubblica, 24 marzo 2014), parlava dell’importanza e del valore primordiale dei suoni. La speranza è che quel desiderio possa essersi avverato, ora che il Maestro ci ha salutato per l’ultima volta, andandosene in silenzio, in punta di piedi, come lui stesso avrebbe voluto: con la solita, smisurata riservatezza e la consueta eleganza con cui affrontava la vita, la sua professione, la musica.
Il Maestro correva un’ottava sopra a tutti, veloce come il vento, al confine tra la settima e l’ottava arte, in quel luogo-non luogo dove dimorano le colonne sonore e la musica per immagini. Una strada che in pochi sono riusciti a percorrere lasciando un segno tangibile, un lascito evidente, un’eredità panumana. Vibrazioni di corpi in oscillazione che insieme producono sensazioni, armonie e suoni. Gli stessi che sognava Morricone nel suo auspicio di metamorfosi post-mortem. Gli stessi che ci hanno emozionato e continueranno a riecheggiare in eterno.
Perché le emozioni non si adagiano nell’ombra del silenzio ma ci avvolgono, ci uniscono, ci rafforzano. E hanno una voce: quella unica e impareggiabile di Ennio Morricone.
Grazie Maestro!
…quella musica fantastica che da quel momento in poi non mi avrebbe mai più abbandonato
Di Cristiano Crippa
Non spetta a me raccontare la grandezza del Maestro Morricone però vorrei ricordare quando lo incontrai la prima volta. Fin da bambino, circa all’età di 4 anni, grazie a mio nonno, grande appassionato di western, iniziai a frequentare in sua compagnia i cinema milanesi di seconda visione dai nomi più fantasiosi e vivaci come Zodiaco oppure ABC, soprannominato da mio nonno in dialetto,“Il trapula”. In uno di questi luoghi ameni, pieni di fumo, con le sedie di legno scomodissime e con la possibilità di vedere lo stesso film tutto il giorno pagando un solo biglietto, un pomeriggio mi accompagnò a vedere Il buono, il brutto, il cattivo. Due furono le cose che mi restarono impresse per il resto della vita, perché a quell’età era difficile comprendere totalmente il senso di quel film, il duello finale e quella musica fantastica che da quel momento in poi non mi avrebbe mai più abbandonato. Grazie Ennio!
Ennio, mio carissimo...
Di Nicola Schittone