Creed
Ludwig Göransson
Creed – Nato per combattere (Creed, 2015)
WaterTower Music WTM39745
21 brani – Durata: 59’27”
Più che un ipotetico Rocky VII, il film di Ryan Coogler è considerato tecnicamente uno spin-off della leggendaria serie iniziata ormai quarant’anni fa e alla quale Sylvester Stallone deve – insieme a quella di Rambo – la propria fama nonché ora anche una nomination all’Oscar come non protagonista: non a caso l’atmosfera si è fatta decisamente crepuscolare, con l’ex-campione che, da pensionato, si dedica all’allenamento del giovane Adonis Creed, figlio di quell’Apollo Creed suo antico avversario, poi allenatore dello stesso Rocky ed infine ucciso sul ring in Rocky IV da Ivan Drago, che subirà a sua volta un’umiliante e vendicativa sconfitta da parte dell’eroe.
Lo spostamento radicale del baricentro narrativo giustifica probabilmente anche il cambio di passo musicale: a Bill Conti, le cui scattanti partiture pop-jazz hanno accompagnato tutto il ciclo (ad eccezione proprio di Rocky IV, che ebbe musiche di Vince Di Cola) , subentra ora il sound innovativo ma in qualche modo anche nostalgico di un giovanissimo compositore svedese, Ludwig Göransson, che in patria si è formato attraverso le colonne sonore di numerose sitcom televisive ma che ha già al proprio attivo alcune ragguardevoli partiture filmiche.
Göransson, conosciuto anche col nome d’arte di Ludovin, individua infatti subito un robusto tema strumentale affidato agli ottoni che, dopo l’intro misteriosa, percussiva ed elettronica di “Juvy”, si fa largo in “Adonis” in un assetto poderosamente sinfonico che appare un chiaro omaggio – se non proprio un’aperta parafrasi – al celebre Rocky’s Theme di Conti; il tema possiede una sua efficace immediatezza che lo rende molto adattabile a diverse trattazioni strumentali, spesso contigue, come il pianoforte su accompagnamento di tastiere elettroniche (”Moving in with Rocky”); del resto il compositore coglie bene l’aspetto malinconico, declinante che circonda il passaggio di testimone tra il vecchio campione e il giovane astro nascente, e lo commenta con tocchi delicatamente intimisti (“From street gym”, purtroppo mescolato come altre tracce – e secondo un recente, malaugurato vezzo – con parti di dialogo) oppure con lunatiche divagazioni elettroniche (“Breathe – Interlude”, “Shed you – Interlude”) che forse spiazzeranno l’ascoltatore più tradizionalista ma si caratterizzano per un trattamento anticonvenzionale, non invasivo e tendente più all’astrazione che a seguire una moda ricorrente. Inoltre c’è da osservare che Göransson appare, malgrado la giovane età (31 anni), padrone anche di un solido sinfonismo vecchia scuola (“Conlan – Redemption”), probabilmente frutto dei suoi dichiarati interessi per la musica classica.
Ne deriva uno score abbastanza bizzarro ma non privo di interesse, con aperture concertistiche quasi accademiche, come nell’accorato brano per pianoforte e orchestra “Rocky is sick”, che varia il tema principale in modalità commoventi e vagamente anni ’70. Una tendenza ribadita nei soffusi effetti vocali alternati con chitarra e pianoforte di “Caught in the shadow”, mentre il “Training montage” di “If I fight, you fight” innesca istintivamente il paragone con l’omonimo, indimenticabile brano di formidabile architettura pop-sinfonica scritto da Di Cola per Rocky IV: un confronto che non si risolve a svantaggio di Göransson, perché lo svedese sembra averne ereditato quella scrittura energica (ottoni e percussioni in primo piano) rinvigorendola con moderne tonalità epicheggianti, comprensive di un coro femminile molto retrò, ma riuscendo a mantenervi al centro il nucleo drammaturgico del tema principale.
Quando il gioco si fa duro, poi, il musicista non bada a mezzi, come in “The Sporino fight” e soprattutto “You’re a Creed”, nella cui introduzione compare a mo’ di citazione la fanfara introduttiva di Conti al proprio tema di Rocky; un omaggio di trasparente onestà intellettuale, che rinsalda il potere mitologico del personaggio dichiarandone apertamente la provenienza, e si sviluppa successivamente in un’ampia pagina sinfonica per archi, di grande ariosità. Altra nostalgia, ancora più esplicita, si respira in “You can see the whole town from here”, in cui prima il corno solista in pianissimo e poi il pianoforte variano molto rallentato il tema di Conti intrecciandolo con il nuovo tema dedicato ad Adonis, come se la memoria dei vecchi trionfi potesse avere un senso solo se tramandata alle nuove generazioni. Una volta pagato il debito col passato, infatti, il nuovo tema di Göransson può svettare possente negli ottoni e nel coro degli “End credits” e nella “Creeed suite”, dove il compositore si diverte una volta di più a mescolare stili e linguaggi: a dimostrazione ulteriore di come, in questo caso, tradizione e innovazione possano convivere se a presiederli vi è il rispetto per la prima non disgiunto dalla spinta della seconda.