06 Gen2015
Senza buccia & Così fan tutte
Pino Donaggio
Senza buccia (1979)
Così fan tutte (1993)
Beat Records DDJ037
20 brani – durata: 52'16"
Le saltuarie parentesi "erotiche", più (Cavani, Brass) o meno (Aliprandi) autoriali, occupano nella filmografia di Pino Donaggio un ruolo marginale ma non per questo meno ragguardevole, anche se l‘interessato tende oggi a ricordare queste collaborazioni con un certo timido distacco. Si tratta in realtà di raffinati esercizi di stile musicale, indirizzati – come nei due casi in ispecie – verso percorsi molto familiari al compositore: la canzone pop e il repertorio classico, in particolare settecentesco. Qualunque pulsione "proibita" o comnunque trasgressiva veniva così rivestita, nelle partiture del maestro veneziano, da una confezione di nobilitante eleganza e di scorrevole gradevolezza, che contribuiva non poco a disinnescarne qualsiasi (raro) picco davvero osé.
Prendiamo Senza buccia, un "nudie" innocuo e balneare firmato da Marcello Aliprandi tra una Corruzione a palazzo di giustizia e una Morte in Vaticano, che annoverava nel cast Ilona "Cicciolina" Staller e la compianta Lilli Carati, e che in Donaggio, sodale del regista romano, vedeva una specie di "garante": il tono è quello della disco music a cavallo fra i '70 e gli '80, con due hit ("Lady fine" e "Skin deep"), su testi di Gianni Dell'Orso, dove i falsetti dei fratelli G. & M. Balestra rimandano inevitabilmente a quelli dei coevi Bee Gees. Siamo, come ricorda Fabio Babini nelle sue colorite note di accompagnamento di questa encomiabile riscoperta Beat Records dagli archivi Cinevox, negli anni della "commedia sexy" di casa nostra, merce all'epoca fortunata e che musicalmente si accompagnava a ripescaggi di repertorio o soluzioni stilisticamente prese a prestito dalle hit parade del momento. Ma per Donaggio, anche in una situazione così "leggera", conta soprattutto la sapienza del tocco e il disincantato approccio ai materiali; così, ad esempio, il lento pianistico "Daniele e Adriana" possiede tutti i tratti del lirismo malinconico e sorridente del musicista, con un giro di modulazioni struggenti e una linea di violini di aperta cantabilità, dal fraseggio intensamente sostenuto attraverso la direzione esperta di Pinuccio Pirazzoli. Analogamente, la scoppiettante "Ballata norvegese" è un pezzo danzante spigliato, che ruota intorno al tema principale con sonorità non convenzionali, così come il successivo "Pranzo a sorpresa".
Ma è inutile negare che tutto l'interesse per questa ristampa è puntato sulla riscoperta dello score di Così fan tutte, primo dei tre capitoli di collaborazione fra i due veneziani Tinto Brass e Donaggio (seguiranno Monella e Trasgredire), ma senz'altro quello più interessante per il compositore. Va da sè che il titolo mozartiano porta con sè una referenzialità forte, quasi obbligata, ed è un terreno nel quale il musicista si muove con tutta la disinvoltura che gli deriva dalle proprie radici classiche e accademiche. Ecco allora che "Mozartiana" (ripresa in "Lettera a Marikla", con una serie di elaborate variazioni per archi) appare pressoché sbalorditivo nel citazionismo del Salisburghese, con una frase che discende direttamente dall'Andante del KV467: l'incipit perfettamente mimetizzato scorre tuttavia subito in un arrangiamento popeggiante, che ricorda le parafrasi settecentesche all'epoca proposte da Giampiero Reverberi o le trascrizioni mozartiane di Waldo De Los Rios. È un sound familiare per il periodo, che mescolava la sintassi rigorosa del repertorio classico all'adrenalina scanzonata della trasgressione giovanilista: Donaggio se ne appropria con intenti assolutamente sdrammatizzanti, alleggerendo l'orchestrazione (input fedelmente seguito dalla direzione di Natale Massara) e levigando il suono in una carezzevole, maliziosa brillantezza. Tra l'altro vanno rimarcati gli aspetti comici, sempre ambivalenti in Brass ma palesi nella partitura, sino a punte caricaturali come il buffo dialogo tra violini, fagotto e tuba in "Il negozio" o "Ridere... ridere... ridere"; ma anche i momenti più spinti ("Porno in tv", "Sogno erotico") si trasfigurano in sonorità sognanti, liquescenti e romantiche, impedendo l'addensarsi di qualsiasi morbosità. Donaggio sa essere infatti un conversatore musicale smagato non meno che un esperto dosatore di sound "à la page" ("Botta d'allegria.").
Non sembra dunque che in questi frangenti il compositore soffrisse di particolari complessi d'inferiorità nei confronti di copioni e film senz'altro di seconda (e anche più indietro...) fila; né si nota una parrticolare discontinuità di stile con le contemporanee, ben più impegnative e concentrate, partiture per i thriller depalmiani. La personalità è unica e ben definita, e dimostra ancora una volta di saper cogliere il meglio dalle occasioni proposte, quali che esse siano, restituendo spesso in misura molto superiore al previsto (e al dovuto) freschezza, inventiva e sobrietà a pellicole di non certo memorabile caratura.
