03 Lug2014
Un eroe borghese
Pino Donaggio
Un eroe borghese (1995)
Emergency Music Italy / Legend CD 19
23 brani - Durata: 44'54''
35 anni fa, l'11 luglio 1979, veniva assassinato a Milano l'avvocato Giorgio Ambrosoli, che era stato nominato commissario liquidatore delle banche di Michele Sindona, potente banchiere e criminale siciliano. Nel 1991 il giornalista e scrittore cremonese Corrado Stajano pubblicò per Einaudi un libro-inchiesta intitolato Un eroe borghese: il caso dell'avvocato Giorgio Ambrosoli assassinato dalla mafia politica, dal quale quattro anni più tardi Michele Placido ne ha tratto un lungometraggio con protagonisti Fabrizio Bentivoglio (nei panni di Ambrosoli) e Omero Antonutti (in quelli di Sindona).
Tema scottante e di non facile esposizione, quindi assolutamente adatto per la cinepresa di Placido che, a buona ragione, lo ritiene il suo film più riuscito insieme a Vallanzasca – Gli angeli del male (uscito nel 2011). Mereghetti gli destina solidi consensi e profluvio d'inchiostro scrivendo che Placido «perfetto direttore d'attori, si dimostra acuto anche nella scelta del doppio tono registico, evidenziato dalla bella fotografia “alternata” di Luca Bigazzi: solo in famiglia ci sono calore e colore, mentre la grigia e plumbea Milano rimanda senza appello alla freddezza e al disinteresse che all'epoca circondò questo “eroe borghese”». Nel cast artistico, con parti minori, anche Giuliano Montaldo e Ricky Tognazzi. Mereghetti ricorda anche «Musica di Pino Donaggio». La OST composta da Donaggio (prodotta da Emergency Music Italy e pubblicata in CD dall'etichetta Legend, dal 2009 disponibile anche in download digitale) in qualche modo rispetta l'impostazione stessa del film, ovvero se ne tiene a debita distanza cercando di non rubare il protagonismo delle immagini, non enfatizzandole con temi belli e memorabili, ma cercando di essere presente senza farsi notare, come una sorta di inquietante demiurgo che si forma e trasforma senza però lasciarsi mai afferrare. Prevale dunque un linguaggio minimalistico e rarefatto, con uso di ostinati d'archi ed effetti elettronici (creati da Paolo Steffan), che fondono il linguaggio del cinema action-noir con quello del cinema d'inchiesta già sperimentato per i film di Ferrara. Qui però troviamo maggior compostezza ed essenzialità nell'uso degli archi e maggior staticità nell'impianto generale dei temi. Le tracce prototipo sono “Inverno 1981, Correctional Center N.Y.” e “Correctional Center N.Y.”, mentre l'inciso più ricorrente è di fatto una serie a estensione semitonale che, nel timbro clarinettistico, viene esposta quasi a tradurre le oscure interrogazioni che pian piano si impadroniscono della mente di Ambrosoli, ben presto consapevole di trovarsi in un affare molto grosso e pericoloso in totale solitudine. Se in “L'arrivo di Ambrosoli alla banca” il tema dapprima solistico, quando ancora tutto sta nascendo, è stancamente sostenuto da accordi pianistici e pennellate ritmiche degli archi, ne “La stanza nascosta” e “Intrighi in banca”, l'insieme strumentale ha già una strutturazione organicamente definita. Sono ancora i legni a tradurre lo stato di inquietudine e insondabile mistero che nella traccia “L'incarico” raccontano proprio questo momento interiore, poi sprigionato anche dalle pagine de “Il diario di Ambrosoli”, scoperto dalla moglie e sorta di profezia di un pericolo che incomincia a materializzarsi. Un nostalgico flauto, subito seguito da un oboe e da tocchi pianistici, tenta di rasserenare il contesto familiare, il livello registico nel quale Ambrosoli cerca la tranquillità e gli affetti; ma l'alone di inquietudine e la consapevolezza di un destino che porterà a un esito infausto non consentono agli strumenti di assumere posizioni sicure sul pentagramma e, passandosi la voce, sembra vogliano ricordare che qualcosa di insidioso deve succedere e la dolcezza può solo lenire e per certi versi rendere più doloroso il destino di un eroe in giacca e cravatta (traccia “Ambrosoli in famiglia”). Gli archi de “Riflessioni al lago” e i morbidi tocchi di pianoforte (con una breve progressione che, ovviamente per pura “assonanza di idee”, troveremo similare anche in Malèna di Morricone cinque anni più tardi) dei brani “Di ritorno dal lago” e “La moglie” sono gli unici appuntamenti coi sentimenti buoni e la connessione a una possibile salvezza o comunque a una fuga dal groviglio di