26 Ago2014
Still Life
Rachel Portman
Still Life (Id. – 2013)
Kronos Records KRONCD050
23 brani – durata: 37’48”
Temi trattenuti, leggeri come una foglia al vento, quasi impalpabili: vedi il leitmotiv di “John Walks Home” con quel clavicembalo e l’arpa che la fanno da padroni o la chitarra classica sdoppiata del secondo tema, “String for Red Beads”, che si presenta in tutta la sua drammatica levità. “And the Address” sottolinea maggiormente la solitudine del protagonista e la sua accorata ricerca di dare un significato alla sua vita sempre uguale a se stessa, sottolineata dall’astrattismo dell’arpa, del piano e del violino in “John Gets the Sack” e lo struggente “Photos of Young Kelly”. Solo la Portman con la sua classicità tardoromantica e la poeticità del tocco poteva descrivere con raffinatezza e sobrietà, senza cadere nel facile patetismo, la storia di John May, un funzionario comunale dedicato alla ricerca dei parenti di gente morta in solitudine. Meticoloso e sensibile, John scrive discorsi celebrativi, sceglie le musiche adeguate per il funerale, assistendo in prima persona e raccogliendo le fotografie di uomini e donne che non hanno più nessun parente che li pianga e li ricordi. Tutto d’un tratto la sua vita tranquilla e basata soltanto sul suo lavoro di cui è appassionato fino all’esasperazione subisce un duro colpo, viene licenziato. Seppur confuso John chiede al suo datore di lavoro di concedergli pochi giorni per chiudere una questione in sospeso che gli sta a cuore con delle conseguenze che gli cambieranno una vita priva di affetti, amore e novità. Rachel Portman (Chocolat, Oliver Twist, Non lasciarmi) segna questo percorso dell’anima più che del corpo con tracce (“Snooker Club”, “Pork Pie”, “Trying Out Grave Site”, “Ghosts”) in cui pochi strumenti primeggiano (piano, violino, arpa, clavicembalo, chitarra, fisarmonica, clarinetto) infondendo alle note quei tratti marcati di tenerezza, abbandono, delicatezza e passione segreta che implode. I due temi che ruotano nell’arco della score sono quasi simili, girano su se stessi dandosi la mano e lasciandosela nel medesimo tempo, sempre sul filo dell’emozionalità contenuta (su tutti il piano commosso di “Book of Dead Long” e il suo contraltare “Book of Dead Short”). La ricerca finale di “Going to Find Kelly” corre tra le note di un violino, una spinetta e il piano che si inseguono e si ritrovano sul finire di un brano aleatorio e sospirante, che in “On Steps with Drunks” trova la sua naturale controparte trascinante, commovente e dal sorriso a denti stretti. Un sorriso che splende finalmente in “See You Tomorrow” dove il tema si fa aperto e rassicurante (uno dei pezzi migliori dell’album) nel quale la mano sicura della Portman nel scrivere partiture intimiste si nota in maggior misura. I meravigliosi “End Titles” chiudono una colonna sonora da ascoltare ad occhi chiusi non solo per rivivere le immagini delicate e sensibili di un film profondo e rigoroso, percorso da volti e sensazioni dense di umanità e compassione ma per comprenderne la poetica cantabilità appassionante. Da Vedere e Sentire assolutamente!