11 Dic2013
Intervista esclusiva a Riccardo Della Ragione
Fare musica per immagini vuol dire entrare con tatto e sensibilità in un disegno e cercare di colorarlo.
Intervista esclusiva a Riccardo Della Ragione
Colonne Sonore, alla continua ricerca di giovani talenti della musica per film, con le sue interviste sui generis che tanto successo hanno riscosso, e continuano a riscuotere, tra gli addetti ai lavori della musica applicata e voi affezionati lettori, questa volta ha incontrato ed intervistato il Maestro Riccardo Della Ragione.
Piacentino di nascita e livornese di adozione, Della Ragione ha intrapreso fin da giovane gli studi di chitarra classica e folk. Studi approfonditi che lo hanno portato nel corso degli anni formativi da musicista a creare diversi gruppi musicali, i country “N.C.R”, i Rock progressivo “Dark Horizon” e i “Target One”, band con la quale suona nelle basi militari americane e in varie città italiane. In seguito, amando tantissimo esibirsi dal vivo, forma altri gruppi, i “Riccardo Della Ragione Group”, i "Soppalko" e “2 Friends 4 Hands” un duo acustico che vede Riccardo suonare e cantare insieme al celebre percussionista straniero Karl Potter.
Della Ragione nel frattempo prosegue a studiare privatamente composizione, arrangiamento e orchestrazione con il Maestro Susini e nel settembre del 1999 si iscrive ad un corso di specializzazione per compositori di musiche per teatro, cinema e televisione. Un corso che supera brillantemente e che annovera tra gli insegnanti Germano Mazzocchetti, Nicola Piovani, Fabrizio De Rossi Re, Pierre Sauvageot, Aldo Tarabella, Marco Baraldi e Claudio Vaira.
Negli anni ’90 il Maestro piacentino realizza diverse canzoni pop esibendosi come cantautore. Proprio nel 1999 incontra il regista Stefano Calvagna, con il quale instaurerà un lungo sodalizio, che aveva scelto Livorno come location per il suo primo film Senza paura: sarà questa la sua prima colonna sonora.
Da quel momento si aprono per Riccardo Della Ragione le porte del Cinema realizzando molteplici partiture per film di vario genere, dalla commedia al dramma, dal thriller all’azione. Il suo stile compositivo spazia dalle sonorità pop a quelle folk, dal jazz al country, dalla musica dance, in tutte le sue espressioni, ai ritmi latini, dal rock progressivo alla sperimentazione elettronica, sempre con una predilezione per la forma “canzone”, presente in tutte le sue composizioni per film e non. Non disdegna la struttura classica sinfonica qualora le immagini la richiedano. Come molti musicisti di musica applicata della sua generazione è un eclettico che ben si adatta alle esigenze filmiche che di volta in volta gli vengono imposte, risolvendo sempre con grande classe ed abilità melodica e armonica le sue attribuzioni lavorative. Ama moltissimo le commistioni musicali che sono, nelle sue soundtracks, il vero punto di forza!
Colonne Sonore: Senza paura (Stefano Calvagna, 2000)
Riccardo Della Ragione: Senza paura è l’opera prima di Stefano Calvagna, la storia di un gruppo di ragazzi che facevano rapine con dei semplici taglierini, ispirato alla realtà della banda del taglierino di Roma. Era l’Aprile dell’anno 1999 ed io fui contattato da un amico per fare un piccolo ruolo in un film che stavano iniziando a girare nella mia città, in quegli anni diverse produzioni cinematografiche sceglievano come location per le loro riprese la costa livornese. Quando mi presentarono al regista Stefano Calvagna, io mi proposi come compositore della colonna sonora del suo film, gli dissi che molto probabilmente nel ruolo di compositore avrei potuto dare molto di più. In quel periodo, oltre a fare concerti come cantautore, avevo finito da poco tempo un percorso formativo per arrangiamenti musicali e orchestrazione. Il regista accolse la mia proposta, era la sua opera prima e lo era anche per me, dopo una breve riflessione Stefano mi mise alla prova dandomi la sceneggiatura ed incoraggiandomi a portargli un provino delle musiche entro una decina di giorni. Era una buona occasione per esprimere le capacità accumulate come musicista e compositore. Mi misi subito al lavoro e quattro giorni dopo invitai Stefano insieme al produttore nel mio piccolo studio per fargli ascoltare una prima stesura del tema che avevo composto. Era un brano unico che durava 15 minuti in cui commentavo tutte le emozioni che la sceneggiatura mi aveva dato. Il mio lavoro piacque tantissimo al regista e non solo, ci fu un apprezzamento da parte di tutti, produzione e attori. Ricordo sempre con piacere che Alessio Boni (all’epoca attore esordiente) era uno dei miei sostenitori più accaniti insieme al regista. Questa conferma mi dette fiducia e continuai a migliorare il lavoro iniziale del tema e le sue declinazioni, si passava dal Rock della chitarra elettrica alla musica classica con gli archi e gli ottoni, inoltre utilizzai la vocalità del soprano Daniela Contessi come insolito collante tra i momenti classici e le parti più Rock. Una vivacità compositiva che esaltava i momenti di azione e quelli drammatici sottolineando tutte le emozioni della pellicola. In più, per chiudere il cerchio in modo coerente non potei fare a meno di scrivere la canzone per i titoli di coda. Sottoposi il testo del brano alla supervisione del regista prima di cantarla e poi feci ascoltare la versione definitiva alla festa di fine ciak. La canzone riscosse un gran successo, si sviluppava sulle note del tema musicale e concludeva il percorso del film con un messaggio positivo, una chiave di lettura alternativa rispetto alla storia dei protagonisti. Ringrazio ancora oggi Stefano Calvagna per avermi lasciato la possibilità di esprimermi sia nella veste di compositore che nella veste di cantante.
http://www.lafeltrinelli.it/products/8024607005048/Senza_Paura/Stefano_Calvagna.html
CS: Amori in transito (Beatrice Luzzi, 2002)
RDR: Amori in transito è un cortometraggio che fu prodotto da Maddalena Mayneri per rappresentare e raccontare la città di Trieste all’interno del festival Maremetraggio, organizzato proprio nella città di Trieste. Il soggetto di Beatrice Luzzi raccontava una fugace storia d’amore tra due ragazzi che aveva come sfondo le location più rappresentative della città di Trieste. Ricordo con piacere quel lavoro per la stupenda atmosfera che si respirava all’interno del festival del cortometraggio “Maremetraggio”. Il tema delle musiche di commento fu sviluppato da una canzone che composi di getto subito dopo aver letto la sceneggiatura scritta da Roberto Dolli. Il brano si intitolava “La terra e la luna”, ricalcava il titolo e le parole di una sorta di poesia che lo sceneggiatore aveva inserito come inizio del cortometraggio. Il successo della canzone fu clamoroso, venne programmata dalla radio cittadina per tutta la durata del festival. Nella serata finale fui invitato a Trieste e premiato per la miglior canzone del festival e “La terra e la luna” da quel momento diventò la sigla del festival Maremetraggio.
CS: Arresti domiciliari (Stefano Calvagna, 2003)
RDR: Le riprese di questa commedia frizzante sono iniziate nella primavera del 2000, Stefano Calvagna, insieme ai produttori, aveva inizialmente coinvolto un musicista di Roma per la colona sonora del suo nuovo film. In seguito, durante la post produzione, fui chiamato dal produttore e successivamente anche da Stefano per fare un provino. Mi confessarono che non erano molto contenti di come venivano realizzate le musiche. Stefano mi chiese inizialmente di fare un brano latino americano che doveva servire per la scena più trasgressiva del film. La scena prevedeva il ballo sul tavolo di Adriana Volpe con il gruppo di amici del protagonista, che era agli Arresti domiciliari. I ragazzi avevano organizzato una festa a casa del protagonista e dopo aver bevuto e fumato sbavavano dietro ai movimenti sexy di Adriana. Per l’occasione composi il brano “Notti”, la canzone una volta montata sulla scena funzionava benissimo, dava la giusta spinta e amplificava bene l’allegria che caratterizzava quella scena. Tra l’altro questa atmosfera di allegria ben interpretata dal brano, fu colta successivamente anche dalla produzione che organizzava il Capodanno della RAI. Fu così che nel Capodanno del 2002 mi trovai a cantare e ballare la mia canzone “Notti” nella trasmissione “La nave di Capodanno” (andata in onda a reti unificate RAI 1 e RAI 2 la notte di San Silvestro del 2001). Tornando al film, furono altre quattro le canzoni inserite nella colonna sonora, oltre alle musiche di commento, che m’impegnarono particolarmente in quanto frammenti musicali ricchi di dettagli e sottolineature umoristiche. Un lavoro divertente ma lungo ed impegnativo, finimmo di mixare il film nell’anno successivo che, per problematiche varie legate anche alla distribuzione, alla fine uscì nel 2003.
http://www.lafeltrinelli.it/products/8024607000227/Arresti_Domiciliari/Stefano_Calvagna.html
CS: Odioamore (Antonio Cristiano e Riccardo Della Ragione, 2004)
RDR: Antonio Cistiano mi chiamò esternandomi da subito la sua volontà di coinvolgermi oltre che nelle musiche anche nella parte registica del progetto. Si trattava di riprendere la commedia teatrale del vernacolo Livornese Socera e Nora e realizzarla con il taglio della commedia cinematografica. La storia scritta nella sua prima stesura intorno al 1958 da Ivano Ghezzani, fu condivisa nelle varie rappresentazioni teatrali da Antonio Cristiano. La volontà di Antonio era quella di reinterpretare la sceneggiatura in una chiave cinematografica, una commedia vernacolare, questo fu il motivo per cui mi chiese di dargli una mano nella regia del progetto. Per le musiche scelsi un tema musicale nazional popolare che veniva cucito nelle varie situazioni dando questo sapore a metà tra il teatro e la commedia, molto divertenti furono anche le sottolineature di tipo comico di cui il film è ricco. Il finale, in cui l’amore trionfa su tutto, viene rappresentato da un tango passionale che mantiene il tema nazional popolare nel suo ritornello.