fatti e corruzione che non risparmiò nemmeno gli alti vertici della burocrazia. Così in “Deposizione al Jury” il gioco pianistico ostinato di una manciata di note con salti sui gradi principali alterati fa da fondale all'inserto degli archi, prima in grave ma poi ripresi in acuto e ci riporta alla tavolozza del noir d'inchiesta donaggiano (Il caso Moro o Segreto di Stato), mentre le poche note gravi del clarinetto de “Avviso di morte” si appoggiano su un tappeto di synth e archi mentre dialogano con la loro maggior esigenza ritmica in “Pedinamento di Ambrosoli” e un andamento a inquietudine livellare lo ascoltiamo ne “La telefonata del picciotto”, con interessante through-composing in imprevedibile sviluppo sia negli episodi accordali sia nelle modalità timbriche e dinamiche. Ne “Gli ultimi minuti” gli archi tendono a un movimento e a una tematizzazione che rimane tuttavia sempre sospesa e irrisolta, quasi sorta di ritrovo di tutte le famiglie fin lì ascoltate nei loro rispettivi sviluppi di traccia, ora insieme per questo canto di morte incaptabile e bello, carico di forza melodrammatica, stenografia illustrativa per la consacrazione di una inevitabile cedenza eroica. Il pianoforte lounge di “Novembre” (maresciallo della Guardia di Finanza interpretato dallo stesso regista Placido) e la fisarmonica de “Il tram a Milano” e “Milano di notte” restano i momenti musicali e filmici più spensierati e positivi della pellicola, a riprova di quel doppio livello e del tentativo di trovare una giustizia al di fuori delle mura domestiche che invece viene delusa e insediata in poche persone, povere vittime di un sistema che le mette fuori gioco come i pedoni di una inintelligibile scacchiera. La maestria e le perle artigianali della scrittura donaggiana lo consacrano a compositore dalle doti sopraffine che, per farsi notare e apprezzare, non necessita di grandi temi e grandi mezzi, ma soltanto di belle immagini. David di Donatello al produttore Pietro Valsecchi (la cui Taodue Film venne fondata quattro anni prima) e David speciale a Michele Placido. Candidatura al David per le musiche di Donaggio in competizione con Il postino di Bacalov. Ma poi assegnato a Franco Piersanti per il film Lamerica...
Un eroe borghese (1995)
Emergency Music Italy / Legend CD 19
23 brani - Durata: 44'54''
35 anni fa, l'11 luglio 1979, veniva assassinato a Milano l'avvocato Giorgio Ambrosoli, che era stato nominato commissario liquidatore delle banche di Michele Sindona, potente banchiere e criminale siciliano. Nel 1991 il giornalista e scrittore cremonese Corrado Stajano pubblicò per Einaudi un libro-inchiesta intitolato Un eroe borghese: il caso dell'avvocato Giorgio Ambrosoli assassinato dalla mafia politica, dal quale quattro anni più tardi Michele Placido ne ha tratto un lungometraggio con protagonisti Fabrizio Bentivoglio (nei panni di Ambrosoli) e Omero Antonutti (in quelli di Sindona).
Tema scottante e di non facile esposizione, quindi assolutamente adatto per la cinepresa di Placido che, a buona ragione, lo ritiene il suo film più riuscito insieme a Vallanzasca – Gli angeli del male (uscito nel 2011). Mereghetti gli destina solidi consensi e profluvio d'inchiostro scrivendo che Placido «perfetto direttore d'attori, si dimostra acuto anche nella scelta del doppio tono registico, evidenziato dalla bella fotografia “alternata” di Luca Bigazzi: solo in famiglia ci sono calore e colore, mentre la grigia e plumbea Milano rimanda senza appello alla freddezza e al disinteresse che all'epoca circondò questo “eroe borghese”». Nel cast artistico, con parti minori, anche Giuliano Montaldo e Ricky Tognazzi. Mereghetti ricorda anche «Musica di Pino Donaggio». La OST composta da Donaggio (prodotta da Emergency Music Italy e pubblicata in CD dall'etichetta Legend, dal 2009 disponibile anche in download digitale) in qualche modo rispetta l'impostazione stessa del film, ovvero se ne tiene a debita distanza cercando di non rubare il protagonismo delle immagini, non enfatizzandole con temi belli e memorabili, ma cercando di essere presente senza farsi notare, come una sorta di inquietante demiurgo che si forma e trasforma senza però lasciarsi mai afferrare. Prevale dunque un linguaggio minimalistico e rarefatto, con uso di ostinati d'archi ed effetti elettronici (creati da Paolo Steffan), che fondono il linguaggio del cinema action-noir con quello del cinema d'inchiesta