16 Lug2015
Terminator: Genisys
Lorne Balfe
Terminator: Genisys (Id., 2015)
Skydance Digital Download
22 brani – Durata: 71’41”
Vale piuttosto la pena, allora, di annotare gli elementi di differenziazione e originalità, ove ve ne siano. Balfe è uno che, come si dice, sa “stare sul pezzo”: l’incedere ritmico è immediatamente epico, ultimativo, martellante (“Work camp”), attraverso il combinato disposto tra gli ostinati ossessivi degli archi e i colpi di maglio della percussione elettronica (“Bus ride”). Più che rifarsi al sound da acciaieria dell’inferno che era proprio delle partiture di Fiedel, Balfe evoca scenari quasi psichedelici, a tratti misticheggianti e lirici (“Sarah & Kyle”, dove non mancano citazioni dirette ed esplicite da Inception), e a tratti sembra puntare più sull’assottigliamento degli spessori sonori (il delicato “Fate and hope”) che non su prove di forza muscolari. Quanto dire che è presente una vena di malinconia sospesa che sembra voler tradurre il mistero e la predestinazione degli andirivieni temporali di cui si sostanzia la saga: si spiega così, ad esempio, l’inedito trattamento del cupo tema originario di Fiedel in “Better days”, affidato ad un lento e sommesso fraseggio dei violini, o confinato in un’eco lontana dai celli nell’etereo, impalpabile “It’s really me”. Balfe in realtà appare attivamente interessato a tracciare una linea di continuità tra il paesaggio sonoro del capostipite e i tempi nuovi, e lo fa con una precisa rielaborazione di materiali e di contaminazioni inseguendo una dialettica tra l’incandescenza esplosiva di timbri metallici, “non umani”, e la carezzevole familiarità di ricorrenti oasi melodiche: a dispetto dell’andatura complessivamente militarizzata dello score, è proprio in questo secondo aspetto che Balfe sembra trovare i punti migliori d’ispirazione. Si pensi al mesto fraseggio del violoncello, basato sull’ossatura del tema principale, in “If you love me you die” e a numerosi altri passaggi in cui una sorta di raccoglimento meditabondo e fatalista pare avere la meglio sulle ricorrenti incursioni d’azione a mano armata: un altro esempio ne è “Family”, pacato adagio per archi anche questo, se vogliamo, di ascendenza zimmeriana nelle opzioni armoniche e melodiche, ma calibrato su una sapiente alternanza di chiaroscuri e di conflitti timbrici; oppure l’ancor più intenso “Sacrifice”, pagina dolente e dall’andamento colmo di pathos.
Pare dunque che il compositore, già produttore dello score de Il cavaliere oscuro e celebre anche per le musiche del fortunato videogioco Assassin’s Creed III, abbia affrontato senza remore quella che lui stesso ha definito «una grande, grande, grande, grande sfida», preoccupandosi soprattutto di garantire una saldatura fra il passato (ossia il continuum rappresentato dai due score di Fiedel) e un presente dove questa tipologia di soundtrack e di film è ormai a forte rischio di inflazione. Non sorprenda dunque che il conclusivo “Terminated” costituisca un’imperiosa, postmoderna e scolpita riaffermazione del tema originario fiedeliano, sinistramente arricchito dal coro e rigorosamente ossequioso, in un travolgente crescendo finale, anche dell’indimenticabile cellula ritmica che ne sostiene e sospinge l’innervatura. Come a dire che dinanzi a certi modelli insuperabili non c’è, giustamente, che render loro omaggio.
Per approfondire l'aspetto filmico di Terminator Genisys leggete la recensione della pellicola al seguente link:
http://www.cineavatar.it/recensioni/terminator-genisys-la-recensione/