Nella parte registica il mio apporto fu quello di modernizzare la storia, avvicinandola al punto di vista di uno spettatore degli anni 2000, inserendo nuove storie e personaggi che si integravano con i personaggi teatrali, sviluppai una nuova sceneggiatura armonizzandola con quella vecchia scritta da Antonio Cristiano e girai insieme a lui tutte le scene del film.
CS: L’uomo spezzato (Stefano Calvagna, 2006)
RDR: Quando Stefano mi chiamò per fare le musiche de L’uomo spezzato aveva già iniziato le riprese del film e mi chiese subito di mettere un brano Dance all’interno di una scena che stavano girando. Fu così che il brano “Knowing no fear” fece la sua ennesima apparizione. La sua sonorità molto attuale fu utilizzata anche per i titoli di testa. Quando iniziai a lavorare sul tema del film provai alcune melodie finché non trovai quella che più si prestava ad interpretare il dramma e la ribellione che il protagonista suo malgrado era costretto a vivere. Una lacerazione che bene viene rappresentata nel brano “L’urlo della verità” composto per rappresentare, come in un video clip musicale, il sunto della tragedia che veniva consumata all’interno del film. Federica Sbrenna, attrice protagonista, aveva ingiustamente accusato il suo professore di pedofilia. Un accusa infamante che il protagonista, Stefano Calvagna, vivrà come un timbro che non riuscirà più a togliersi di dosso. La produzione questa volta mi assegnò un budget economico adeguato alla realizzazione della colonna sonora, nei lavori precedenti avevo avuto un semplice rimborso spese. Fu questa possibilità che fece la differenza nella qualità delle registrazioni. Per la prima volta utilizzai un orchestra vera di archi e fiati, in più potei contare su musicisti del calibro di Karl Potter alle percussioni, Pietro Bertilorenzi al basso, Cristiano Pacini al sax, Claudio Fabiani al flauto, Manolo Nardi alla tromba, Sarah Crespi al violino, Lorenzo Confetta al mix finale. Un salto di qualità generale che è servito anche a me, riuscendo a farmi esprimere al meglio. Mi dette molta soddisfazione scrivere e cantare il brano “La mia anima” canzone che racconta la riappacificazione con se stessi. Questa colonna sonora è stata per me una delle pagine più importanti della mia vita professionale, ho approfondito la mia sensibilità come artista ed ho avuto il riconoscimento, oltre che del pubblico, anche dalle case discografiche. Da questo lavoro in poi è iniziata la mia collaborazione con la Warner Chappell Music Italiana. Il mio lavoro piacque molto a Giovanni Marolla che lo fece distribuire dalla Warner Music, anche se il film era uscito nelle sale già da sei mesi. Fu una grande soddisfazione e da lì cominciò il mio percorso con la Warner.
http://www.youtube.com/watch?v=oYB8uAcnR20
CS: Il lupo (Stefano Calvagna, 2007)
RDR: Questa volta Stefano Calvagna mi chiamò con una certa premura, la musica che era stata in parte fatta dal musicista che era stato scelto non rappresentava quello che Stefano voleva. La telefonata quindi fu breve ma ricca di dettagli: abbiamo quasi finito le riprese e voglio oltre alle musiche di commento una bella canzone come solo tu sai fare, con un testo che racconti la storia del “Lupo”. Io come nelle occasioni precedenti mi misi subito al lavoro e dopo aver letto la sceneggiatura iniziai la composizione del tema portante suonandolo con la mia chitarra Folk. L’intento, in accordo con le indicazioni del regista, era quello di cucire sulle immagini una melodia Blues che raccontasse con una sottile inquietudine il lamento del “Lupo”, oltre all’aspetto melodico era però importante tenere conto dell’arrangiamento che doveva avere delle connotazioni tribali, in quanto l’immagine del lupo ha una certa valenza in tutte le culture, dai Nativi Americani ai giorni nostri, da qui l’utilizzo di percussioni affidate alle mani esperte di Karl Potter e di Silvano Del Gado. Il primo di grande esperienza nella musica etnica e internazionale, il secondo più vicino alle interpretazioni legate alla danza. È così che nasce un Blues etnico in Mi minore… la stesura del testo ha richiesto un’attenzione particolare per poter raccontare, per quanto possibile, la storia del Lupo (Luciano Liboni). Un’altra particolarità sta nell’utilizzo della ghironda, strumento fortemente voluto dal regista e abilmente suonato da Giovanni Cadoni, già nel primo brano si avverte il sapore etnico mediterraneo che bene rappresenta l’intreccio con il Marocco, luogo dove il “Lupo” viveva idealmente l’amore e la possibilità di un’altra vita. Per questo motivo ho ritenuto opportuno inserire fin dall’inizio la voce femminile con connotazioni mediorientali, magistralmente interpretata da Aurora Loffredo. La matrice etnica che si miscela con il ritmo urbano, questo è un po’ il sapore del brano “Il lupo nasce dentro”, la profonda voce di Emanuele Bernardeschi, interprete dei cori, sottolinea l’impulso primordiale che emerge nelle situazioni di sfida e di tensione che attraversano il “Lupo” (interpretato da Massimo Bonetti) e il Maresciallo dei carabinieri (Enrico Montesano). Mentre la magia del flauto dolce e del flauto traverso è affidata a Claudio Fabiani che sapientemente si inserisce donando un’area Irish all’insieme musicale. Un particolare insolito sta nella mia partecipazione alla scena girata a Ponte Milvio. Per l’occasione il regista mi chiese di interpretare un chitarrista romantico che ispirato dalla musica degli U2 suona tutti i giorni su questo bellissimo ponte, ed è proprio li che il “Lupo” incontra il suo vecchio amico “Mauro”, uno dei componenti del gruppo con il quale suonava la musica rock da giovane. Infatti i brani “Sul ponte “ e “Ponte Milvio” fanno da citazione a quel periodo in cui i ragazzi si trovano nei garage per suonare divertendosi insieme. Da qui la volontà di mantenere questo sapore genuino nella registrazione, affidata a Fabio Franchi alla batteria, Pietro Bertilorenzi al basso ed io alla chitarra, il pianoforte è stato suonato da Diego Montagnani. La parte istintiva, quella del lupo che danza, è stata interpretata nel brano “Wolf ‘s dance”. Nasce come ultima composizione ed è rappresentativa del personaggio “Gladio”, che oltre ad essere padrone di una discoteca, è colui che più di tutti desidera che il “Lupo” riesca nella sua impresa. Chiaramente non poteva mancare la visione melodrammatica che bene viene espressa nei brani “L’ultimo percorso” e “L’ultimo saluto” , qui ho potuto dare spazio al violino di Sarah Crespi, mia violinista prediletta, e a Manolo Nardi che impreziosisce questi due brani inserendosi con tromba e flicorno, il tutto viene meravigliosamente potenziato dagli archi dell’orchestra AMIT.
http://www.youtube.com/watch?v=5iNeadb-9EI
CS: Il peso dell’aria (Stefano Calvagna, 2008)
RDR: Con Il peso dell’aria siamo partiti dal riarrangiamento di una Cover “L’ultima poesia”, che nella versione originale viene cantata da Gianni e Marcella Bella. Il brano ci sembrava particolarmente adatto in quanto nel suo ritornello citava l’aria come veicolo di poesia…. Parlandone insieme a Stefano ci trovammo d’accordo che per attualizzarla la cosa più giusta fosse riproporla in versione latineggiante. Avevamo anche la possibilità di far cantare la parte femminile a Brunella, che oltre a fare la protagonista nel film vantava una ottima dote canora. Il provino che portai piacque subito a tutti, la nuova versione risultava ancor più accattivante di quanto ci si aspettasse, lo stile latino e l’impeccabile esecuzione ritmica eseguita da Roberto Vannini (batterista dei primi New Trolls) aveva convinto tutti, anche Giovanni Marolla, che in qualità di editore doveva assicurarsi che la reinterpretazione di un brano così importante come “L’ultima poesia” fosse quantomeno dignitosa…. Avuto il benestare dalla Warner siamo partiti con la registrazione del definitivo, a quel punto Stefano, che ama cantare quanto fare il regista, si propose come interprete insieme a Brunella. La cosa aveva una sua coerenza in quanto nel film anche se i ruoli che interpretavano erano antagonisti, in realtà i due personaggi provavano una perversa attrazione velata dalle situazioni contingenti. Vinte le perplessità, Stefano e Brunella si sono organizzati in modo da incastrare tra una ripresa e l’altra la registrazione vocale del brano. Io nel frattempo stavo già lavorando sulla melodia principale del film, l’argomento trattato era l’usura, e quindi anche questa volta era richiesta una particolare attenzione nel testo e nel Leitmotiv del film. La mia interpretazione si è diretta verso una melodia incalzante e corrosiva, poggiata su di una armonia in tonalità Minore che avesse una apertura in tonalità Maggiore nei momenti di rivincita. Come da mia abitudine sono partito dal brano dei titoli di coda, la canzone “Il peso dell’aria”. Il film racconta la storia di una coppia felice che vede crollare il proprio matrimonio a causa dell’illusione di superare i propri problemi economici tramite un prestito di denaro di un falso amico, una sfida che, pur lasciando segni indelebili, viene vinta dagli sfortunati protagonisti. Infatti anche la canzone esalta l’amore che riesce a trasformare in positivo, la pesantezza dell’esperienza negativa. Vista la bravura già espressa da Brunella nell’interpretazione de “L’ultima poesia” e visto che il mio editore, Giovanni Marolla, ne era rimasto entusiasta, abbiamo pensato di cantare anche “Il peso dell’aria” a due voci… d’altra parte non capita tutti i giorni di avere una attrice con una capacità vocale così spiccata. Questo è anche il motivo che ci ha portato ad inserire nella colonna sonora un altro brano interpretato da Brunella, “Nothing”, una canzone ideata e proposta da lei stessa che tutti abbiamo molto apprezzato e che può vantare la partecipazione di Karl Potter alle percussioni, Danny Crews alla chitarra e Ellie Young al violoncello.