Senza buccia (1979)
Così fan tutte (1993)
Beat Records DDJ037
20 brani – durata: 52'16"
Le saltuarie parentesi "erotiche", più (Cavani, Brass) o meno (Aliprandi) autoriali, occupano nella filmografia di Pino Donaggio un ruolo marginale ma non per questo meno ragguardevole, anche se l‘interessato tende oggi a ricordare queste collaborazioni con un certo timido distacco. Si tratta in realtà di raffinati esercizi di stile musicale, indirizzati – come nei due casi in ispecie – verso percorsi molto familiari al compositore: la canzone pop e il repertorio classico, in particolare settecentesco. Qualunque pulsione "proibita" o comnunque trasgressiva veniva così rivestita, nelle partiture del maestro veneziano, da una confezione di nobilitante eleganza e di scorrevole gradevolezza, che contribuiva non poco a disinnescarne qualsiasi (raro) picco davvero osé.
Prendiamo Senza buccia, un "nudie" innocuo e balneare firmato da Marcello Aliprandi tra una Corruzione a palazzo di giustizia e una Morte in Vaticano, che annoverava nel cast Ilona "Cicciolina" Staller e la compianta Lilli Carati, e che in Donaggio, sodale del regista romano, vedeva una specie di "garante": il tono è quello della disco music a cavallo fra i '70 e gli '80, con due hit ("Lady fine" e "Skin deep"), su testi di Gianni Dell'Orso, dove i falsetti dei fratelli G. & M. Balestra rimandano inevitabilmente a quelli dei coevi Bee Gees. Siamo, come ricorda Fabio Babini nelle sue colorite note di accompagnamento di questa encomiabile riscoperta Beat Records dagli archivi Cinevox, negli anni della "commedia sexy" di casa nostra, merce all'epoca fortunata e che musicalmente si accompagnava a ripescaggi di repertorio o soluzioni stilisticamente prese a prestito dalle hit parade del momento. Ma per Donaggio, anche in una situazione così "leggera", conta soprattutto la sapienza del tocco e il disincantato approccio ai materiali; così, ad esempio, il lento pianistico "Daniele e Adriana" possiede tutti i tratti del lirismo malinconico e sorridente del musicista, con un giro di modulazioni struggenti e una linea di violini di aperta cantabilità, dal fraseggio intensamente sostenuto attraverso la direzione esperta di Pinuccio Pirazzoli. Analogamente, la scoppiettante "Ballata norvegese" è un pezzo danzante spigliato, che ruota intorno al tema principale con sonorità non convenzionali, così come il successivo "Pranzo a sorpresa".
Ma è inutile negare che tutto l'interesse per questa ristampa è puntato sulla riscoperta dello score di Così fan tutte, primo dei tre capitoli di collaborazione fra i due veneziani Tinto Brass e Donaggio (seguiranno Monella e Trasgredire), ma senz'altro quello più interessante per il compositore. Va da sè che il titolo mozartiano porta con sè una referenzialità forte, quasi obbligata, ed è un terreno nel quale il musicista si muove con tutta la disinvoltura che gli deriva dalle proprie radici classiche e accademiche. Ecco allora che "Mozartiana" (ripresa in "Lettera a Marikla", con una serie di elaborate variazioni per archi) appare pressoché sbalorditivo nel citazionismo del Salisburghese, con una frase che discende direttamente dall'Andante del KV467: l'incipit perfettamente mimetizzato scorre tuttavia subito in un arrangiamento popeggiante, che ricorda le parafrasi settecentesche all'epoca proposte da Giampiero Reverberi o le trascrizioni mozartiane di Waldo De Los Rios. È un sound familiare per il periodo, che mescolava la sintassi rigorosa del repertorio classico all'adrenalina scanzonata della trasgressione giovanilista: Donaggio se ne appropria con intenti assolutamente sdrammatizzanti, alleggerendo l'orchestrazione (input fedelmente seguito dalla direzione di Natale Massara) e levigando il suono in una carezzevole, maliziosa brillantezza. Tra l'altro vanno rimarcati gli aspetti comici, sempre ambivalenti in Brass ma palesi nella partitura, sino a punte caricaturali come il buffo dialogo tra violini, fagotto e tuba in "Il negozio" o "Ridere... ridere... ridere"; ma anche i momenti più spinti ("Porno in tv", "Sogno erotico") si trasfigurano in sonorità sognanti, liquescenti e romantiche, impedendo l'addensarsi di qualsiasi morbosità. Donaggio sa essere infatti un conversatore musicale smagato non meno che un esperto dosatore di sound "à la page" ("Botta d'allegria.").
Non sembra dunque che in questi frangenti il compositore soffrisse di particolari complessi d'inferiorità nei confronti di copioni e film senz'altro di seconda (e anche più indietro...) fila; né si nota una parrticolare discontinuità di stile con le contemporanee, ben più impegnative e concentrate, partiture per i thriller depalmiani. La personalità è unica e ben definita, e dimostra ancora una volta di saper cogliere il meglio dalle occasioni proposte, quali che esse siano, restituendo spesso in misura molto superiore al previsto (e al dovuto) freschezza, inventiva e sobrietà a pellicole di non certo memorabile caratura.