già sperimentato per i film di Ferrara. Qui però troviamo maggior compostezza ed essenzialità nell'uso degli archi e maggior staticità nell'impianto generale dei temi. Le tracce prototipo sono “Inverno 1981, Correctional Center N.Y.” e “Correctional Center N.Y.”, mentre l'inciso più ricorrente è di fatto una serie a estensione semitonale che, nel timbro clarinettistico, viene esposta quasi a tradurre le oscure interrogazioni che pian piano si impadroniscono della mente di Ambrosoli, ben presto consapevole di trovarsi in un affare molto grosso e pericoloso in totale solitudine. Se in “L'arrivo di Ambrosoli alla banca” il tema dapprima solistico, quando ancora tutto sta nascendo, è stancamente sostenuto da accordi pianistici e pennellate ritmiche degli archi, ne “La stanza nascosta” e “Intrighi in banca”, l'insieme strumentale ha già una strutturazione organicamente definita. Sono ancora i legni a tradurre lo stato di inquietudine e insondabile mistero che nella traccia “L'incarico” raccontano proprio questo momento interiore, poi sprigionato anche dalle pagine de “Il diario di Ambrosoli”, scoperto dalla moglie e sorta di profezia di un pericolo che incomincia a materializzarsi. Un nostalgico flauto, subito seguito da un oboe e da tocchi pianistici, tenta di rasserenare il contesto familiare, il livello registico nel quale Ambrosoli cerca la tranquillità e gli affetti; ma l'alone di inquietudine e la consapevolezza di un destino che porterà a un esito infausto non consentono agli strumenti di assumere posizioni sicure sul pentagramma e, passandosi la voce, sembra vogliano ricordare che qualcosa di insidioso deve succedere e la dolcezza può solo lenire e per certi versi rendere più doloroso il destino di un eroe in giacca e cravatta (traccia “Ambrosoli in famiglia”). Gli archi de “Riflessioni al lago” e i morbidi tocchi di pianoforte (con una breve progressione che, ovviamente per pura “assonanza di idee”, troveremo similare anche in Malèna di Morricone cinque anni più tardi) dei brani “Di ritorno dal lago” e “La moglie” sono gli unici appuntamenti coi sentimenti buoni e la connessione a una possibile salvezza o comunque a una fuga dal groviglio di fatti e corruzione che non risparmiò nemmeno gli alti vertici della burocrazia. Così in “Deposizione al Jury” il gioco pianistico ostinato di una manciata di note con salti sui gradi principali alterati fa da fondale all'inserto degli archi, prima in grave ma poi ripresi in acuto e ci riporta alla tavolozza del noir d'inchiesta donaggiano (Il caso Moro o Segreto di Stato), mentre le poche note gravi del clarinetto de “Avviso di morte” si appoggiano su un tappeto di synth e archi mentre dialogano con la loro maggior esigenza ritmica in “Pedinamento di Ambrosoli” e un andamento a inquietudine livellare lo ascoltiamo ne “La telefonata del picciotto”, con interessante through-composing in imprevedibile sviluppo sia negli episodi accordali sia nelle modalità timbriche e dinamiche. Ne “Gli ultimi minuti” gli archi tendono a un movimento e a una tematizzazione che rimane tuttavia sempre sospesa e irrisolta, quasi sorta di ritrovo di tutte le famiglie fin lì ascoltate nei loro rispettivi sviluppi di traccia, ora insieme per questo canto di morte incaptabile e bello, carico di forza melodrammatica, stenografia illustrativa per la consacrazione di una inevitabile cedenza eroica. Il pianoforte lounge di “Novembre” (maresciallo della Guardia di Finanza interpretato dallo stesso regista Placido) e la fisarmonica de “Il tram a Milano” e “Milano di notte” restano i momenti musicali e filmici più spensierati e positivi della pellicola, a riprova di quel doppio livello e del tentativo di trovare una giustizia al di fuori delle mura domestiche che invece viene delusa e insediata in poche persone, povere vittime di un sistema che le mette fuori gioco come i pedoni di una inintelligibile scacchiera. La maestria e le perle artigianali della scrittura donaggiana lo consacrano a compositore dalle doti sopraffine che, per farsi notare e apprezzare, non necessita di grandi temi e grandi mezzi, ma soltanto di belle immagini. David di Donatello al produttore Pietro Valsecchi (la cui Taodue Film venne fondata quattro anni prima) e David speciale a Michele Placido. Candidatura al David per le musiche di Donaggio in competizione con Il postino di Bacalov. Ma poi assegnato a Franco Piersanti per il film Lamerica...