Per i titoli di testa ho utilizzato una sonorità in stile Massive Attack, concordata con Stefano a seguito della segnalazione di Franco Carrozino che ha curato il montaggio del film. Nelle atmosfere più classiche in cui ho utilizzato gli archi in primo piano, si nota l’inserimento del violinista Marcello D’angelo (violinista del Maggio Musicale Fiorentino) che duetta insieme alla violista Sarah Crespi in un leggero crescendo, struggente e coinvolgente al tempo stesso. Il tema principale del film prende forma e si dinamizza in “Rugiada nell’aria”, il tema muta in una divisione ritmica di 6/8 dando al momento di sfogo del pianto una connotazione liberatoria, il crescendo degli archi commenta ed accompagna la narrazione che l’usurato fa alla propria compagna di sventura. Da questa evoluzione emotiva e musicale si arriva a “Cuore in gola”, il brano commenta il duello finale tra i due protagonisti. Il tema principale cantato dalla chitarra elettrica distorta si intreccia con i suoni elettronici che hanno caratterizzato “L’usura”, i virtuosismi ritmici di Roberto Vannini si amalgamano con un eccellente Flauto dal sapore Jethro Tull che Claudio Fabiani ha inserito con il giusto equilibrio, un ouverture finale sottolineata da un continuo battito cardiaco, così da rendere ancora più chiaramente intensa l’emozione che coinvolge i due protagonisti.
http://www.youtube.com/watch?v=yknLGRYyQr4
CS: Tutti intorno a Linda (Barbara e Monica Sgambellone, 2009)
RDR: Quando lessi la sceneggiatura di questo Film (Commedia all’Americana) risi come da tempo non accadeva. Mi colpì molto la freschezza e l’intelligenza umoristica delle due sorelle Sgambellone, tant’è che le chiamai al termine della lettura per complimentarmi con loro. Fissai un appuntamento per consultarmi sulla linea che volevano intraprendere per i commenti musicali. L’incontro avvenne all’ospedale di Torino, ma, fortunatamente nessuno di noi stava male (ride). Era solo il posto che avevano scelto per girare la scena del finto parto di “Linda”, la protagonista del film. Rimasi molto coinvolto da quel set, forse perché mi inserirono subito all’interno della scena che stavano girando facendomi fare una comparsa che richiedeva particolari attitudini teatrali (inquadrarono le mie scarpe che camminavano velocemente verso la stanza del parto… (ride). Fu l’esordio del nostro incontro; e probabilmente, è proprio a causa dell’ambiente ospedaliero che la prima cosa che ho scritto di questa colonna sonora è la canzone “Linda’s therapy”, successivamente inserita nei titoli di coda. Forse tutto quello che ci succede ha un senso?!? (questa era l’atmosfera che ho respirato e piacevolmente condiviso). Comunque, scherzi a parte, il film era intriso di comicità femminile che la protagonista esprimeva, tra crisi di ipocondria e momenti di sfiga universale, cercando il giusto percorso per trovare l’uomo adatto per lei. La scelta delle registe di commentare il film con musiche e canzoni ispirate al Jazz degli anni 50, mi rese particolarmente felice. Difficilmente capita di comporre musica con quell’allegria e con quello stile. Questo stimolava in me una nuova sfida, sia nella composizione che nell’interpretazione. In effetti questa colonna sonora mi ha dato modo di manifestare alcuni lati della mia creatività fino a quel momento sopiti. Anche Monica e Barbara sono state brave nel seguire le musiche; abbiamo sempre cercato insieme l’interpretazione migliore e sicuramente ci sono stati dei momenti in cui le loro richieste “particolarmente particolari” mi hanno messo a dura prova; ma ogni volta che riuscivo a realizzare le loro aspettative, si sentiva una maggiore soddisfazione per entrambi. Tra le mie preferite, oltre a “Linda’s therapy”, cantata a due voci insieme a Roberta Cingolani, voglio menzionare “Pink wig”, “The end of the night”, “Edo’s dreams”, “This is tour moment”, e ”Linda” che è stata composta e cantata in perfetto stile “Andrews Sisters” da Irene Vavolo, Yula Ceccarini e Roberta Cingolani.
http://www.youtube.com/watch?v=q5LQutlGP_M
CS: L’ultimo ultras (Stefano Calvagna, 2009)
RDR: Stefano mi parlò del progetto di questo film con l’entusiasmo di sempre, mi invitò a Milano, città in cui si era trasferito da qualche mese, per presentarmi i personaggi che avrebbero fatto parte di questo nuovo progetto. Rimasi colpito dal fatto che questa volta Stefano faceva riferimento, come base del proprio lavoro, a Milano e dintorni. Io mi lessi la sceneggiatura e poi ad Aprile andai a trovarlo sul set, qui parlammo di come impostare la parte musicale e chiaramente ognuno disse la propria, Stefano dette spazio alle opinioni dei due aiuto registi e di altri tecnici. Il risultato fu che si parlò di fare una colonna sonora, che per alcuni, doveva essere Rock aggressivo (stile Molotov, Rage Against The Machine) e per altri doveva essere musica classica che messa in contrasto con le scene di violenza doveva accentuare l’emotività del momento (stile Stanley Kubrick). In seguito io iniziai a creare alcune cellule musicali e continuai a sentirmi con Stefano per telefono. In un primo momento lui spingeva verso la direzione della Lirica tant’è che pensava di mettere il brano “Vesti la giubba” (di Ruggero Leoncavallo) nelle scena clou del film. In particolare voleva sottolineare con la lirica la scena in cui l’ultras, protagonista del film, dava la coltellata al tifoso della squadra concorrente. A me piaceva molto la scelta della lirica e stavo pensando di adattare le musiche di commento da me composte a quello stile, così da creare un tutt’uno armonico con il brano di Leoncavallo. Poi a mente fredda, un mesetto più tardi, ci fu una riflessione di Stefano sul tipo di spettatore che avrebbe visto il film e, sollecitato dagli aiuto registi, pensò che forse andare nel mondo della lirica era un po’ troppo ambizioso e che era più giusto andare verso il mondo della musica Rock. Concordammo comunque che molte delle scene avevano bisogno di un sottofondo in stile tribale, con tamburi e cori che ricordano la curva ed il tifo degli ultras, e che in altre serviva una musica dolce per sottolineare i momenti di riflessione e la pace che il protagonista cerca nel nascondersi da tutti trasferendosi sul lago di Garda. La cosa cominciò a farsi abbastanza complessa, anche perché ormai eravamo arrivati a Giugno ed il film doveva essere consegnato alla distribuzione il 21 Luglio. La prima difficoltà stava nel realizzare l’emotività dei cori da stadio. In effetti la cosa più giusta era creare dei cori che fossero in armonia con il resto della colonna sonora, quindi cori da stadio ma fatti apposta per il film. Non è stato facile ma fortunatamente sono riuscito a radunare alcuni gruppi di tifosi e farli cantare nei cori scritti da me appositamente per il film, tra l’altro fu una piacevole sorpresa scoprire che i tifosi dello stadio cantavano in modo così intonato. Sono partito da qui, dal momento in cui nasce il coro che incita e che esalta, poi ho sviluppato la melodia che da questi cori diventa canzone, creando una specie di inno degli ultras che esalta le qualità positive dello sport e condanna la violenza negli stadi, “Ultras più che mai”. Nella canzone “Ultras più che mai”, che accompagna i titoli di coda, io esprimo tutto il mio apprezzamento per l’entusiasmo dello stadio e del tifo organizzato, senza però avvallare in nessun modo la violenza e la strumentalizzazione politica che si nasconde dietro al movimento calcistico. Le scene degli scontri sono state interpretate dal brano “Ultras” che ha un crescendo di batteria, suonata magistralmente da Leandro Bartorelli, percussioni e chitarre elettriche fino all’esplosione musicale che sottolinea l’aggressività degli scontri. I momenti di riflessione e di vita quotidiana sono stati affidati alla dolce melodia del brano “Il lago”, l’orchestra d’archi ed il pianoforte bene hanno rappresentato e sottolineato i vari accadimenti. Con il brano il “Walzer del lago” ho voluto evidenziare la parte romantica che affiora nei momenti di contatto e di affetto che si sviluppano con Marina, la coprotagonista. Un attenzione speciale va al brano “Il pugnale mio”, il caso ha voluto che proprio mentre stavo ultimando la colonna sonora è venuto a trovarmi Alessandro Rosteni, tenore con il quale ho tenuto alcuni concerti in Spagna. Siccome l’idea della lirica a me era piaciuta e trovavo che, non negli scontri, ma in alcuni punti avesse potuto dare un valore aggiunto, ho proposto al tenore di registrare prima di tornare in Spagna la voce di un nuovo brano lirico da me composto.
Il vero dramma era che avevo appena quattro giorni prima che lui tornasse in Spagna ed avevo a malapena scritto qualche riga della canzone. Tra l’altro era la prima volta che componevo qualcosa in stile lirico. Detto, fatto, mi misi a lavorare anche la notte… La mattina del giorno che Alessandro doveva partire, tra le ore 10.00 e le 14.00 abbiamo registrato il brano. È stata una sfida entusiasmante… Stefano ha sentito il tutto direttamente al momento del mix finale e, fortunatamente, ha apprezzato il lavoro svolto, così abbiamo montato direttamente al mix finale molte delle musiche che avevo composto. È stato un lavoro svolto veramente in tempi da record.
http://www.youtube.com/watch?v=WsL0CA8O45I
CS: Dopo quella notte (Giovanni Galletta, 2010)
RDR: Anche per questo film sono partito, come sempre, dalla sceneggiatura. Letta con cura dopo aver parlato più volte con il regista Giovanni Galletta. Questi incontri mi hanno portato a porre una particolare attenzione all’aspetto "mistico" che lui voleva esaltare. Protagonisti della storia un gruppo di amici che perdono “Francesco” in un incidente stradale, il più simpatico e gioioso del loro gruppo. Nell’affrontare la questione della morte si può imparare a vivere, questo era il messaggio del film. Concordammo su molti aspetti, che fanno parte del percorso religioso che ognuno coltiva nella propria spiritualità. Nel film il lutto diventava un "tormento", un pensiero costante che stimola il percorso dei vari personaggi. Questo pensiero ricorrente per Giovanni Galletta si chiamava “malinconica ridondanza”. Il tema principale del film, infatti, è stato composto seguendo la volontà del regista di mettere in risalto questa "malinconica ridondanza" in cui entra la mente di chi soffre per un lutto. Ma la cosa che volevamo, sia io che Giovanni, era che questa stessa melodia diventasse calzante anche nella trasformazione del lutto, per commentare con lo stesso tema i momenti di superamento della sofferenza che si trasforma in gioia della vita a prescindere. La mia sfida è stata trovare le note giuste che potessero commentare questi due estremi senza delle sensibili variazioni. Devo dire che sono contento del risultato perché alla fine il tema che ho composto esaltava sia i momenti tristi che i momenti gioiosi, le variazioni sono veramente impercettibili, un po’ come succede a tutti noi, a volte sono delle variazioni impercettibili a fare la differenza del nostro stato d’animo. Questi concetti oltre che nella musica sono stati trasferiti da me nel brano “Una vita a metà”, canzone inserita nei titoli di coda del film. Ho riportato le mie riflessioni più profonde sul significato dell’esistenza nel testo della canzone. Il ritornello recita così: "Passo su passo io salgo con te. Fino al punto più alto che c’è. E da lì la bellezza nel cuore entrerà. Tra i sorrisi e l’amarezza di una vita a metà". E' chiaro che stiamo parlando del percorso che i protagonisti fanno, che, anche se viene fatto in modo autonomo, è condiviso, in quanto ognuno è legato agli altri da un filo sottile. Salire fino al punto più alto vuol dire risolvere il dramma insieme. Da lì in poi, nel nostro cuore entra un nuova consapevolezza, che viene amplificata dalla bellezza esteriore di essere arrivati sulla vetta. Questo dà la forza a chi ha fatto il percorso di apprezzare sia la tristezza, che è stata la causa scatenante, che la gioia che addirittura si amplifica in quanto condivisa. “Una vita a metà” canzone dei titoli di coda, potrebbe essere percepita come un’affermazione negativa, in parte lo è ma questa è una scelta voluta. Penso che tutte le cose che affrontiamo possono essere negative e al tempo stesso positive, dipende molto da noi, da come le elaboriamo, dal percorso che facciamo. Il titolo “Una vita a metà” contiene vari significati, il primo è quello del protagonista che muore nell’incidente: la sua vita si interrompe in gioventù e quindi non è stata pienamente vissuta, in realtà anche un’esistenza interrotta può essere stata più degna e piena di una vita più lunga. Un altro significato è che nessuno vive una vita priva di problemi e completamente appagata in tutto e per tutto. Ci sono sempre delle cose che non potremmo avere o fare ma non per questo la nostra vita diventa una vita da disprezzare. Un ulteriore significato è quello della condivisione. Viviamo sempre la vita a metà con qualcuno, i genitori, i fratelli e le sorelle, gli amici, il rapporto di coppia. Nessuno vive veramente da solo, a meno che non lo voglia. L’ultimo significato e quello più importante, è quello della trascendenza, ovvero la morte. Tutti noi in realtà viviamo la vita a metà con la nostra parte spirituale che è eternamente connessa alla parte che meno conosciamo di noi stessi, che trascende la vita presente e ci proietta verso l'eternità. E' quello con cui ognuno di noi fa i conti quando veramente è da solo con se stesso e stranamente, anche in quel momento, ci si trova a parlare con la propria anima, con il proprio Dio, con la propria coscienza, con la propria legge. Questo è il vero percorso che ci accomuna e che viene stimolato dalle cose che ci accadono, il più delle volte questi stimoli arrivano dalle sofferenze, ma a volte anche dalla bellezza, l’importante è non perdere mai l’occasione di fare un passo in più. Il brano che ho composto per la scena della discoteca, una delle scene chiave del film, si intitola “Let’s ferak”. Grazie a questa composizione ho avuto il piacere di collaborare con uno dei DJ più attenti alle tendenze della musica in discoteca, il DJ Claudio Cava. In più nel film abbiamo avuto l’onore di avere un vocalist di eccellenza, una delle voci storiche di Video Music, il mitico Jhonny Parker.
http://www.youtube.com/watch?v=bIVgfaOZ-Z8
CS: Caribbean Basterds (Enzo G. Castellari, 2010)
RDR: In questo film il mio apporto è stato marginale, fui coinvolto dalla Warner Chappell per dare una mano alla composizione delle musiche Caraibiche che dovevano accompagnare le scene spensierate dei protagonisti del film. La composizione delle parti musicali della colonna sonora era affidata al Maestro Daniele Falangone. Abbiamo quindi collaborato per dare più uniformità possibile alle composizioni che avevamo fatto cercando di mantenere una linea comune pur salvaguardando la nostra creatività. Oltre ad alcuni commenti caraibici ben sostenuti dalle percussioni di Davide Domilici, per l’occasione, composi il brano “La musica de mi vida”. Scritta con metrica e BPM scrupoloso, in quanto la canzone doveva essere sovrapposta in fase di montaggio alla canzone che i musicisti di scena cantavano mentre i protagonisti si cimentavano in una dimostrazione di danza e lotta. La canzone piacque molto, sia a Castellari che a Giovanni Marolla della Warner Chappell, tant’è che ne fu fatto un singolo distribuito dalla Warner Music.
http://www.youtube.com/watch?v=-64DV7fzDH8
CS: L’erede (Michael Zampino, 2011)
RDR: L’incontro con Michael è avvenuto alla fine del novembre 2009, aveva appena finito di girare il film ed era alla ricerca del musicista che meglio potesse interpretare l’emozione che L’erede doveva trasmettere. Insieme abbiamo cercato di scoprire “lo spirito” del film. Si trattava di un thriller psicologico molto ben fatto con degli equilibri ricercati sia nella sceneggiatura che nella recitazione degli attori. Parlando con il regista ed il montatore ci accorgemmo che per essere originali dovevamo evitare i luoghi comuni, le partiture ridondanti, “angoscianti” o “cupe” che spesso imperversano nei thriller. Cercavamo una lettura a più livelli per poter creare nello spettatore un sentimento di stranezza e di curiosità. Volevamo anche amalgamare il più possibile la musica agli effetti sonori, soprattutto ai rumori che uscivano dalla strana villa dell’Erede. Questa ricerca sonora mi ha dato modo di mettere in campo gli studi che avevo fatto con il Maestro Pierre Sauvageot sul suono e sui “rumori musicali”. Infatti una delle composizioni rappresenta “la voce della casa” mentre nei momenti di particolare tensione ho creato un ambientazione sonora che fonde i rumori di scena con suoni creati dai percussioni e melodie nascoste che, pur essendo poco percettibili, trasmettono una forte emozione allo spettatore. Nel brano “L’Eredità” ho lavorato a livello frequenziale, sfruttando la conoscenza delle onde sonore a livello fisico ed emotivo, la sensazione emotiva viene accompagnata dalla stimolazione fisica del suono che è percettibile dallo spettatore grazie all’impatto sonoro del Dolby Surround. In effetti gran parte della colonna sonora è stata composta pensandola già in 5.1 nel momento in cui veniva scritta la partitura. In questo film ho avuto anche l’occasione di cimentarmi nella composizione di un brano dance anni 70: scrivendo la canzone “It’s time to dance” ho potuto assaporare l’umorismo sarcastico di Michael. Ma ciò che più mi ha dato soddisfazione, è la composizione del brano “L’Erede”, che poi è il tema principale del film. All’inizio avevo sottoposto a Michael 3 diverse versioni, una classica, una più movimentata in 3/4 ed una più complessa in 7/8. Chiaramente Michael scelse quella più complessa, anche perché la divisione ritmica in 7/8, pur essendo dispari, era stata da me ben integrata su di una dolce melodia che rendeva ancora più intrigante l’atmosfera. E’ stato un contrasto di emozioni e di situazioni che ci ha permesso di cercare ispirazioni musicali a 360 gradi: dal sound elettronico alla fiaba giapponese (con tanto di arpa e flauto), dalla musica Funk al folk americano, fino alle canzoni Hawaiane.
http://www.youtube.com/watch?v=R7KrHAZVnYc
http://www.youtube.com/watch?v=sWrrMC3_k8Y&context=C4019237ADvjVQa1PpcFOaa2b1h7Nro0xyxn_5JJfiLRqaH30ELOE%3D
“L’erede” coglie i migliori risultati (ottimo, in particolare, il commento musicale di Riccardo Della Ragione) http://www.valeriocaprara.com/dettaglio.asp?id=395
"un concentrato di tensione immersa in un’ambientazione dalle sfumature gotiche e grottesche in cui la musica (Riccardo Della Ragione) e il sound design ricoprono un ruolo fondamentale." http://www.cinefilos.it/v2/tutto-film/recensioni/lerede-recensione.html
"La tensione tipica del thriller non si perde mai, anche grazie all’uso sapiente delle frequenze del suono, realizzato dal compositore Riccardo Della Ragione." http://www.newscinema.it/lerede-la-recensione-2335/
CS: Giovanni Michelucci – elementi di vita e città (Cristiano Coppi, 2012)
RDR: La vita dell’architetto Giovanni Michelucci fu particolare e ricca di curiose coincidenze e per me, essere chiamato a fare le musiche del documentario che racconta la sua storia, è stato veramente appassionante. Tengo a precisare che quando non sono a Roma a lavorare, vivo la mia vita nella tranquilla città di Livorno. In questa modesta città spicca un grattacielo alto 26 piani, questo particolare elemento di architettura moderna fu disegnato e progettato dall’architetto Giovanni Michelucci. Io abito proprio li dall’anno 2000 e ci abito perché da sempre avevo desiderato vivere con la possibilità di ammirare lo splendido panorama che si gode da lassù. Cristiano Coppi, regista del documentario, fu incaricato dalla provincia di Pistoia di raccogliere tutto il materiale e le testimonianze per ricostruire la vita dell’architetto. Quando arrivò a chiedere informazioni sul grattacielo di Livorno, un suo cugino livornese, che sapeva che io abitavo nel grattacielo, gli fece il mio nome. Fu così che Cristiano venne a casa mia per fare dei rilevamenti fotografici da inserire nel documentario e raccogliere più informazioni possibili dell’opera architettonica. Quando Cristiano scoprì che ero un compositore di musiche per film, fu un’altra delle coincidenze particolari che costellavano la vita di Michelucci. Tra le varie coincidenze non si può fare a meno di notare quella che riguarda la durata della sua vita, nato il 31 Dicembre 1880 e morto il 31 Dicembre 1990. Ovvero 100 anni esatti. Si può immaginare con che piacere ed orgoglio ho lavorato alla realizzazione di questo commovente documentario.
CS: Quali sono i tuoi compositori italiani e stranieri preferiti di musica per film?
RDR: Nella musica classica amo ascoltare Verdi, Puccini, Mascagni, Wagner, Orff, Beethoven e Bach. Mentre nel cinema, può sembrare scontato, ma mi piacciono molto le musiche di Ennio Morricone, Nino Rota, Nicola Piovani ed in particolare Armando Trovajoli. Apprezzo tantissimo anche le colonne sonore composte dai miei compagni della scuderia Warner: Paolo Silvestri, Enrico Sabena, Daniele Falangone, Francesco Cerasi, Louis Siciliano, Paolo Vivaldi, Andrea Guerra ed altri ancora. Cerco sempre di ascoltare i lavori degli altri compositori, penso che l’ascolto delle colonne sonore sia, oltre che piacevole, per me formativo, ho sempre tanto da imparare…. I compositori stranieri che apprezzo sono tantissimi, quelli che più mi hanno influenzato sono Eric Serra, Yanni, Michael Nyman, Trevor Jones, Bernard Herrmann, John Williams, Hans Zimmer ed in particolare Claude-Michel Schönberg e Andrew Lloyd Webber.
CS: Cosa significa per te “musica per immagini”?
RDR: Fare musica per immagini per me vuol dire cogliere quelle sfumature che il regista scrive e non scrive nella sceneggiatura, quelle sfumature che l’attore dice e non dice nella sua interpretazione. Vuol dire entrare con tatto e sensibilità in un disegno e cercare di colorarlo rispettando quello che il disegnatore voleva quando mi ha consegnato quel disegno in bianco e nero.
Intervista esclusiva a Riccardo Della Ragione
Colonne Sonore, alla continua ricerca di giovani talenti della musica per film, con le sue interviste sui generis che tanto successo hanno riscosso, e continuano a riscuotere, tra gli addetti ai lavori della musica applicata e voi affezionati lettori, questa volta ha incontrato ed intervistato il Maestro Riccardo Della Ragione.
Piacentino di nascita e livornese di adozione, Della Ragione ha intrapreso fin da giovane gli studi di chitarra classica e folk. Studi approfonditi che lo hanno portato nel corso degli anni formativi da musicista a creare diversi gruppi musicali, i country “N.C.R”, i Rock progressivo “Dark Horizon” e i “Target One”, band con la quale suona nelle basi militari americane e in varie città italiane. In seguito, amando tantissimo esibirsi dal vivo, forma altri gruppi, i “Riccardo Della Ragione Group”, i "Soppalko" e “2 Friends 4 Hands” un duo acustico che vede Riccardo suonare e cantare insieme al celebre percussionista straniero Karl Potter.
Della Ragione nel frattempo prosegue a studiare privatamente composizione, arrangiamento e orchestrazione con il Maestro Susini e nel settembre del 1999 si iscrive ad un corso di specializzazione per compositori di musiche per teatro, cinema e televisione. Un corso che supera brillantemente e che annovera tra gli insegnanti Germano Mazzocchetti, Nicola Piovani, Fabrizio De Rossi Re, Pierre Sauvageot, Aldo Tarabella, Marco Baraldi e Claudio Vaira.
Negli anni ’90 il Maestro piacentino realizza diverse canzoni pop esibendosi come cantautore. Proprio nel 1999 incontra il regista Stefano Calvagna, con il quale instaurerà un lungo sodalizio, che aveva scelto Livorno come location per il suo primo film Senza paura: sarà questa la sua prima colonna sonora.
Da quel momento si aprono per Riccardo Della Ragione le porte del Cinema realizzando molteplici partiture per film di vario genere, dalla commedia al dramma, dal thriller all’azione. Il suo stile compositivo spazia dalle sonorità pop a quelle folk, dal jazz al country, dalla musica dance, in tutte le sue espressioni, ai ritmi latini, dal rock progressivo alla sperimentazione elettronica, sempre con una predilezione per la forma “canzone”, presente in tutte le sue composizioni per film e non. Non disdegna la struttura classica sinfonica qualora le immagini la richiedano. Come molti musicisti di musica applicata della sua generazione è un eclettico che ben si adatta alle esigenze filmiche che di volta in volta gli vengono imposte, risolvendo sempre con grande classe ed abilità melodica e armonica le sue attribuzioni lavorative. Ama moltissimo le commistioni musicali che sono, nelle sue soundtracks, il vero punto di forza!
Colonne Sonore: Senza paura (Stefano Calvagna, 2000)
Riccardo Della Ragione: Senza paura è l’opera prima di Stefano Calvagna, la storia di un gruppo di ragazzi che facevano rapine con dei semplici taglierini, ispirato alla realtà della banda del taglierino di Roma. Era l’Aprile dell’anno 1999 ed io fui contattato da un amico per fare un piccolo ruolo in un film che stavano iniziando a girare nella mia città, in quegli anni diverse produzioni cinematografiche sceglievano come location per le loro riprese la costa livornese. Quando mi presentarono al regista Stefano Calvagna, io mi proposi come compositore della colonna sonora del suo film, gli dissi che molto probabilmente nel ruolo di compositore avrei potuto dare molto di più. In quel periodo, oltre a fare concerti come cantautore, avevo finito da poco tempo un percorso formativo per arrangiamenti musicali e orchestrazione. Il regista accolse la mia proposta, era la sua opera prima e lo era anche per me, dopo una breve riflessione Stefano mi mise alla prova dandomi la sceneggiatura ed incoraggiandomi a portargli un provino delle musiche entro una decina di giorni. Era una buona occasione per esprimere le capacità accumulate come musicista e compositore. Mi misi subito al lavoro e quattro giorni dopo invitai Stefano insieme al produttore nel mio piccolo studio per fargli ascoltare una prima stesura del tema che avevo composto. Era un brano unico che durava 15 minuti in cui commentavo tutte le emozioni che la sceneggiatura mi aveva dato. Il mio lavoro piacque tantissimo al regista e non solo, ci fu un apprezzamento da parte di tutti, produzione e attori. Ricordo sempre con piacere che Alessio Boni (all’epoca attore esordiente) era uno dei miei sostenitori più accaniti insieme al regista. Questa conferma mi dette fiducia e continuai a migliorare il lavoro iniziale del tema e le sue declinazioni, si passava dal Rock della chitarra elettrica alla musica classica con gli archi e gli ottoni, inoltre utilizzai la vocalità del soprano Daniela Contessi come insolito collante tra i momenti classici e le parti più Rock. Una vivacità compositiva che esaltava i momenti di azione e quelli drammatici sottolineando tutte le emozioni della pellicola. In più, per chiudere il cerchio in modo coerente non potei fare a meno di scrivere la canzone per i titoli di coda. Sottoposi il testo del brano alla supervisione del regista prima di cantarla e poi feci ascoltare la versione definitiva alla festa di fine ciak. La canzone riscosse un gran successo, si sviluppava sulle note del tema musicale e concludeva il percorso del film con un messaggio positivo, una chiave di lettura alternativa rispetto alla storia dei protagonisti. Ringrazio ancora oggi Stefano Calvagna per avermi lasciato la possibilità di esprimermi sia nella veste di compositore che nella veste di cantante.
http://www.lafeltrinelli.it/products/8024607005048/Senza_Paura/Stefano_Calvagna.html
CS: Amori in transito (Beatrice Luzzi, 2002)
RDR: Amori in transito è un cortometraggio che fu prodotto da Maddalena Mayneri per rappresentare e raccontare la città di Trieste all’interno del festival Maremetraggio, organizzato proprio nella città di Trieste. Il soggetto di Beatrice Luzzi raccontava una fugace storia d’amore tra due ragazzi che aveva come sfondo le location più rappresentative della città di Trieste. Ricordo con piacere quel lavoro per la stupenda atmosfera che si respirava all’interno del festival del cortometraggio “Maremetraggio”. Il tema delle musiche di commento fu sviluppato da una canzone che composi di getto subito dopo aver letto la sceneggiatura scritta da Roberto Dolli. Il brano si intitolava “La terra e la luna”, ricalcava il titolo e le parole di una sorta di poesia che lo sceneggiatore aveva inserito come inizio del cortometraggio. Il successo della canzone fu clamoroso, venne programmata dalla radio cittadina per tutta la durata del festival. Nella serata finale fui invitato a Trieste e premiato per la miglior canzone del festival e “La terra e la luna” da quel momento diventò la sigla del festival Maremetraggio.
CS: Arresti domiciliari (Stefano Calvagna, 2003)
RDR: Le riprese di questa commedia frizzante sono iniziate nella primavera del 2000, Stefano Calvagna, insieme ai produttori, aveva inizialmente coinvolto un musicista di Roma per la colona sonora del suo nuovo film. In seguito, durante la post produzione, fui chiamato dal produttore e successivamente anche da Stefano per fare un provino. Mi confessarono che non erano molto contenti di come venivano realizzate le musiche. Stefano mi chiese inizialmente di fare un brano latino americano che doveva servire per la scena più trasgressiva del film. La scena prevedeva il ballo sul tavolo di Adriana Volpe con il gruppo di amici del protagonista, che era agli Arresti domiciliari. I ragazzi avevano organizzato una festa a casa del protagonista e dopo aver bevuto e fumato sbavavano dietro ai movimenti sexy di Adriana. Per l’occasione composi il brano “Notti”, la canzone una volta montata sulla scena funzionava benissimo, dava la giusta spinta e amplificava bene l’allegria che caratterizzava quella scena. Tra l’altro questa atmosfera di allegria ben interpretata dal brano, fu colta successivamente anche dalla produzione che organizzava il Capodanno della RAI. Fu così che nel Capodanno del 2002 mi trovai a cantare e ballare la mia canzone “Notti” nella trasmissione “La nave di Capodanno” (andata in onda a reti unificate RAI 1 e RAI 2 la notte di San Silvestro del 2001). Tornando al film, furono altre quattro le canzoni inserite nella colonna sonora, oltre alle musiche di commento, che m’impegnarono particolarmente in quanto frammenti musicali ricchi di dettagli e sottolineature umoristiche. Un lavoro divertente ma lungo ed impegnativo, finimmo di mixare il film nell’anno successivo che, per problematiche varie legate anche alla distribuzione, alla fine uscì nel 2003.
http://www.lafeltrinelli.it/products/8024607000227/Arresti_Domiciliari/Stefano_Calvagna.html
CS: Odioamore (Antonio Cristiano e Riccardo Della Ragione, 2004)
RDR: Antonio Cistiano mi chiamò esternandomi da subito la sua volontà di coinvolgermi oltre che nelle musiche anche nella parte registica del progetto. Si trattava di riprendere la commedia teatrale del vernacolo Livornese Socera e Nora e realizzarla con il taglio della commedia cinematografica. La storia scritta nella sua prima stesura intorno al 1958 da Ivano Ghezzani, fu condivisa nelle varie rappresentazioni teatrali da Antonio Cristiano. La volontà di Antonio era quella di reinterpretare la sceneggiatura in una chiave cinematografica, una commedia vernacolare, questo fu il motivo per cui mi chiese di dargli una mano nella regia del progetto. Per le musiche scelsi un tema musicale nazional popolare che veniva cucito nelle varie situazioni dando questo sapore a metà tra il teatro e la commedia, molto divertenti furono anche le sottolineature di tipo comico di cui il film è ricco. Il finale, in cui l’amore trionfa su tutto, viene rappresentato da un tango passionale che mantiene il tema nazional popolare nel suo ritornello.
Nella parte registica il mio apporto fu quello di modernizzare la storia, avvicinandola al punto di vista di uno spettatore degli anni 2000, inserendo nuove storie e personaggi che si integravano con i personaggi teatrali, sviluppai una nuova sceneggiatura armonizzandola con quella vecchia scritta da Antonio Cristiano e girai insieme a lui tutte le scene del film.
CS: L’uomo spezzato (Stefano Calvagna, 2006)
RDR: Quando Stefano mi chiamò per fare le musiche de L’uomo spezzato aveva già iniziato le riprese del film e mi chiese subito di mettere un brano Dance all’interno di una scena che stavano girando. Fu così che il brano “Knowing no fear” fece la sua ennesima apparizione. La sua sonorità molto attuale fu utilizzata anche per i titoli di testa. Quando iniziai a lavorare sul tema del film provai alcune melodie finché non trovai quella che più si prestava ad interpretare il dramma e la ribellione che il protagonista suo malgrado era costretto a vivere. Una lacerazione che bene viene rappresentata nel brano “L’urlo della verità” composto per rappresentare, come in un video clip musicale, il sunto della tragedia che veniva consumata all’interno del film. Federica Sbrenna, attrice protagonista, aveva ingiustamente accusato il suo professore di pedofilia. Un accusa infamante che il protagonista, Stefano Calvagna, vivrà come un timbro che non riuscirà più a togliersi di dosso. La produzione questa volta mi assegnò un budget economico adeguato alla realizzazione della colonna sonora, nei lavori precedenti avevo avuto un semplice rimborso spese. Fu questa possibilità che fece la differenza nella qualità delle registrazioni. Per la prima volta utilizzai un orchestra vera di archi e fiati, in più potei contare su musicisti del calibro di Karl Potter alle percussioni, Pietro Bertilorenzi al basso, Cristiano Pacini al sax, Claudio Fabiani al flauto, Manolo Nardi alla tromba, Sarah Crespi al violino, Lorenzo Confetta al mix finale. Un salto di qualità generale che è servito anche a me, riuscendo a farmi esprimere al meglio. Mi dette molta soddisfazione scrivere e cantare il brano “La mia anima” canzone che racconta la riappacificazione con se stessi. Questa colonna sonora è stata per me una delle pagine più importanti della mia vita professionale, ho approfondito la mia sensibilità come artista ed ho avuto il riconoscimento, oltre che del pubblico, anche dalle case discografiche. Da questo lavoro in poi è iniziata la mia collaborazione con la Warner Chappell Music Italiana. Il mio lavoro piacque molto a Giovanni Marolla che lo fece distribuire dalla Warner Music, anche se il film era uscito nelle sale già da sei mesi. Fu una grande soddisfazione e da lì cominciò il mio percorso con la Warner.
http://www.youtube.com/watch?v=oYB8uAcnR20
CS: Il lupo (Stefano Calvagna, 2007)
RDR: Questa volta Stefano Calvagna mi chiamò con una certa premura, la musica che era stata in parte fatta dal musicista che era stato scelto non rappresentava quello che Stefano voleva. La telefonata quindi fu breve ma ricca di dettagli: abbiamo quasi finito le riprese e voglio oltre alle musiche di commento una bella canzone come solo tu sai fare, con un testo che racconti la storia del “Lupo”. Io come nelle occasioni precedenti mi misi subito al lavoro e dopo aver letto la sceneggiatura iniziai la composizione del tema portante suonandolo con la mia chitarra Folk. L’intento, in accordo con le indicazioni del regista, era quello di cucire sulle immagini una melodia Blues che raccontasse con una sottile inquietudine il lamento del “Lupo”, oltre all’aspetto melodico era però importante tenere conto dell’arrangiamento che doveva avere delle connotazioni tribali, in quanto l’immagine del lupo ha una certa valenza in tutte le culture, dai Nativi Americani ai giorni nostri, da qui l’utilizzo di percussioni affidate alle mani esperte di Karl Potter e di Silvano Del Gado. Il primo di grande esperienza nella musica etnica e internazionale, il secondo più vicino alle interpretazioni legate alla danza. È così che nasce un Blues etnico in Mi minore… la stesura del testo ha richiesto un’attenzione particolare per poter raccontare, per quanto possibile, la storia del Lupo (Luciano Liboni). Un’altra particolarità sta nell’utilizzo della ghironda, strumento fortemente voluto dal regista e abilmente suonato da Giovanni Cadoni, già nel primo brano si avverte il sapore etnico mediterraneo che bene rappresenta l’intreccio con il Marocco, luogo dove il “Lupo” viveva idealmente l’amore e la possibilità di un’altra vita. Per questo motivo ho ritenuto opportuno inserire fin dall’inizio la voce femminile con connotazioni mediorientali, magistralmente interpretata da Aurora Loffredo. La matrice etnica che si miscela con il ritmo urbano, questo è un po’ il sapore del brano “Il lupo nasce dentro”, la profonda voce di Emanuele Bernardeschi, interprete dei cori, sottolinea l’impulso primordiale che emerge nelle situazioni di sfida e di tensione che attraversano il “Lupo” (interpretato da Massimo Bonetti) e il Maresciallo dei carabinieri (Enrico Montesano). Mentre la magia del flauto dolce e del flauto traverso è affidata a Claudio Fabiani che sapientemente si inserisce donando un’area Irish all’insieme musicale. Un particolare insolito sta nella mia partecipazione alla scena girata a Ponte Milvio. Per l’occasione il regista mi chiese di interpretare un chitarrista romantico che ispirato dalla musica degli U2 suona tutti i giorni su questo bellissimo ponte, ed è proprio li che il “Lupo” incontra il suo vecchio amico “Mauro”, uno dei componenti del gruppo con il quale suonava la musica rock da giovane. Infatti i brani “Sul ponte “ e “Ponte Milvio” fanno da citazione a quel periodo in cui i ragazzi si trovano nei garage per suonare divertendosi insieme. Da qui la volontà di mantenere questo sapore genuino nella registrazione, affidata a Fabio Franchi alla batteria, Pietro Bertilorenzi al basso ed io alla chitarra, il pianoforte è stato suonato da Diego Montagnani. La parte istintiva, quella del lupo che danza, è stata interpretata nel brano “Wolf ‘s dance”. Nasce come ultima composizione ed è rappresentativa del personaggio “Gladio”, che oltre ad essere padrone di una discoteca, è colui che più di tutti desidera che il “Lupo” riesca nella sua impresa. Chiaramente non poteva mancare la visione melodrammatica che bene viene espressa nei brani “L’ultimo percorso” e “L’ultimo saluto” , qui ho potuto dare spazio al violino di Sarah Crespi, mia violinista prediletta, e a Manolo Nardi che impreziosisce questi due brani inserendosi con tromba e flicorno, il tutto viene meravigliosamente potenziato dagli archi dell’orchestra AMIT.
http://www.youtube.com/watch?v=5iNeadb-9EI
CS: Il peso dell’aria (Stefano Calvagna, 2008)
RDR: Con Il peso dell’aria siamo partiti dal riarrangiamento di una Cover “L’ultima poesia”, che nella versione originale viene cantata da Gianni e Marcella Bella. Il brano ci sembrava particolarmente adatto in quanto nel suo ritornello citava l’aria come veicolo di poesia…. Parlandone insieme a Stefano ci trovammo d’accordo che per attualizzarla la cosa più giusta fosse riproporla in versione latineggiante. Avevamo anche la possibilità di far cantare la parte femminile a Brunella, che oltre a fare la protagonista nel film vantava una ottima dote canora. Il provino che portai piacque subito a tutti, la nuova versione risultava ancor più accattivante di quanto ci si aspettasse, lo stile latino e l’impeccabile esecuzione ritmica eseguita da Roberto Vannini (batterista dei primi New Trolls) aveva convinto tutti, anche Giovanni Marolla, che in qualità di editore doveva assicurarsi che la reinterpretazione di un brano così importante come “L’ultima poesia” fosse quantomeno dignitosa…. Avuto il benestare dalla Warner siamo partiti con la registrazione del definitivo, a quel punto Stefano, che ama cantare quanto fare il regista, si propose come interprete insieme a Brunella. La cosa aveva una sua coerenza in quanto nel film anche se i ruoli che interpretavano erano antagonisti, in realtà i due personaggi provavano una perversa attrazione velata dalle situazioni contingenti. Vinte le perplessità, Stefano e Brunella si sono organizzati in modo da incastrare tra una ripresa e l’altra la registrazione vocale del brano. Io nel frattempo stavo già lavorando sulla melodia principale del film, l’argomento trattato era l’usura, e quindi anche questa volta era richiesta una particolare attenzione nel testo e nel Leitmotiv del film. La mia interpretazione si è diretta verso una melodia incalzante e corrosiva, poggiata su di una armonia in tonalità Minore che avesse una apertura in tonalità Maggiore nei momenti di rivincita. Come da mia abitudine sono partito dal brano dei titoli di coda, la canzone “Il peso dell’aria”. Il film racconta la storia di una coppia felice che vede crollare il proprio matrimonio a causa dell’illusione di superare i propri problemi economici tramite un prestito di denaro di un falso amico, una sfida che, pur lasciando segni indelebili, viene vinta dagli sfortunati protagonisti. Infatti anche la canzone esalta l’amore che riesce a trasformare in positivo, la pesantezza dell’esperienza negativa. Vista la bravura già espressa da Brunella nell’interpretazione de “L’ultima poesia” e visto che il mio editore, Giovanni Marolla, ne era rimasto entusiasta, abbiamo pensato di cantare anche “Il peso dell’aria” a due voci… d’altra parte non capita tutti i giorni di avere una attrice con una capacità vocale così spiccata. Questo è anche il motivo che ci ha portato ad inserire nella colonna sonora un altro brano interpretato da Brunella, “Nothing”, una canzone ideata e proposta da lei stessa che tutti abbiamo molto apprezzato e che può vantare la partecipazione di Karl Potter alle percussioni, Danny Crews alla chitarra e Ellie Young al violoncello.
Per i titoli di testa ho utilizzato una sonorità in stile Massive Attack, concordata con Stefano a seguito della segnalazione di Franco Carrozino che ha curato il montaggio del film. Nelle atmosfere più classiche in cui ho utilizzato gli archi in primo piano, si nota l’inserimento del violinista Marcello D’angelo (violinista del Maggio Musicale Fiorentino) che duetta insieme alla violista Sarah Crespi in un leggero crescendo, struggente e coinvolgente al tempo stesso. Il tema principale del film prende forma e si dinamizza in “Rugiada nell’aria”, il tema muta in una divisione ritmica di 6/8 dando al momento di sfogo del pianto una connotazione liberatoria, il crescendo degli archi commenta ed accompagna la narrazione che l’usurato fa alla propria compagna di sventura. Da questa evoluzione emotiva e musicale si arriva a “Cuore in gola”, il brano commenta il duello finale tra i due protagonisti. Il tema principale cantato dalla chitarra elettrica distorta si intreccia con i suoni elettronici che hanno caratterizzato “L’usura”, i virtuosismi ritmici di Roberto Vannini si amalgamano con un eccellente Flauto dal sapore Jethro Tull che Claudio Fabiani ha inserito con il giusto equilibrio, un ouverture finale sottolineata da un continuo battito cardiaco, così da rendere ancora più chiaramente intensa l’emozione che coinvolge i due protagonisti.
http://www.youtube.com/watch?v=yknLGRYyQr4
CS: Tutti intorno a Linda (Barbara e Monica Sgambellone, 2009)
RDR: Quando lessi la sceneggiatura di questo Film (Commedia all’Americana) risi come da tempo non accadeva. Mi colpì molto la freschezza e l’intelligenza umoristica delle due sorelle Sgambellone, tant’è che le chiamai al termine della lettura per complimentarmi con loro. Fissai un appuntamento per consultarmi sulla linea che volevano intraprendere per i commenti musicali. L’incontro avvenne all’ospedale di Torino, ma, fortunatamente nessuno di noi stava male (ride). Era solo il posto che avevano scelto per girare la scena del finto parto di “Linda”, la protagonista del film. Rimasi molto coinvolto da quel set, forse perché mi inserirono subito all’interno della scena che stavano girando facendomi fare una comparsa che richiedeva particolari attitudini teatrali (inquadrarono le mie scarpe che camminavano velocemente verso la stanza del parto… (ride). Fu l’esordio del nostro incontro; e probabilmente, è proprio a causa dell’ambiente ospedaliero che la prima cosa che ho scritto di questa colonna sonora è la canzone “Linda’s therapy”, successivamente inserita nei titoli di coda. Forse tutto quello che ci succede ha un senso?!? (questa era l’atmosfera che ho respirato e piacevolmente condiviso). Comunque, scherzi a parte, il film era intriso di comicità femminile che la protagonista esprimeva, tra crisi di ipocondria e momenti di sfiga universale, cercando il giusto percorso per trovare l’uomo adatto per lei. La scelta delle registe di commentare il film con musiche e canzoni ispirate al Jazz degli anni 50, mi rese particolarmente felice. Difficilmente capita di comporre musica con quell’allegria e con quello stile. Questo stimolava in me una nuova sfida, sia nella composizione che nell’interpretazione. In effetti questa colonna sonora mi ha dato modo di manifestare alcuni lati della mia creatività fino a quel momento sopiti. Anche Monica e Barbara sono state brave nel seguire le musiche; abbiamo sempre cercato insieme l’interpretazione migliore e sicuramente ci sono stati dei momenti in cui le loro richieste “particolarmente particolari” mi hanno messo a dura prova; ma ogni volta che riuscivo a realizzare le loro aspettative, si sentiva una maggiore soddisfazione per entrambi. Tra le mie preferite, oltre a “Linda’s therapy”, cantata a due voci insieme a Roberta Cingolani, voglio menzionare “Pink wig”, “The end of the night”, “Edo’s dreams”, “This is tour moment”, e ”Linda” che è stata composta e cantata in perfetto stile “Andrews Sisters” da Irene Vavolo, Yula Ceccarini e Roberta Cingolani.
http://www.youtube.com/watch?v=q5LQutlGP_M
CS: L’ultimo ultras (Stefano Calvagna, 2009)
RDR: Stefano mi parlò del progetto di questo film con l’entusiasmo di sempre, mi invitò a Milano, città in cui si era trasferito da qualche mese, per presentarmi i personaggi che avrebbero fatto parte di questo nuovo progetto. Rimasi colpito dal fatto che questa volta Stefano faceva riferimento, come base del proprio lavoro, a Milano e dintorni. Io mi lessi la sceneggiatura e poi ad Aprile andai a trovarlo sul set, qui parlammo di come impostare la parte musicale e chiaramente ognuno disse la propria, Stefano dette spazio alle opinioni dei due aiuto registi e di altri tecnici. Il risultato fu che si parlò di fare una colonna sonora, che per alcuni, doveva essere Rock aggressivo (stile Molotov, Rage Against The Machine) e per altri doveva essere musica classica che messa in contrasto con le scene di violenza doveva accentuare l’emotività del momento (stile Stanley Kubrick). In seguito io iniziai a creare alcune cellule musicali e continuai a sentirmi con Stefano per telefono. In un primo momento lui spingeva verso la direzione della Lirica tant’è che pensava di mettere il brano “Vesti la giubba” (di Ruggero Leoncavallo) nelle scena clou del film. In particolare voleva sottolineare con la lirica la scena in cui l’ultras, protagonista del film, dava la coltellata al tifoso della squadra concorrente. A me piaceva molto la scelta della lirica e stavo pensando di adattare le musiche di commento da me composte a quello stile, così da creare un tutt’uno armonico con il brano di Leoncavallo. Poi a mente fredda, un mesetto più tardi, ci fu una riflessione di Stefano sul tipo di spettatore che avrebbe visto il film e, sollecitato dagli aiuto registi, pensò che forse andare nel mondo della lirica era un po’ troppo ambizioso e che era più giusto andare verso il mondo della musica Rock. Concordammo comunque che molte delle scene avevano bisogno di un sottofondo in stile tribale, con tamburi e cori che ricordano la curva ed il tifo degli ultras, e che in altre serviva una musica dolce per sottolineare i momenti di riflessione e la pace che il protagonista cerca nel nascondersi da tutti trasferendosi sul lago di Garda. La cosa cominciò a farsi abbastanza complessa, anche perché ormai eravamo arrivati a Giugno ed il film doveva essere consegnato alla distribuzione il 21 Luglio. La prima difficoltà stava nel realizzare l’emotività dei cori da stadio. In effetti la cosa più giusta era creare dei cori che fossero in armonia con il resto della colonna sonora, quindi cori da stadio ma fatti apposta per il film. Non è stato facile ma fortunatamente sono riuscito a radunare alcuni gruppi di tifosi e farli cantare nei cori scritti da me appositamente per il film, tra l’altro fu una piacevole sorpresa scoprire che i tifosi dello stadio cantavano in modo così intonato. Sono partito da qui, dal momento in cui nasce il coro che incita e che esalta, poi ho sviluppato la melodia che da questi cori diventa canzone, creando una specie di inno degli ultras che esalta le qualità positive dello sport e condanna la violenza negli stadi, “Ultras più che mai”. Nella canzone “Ultras più che mai”, che accompagna i titoli di coda, io esprimo tutto il mio apprezzamento per l’entusiasmo dello stadio e del tifo organizzato, senza però avvallare in nessun modo la violenza e la strumentalizzazione politica che si nasconde dietro al movimento calcistico. Le scene degli scontri sono state interpretate dal brano “Ultras” che ha un crescendo di batteria, suonata magistralmente da Leandro Bartorelli, percussioni e chitarre elettriche fino all’esplosione musicale che sottolinea l’aggressività degli scontri. I momenti di riflessione e di vita quotidiana sono stati affidati alla dolce melodia del brano “Il lago”, l’orchestra d’archi ed il pianoforte bene hanno rappresentato e sottolineato i vari accadimenti. Con il brano il “Walzer del lago” ho voluto evidenziare la parte romantica che affiora nei momenti di contatto e di affetto che si sviluppano con Marina, la coprotagonista. Un attenzione speciale va al brano “Il pugnale mio”, il caso ha voluto che proprio mentre stavo ultimando la colonna sonora è venuto a trovarmi Alessandro Rosteni, tenore con il quale ho tenuto alcuni concerti in Spagna. Siccome l’idea della lirica a me era piaciuta e trovavo che, non negli scontri, ma in alcuni punti avesse potuto dare un valore aggiunto, ho proposto al tenore di registrare prima di tornare in Spagna la voce di un nuovo brano lirico da me composto.
Il vero dramma era che avevo appena quattro giorni prima che lui tornasse in Spagna ed avevo a malapena scritto qualche riga della canzone. Tra l’altro era la prima volta che componevo qualcosa in stile lirico. Detto, fatto, mi misi a lavorare anche la notte… La mattina del giorno che Alessandro doveva partire, tra le ore 10.00 e le 14.00 abbiamo registrato il brano. È stata una sfida entusiasmante… Stefano ha sentito il tutto direttamente al momento del mix finale e, fortunatamente, ha apprezzato il lavoro svolto, così abbiamo montato direttamente al mix finale molte delle musiche che avevo composto. È stato un lavoro svolto veramente in tempi da record.
http://www.youtube.com/watch?v=WsL0CA8O45I
CS: Dopo quella notte (Giovanni Galletta, 2010)
RDR: Anche per questo film sono partito, come sempre, dalla sceneggiatura. Letta con cura dopo aver parlato più volte con il regista Giovanni Galletta. Questi incontri mi hanno portato a porre una particolare attenzione all’aspetto "mistico" che lui voleva esaltare. Protagonisti della storia un gruppo di amici che perdono “Francesco” in un incidente stradale, il più simpatico e gioioso del loro gruppo. Nell’affrontare la questione della morte si può imparare a vivere, questo era il messaggio del film. Concordammo su molti aspetti, che fanno parte del percorso religioso che ognuno coltiva nella propria spiritualità. Nel film il lutto diventava un "tormento", un pensiero costante che stimola il percorso dei vari personaggi. Questo pensiero ricorrente per Giovanni Galletta si chiamava “malinconica ridondanza”. Il tema principale del film, infatti, è stato composto seguendo la volontà del regista di mettere in risalto questa "malinconica ridondanza" in cui entra la mente di chi soffre per un lutto. Ma la cosa che volevamo, sia io che Giovanni, era che questa stessa melodia diventasse calzante anche nella trasformazione del lutto, per commentare con lo stesso tema i momenti di superamento della sofferenza che si trasforma in gioia della vita a prescindere. La mia sfida è stata trovare le note giuste che potessero commentare questi due estremi senza delle sensibili variazioni. Devo dire che sono contento del risultato perché alla fine il tema che ho composto esaltava sia i momenti tristi che i momenti gioiosi, le variazioni sono veramente impercettibili, un po’ come succede a tutti noi, a volte sono delle variazioni impercettibili a fare la differenza del nostro stato d’animo. Questi concetti oltre che nella musica sono stati trasferiti da me nel brano “Una vita a metà”, canzone inserita nei titoli di coda del film. Ho riportato le mie riflessioni più profonde sul significato dell’esistenza nel testo della canzone. Il ritornello recita così: "Passo su passo io salgo con te. Fino al punto più alto che c’è. E da lì la bellezza nel cuore entrerà. Tra i sorrisi e l’amarezza di una vita a metà". E' chiaro che stiamo parlando del percorso che i protagonisti fanno, che, anche se viene fatto in modo autonomo, è condiviso, in quanto ognuno è legato agli altri da un filo sottile. Salire fino al punto più alto vuol dire risolvere il dramma insieme. Da lì in poi, nel nostro cuore entra un nuova consapevolezza, che viene amplificata dalla bellezza esteriore di essere arrivati sulla vetta. Questo dà la forza a chi ha fatto il percorso di apprezzare sia la tristezza, che è stata la causa scatenante, che la gioia che addirittura si amplifica in quanto condivisa. “Una vita a metà” canzone dei titoli di coda, potrebbe essere percepita come un’affermazione negativa, in parte lo è ma questa è una scelta voluta. Penso che tutte le cose che affrontiamo possono essere negative e al tempo stesso positive, dipende molto da noi, da come le elaboriamo, dal percorso che facciamo. Il titolo “Una vita a metà” contiene vari significati, il primo è quello del protagonista che muore nell’incidente: la sua vita si interrompe in gioventù e quindi non è stata pienamente vissuta, in realtà anche un’esistenza interrotta può essere stata più degna e piena di una vita più lunga. Un altro significato è che nessuno vive una vita priva di problemi e completamente appagata in tutto e per tutto. Ci sono sempre delle cose che non potremmo avere o fare ma non per questo la nostra vita diventa una vita da disprezzare. Un ulteriore significato è quello della condivisione. Viviamo sempre la vita a metà con qualcuno, i genitori, i fratelli e le sorelle, gli amici, il rapporto di coppia. Nessuno vive veramente da solo, a meno che non lo voglia. L’ultimo significato e quello più importante, è quello della trascendenza, ovvero la morte. Tutti noi in realtà viviamo la vita a metà con la nostra parte spirituale che è eternamente connessa alla parte che meno conosciamo di noi stessi, che trascende la vita presente e ci proietta verso l'eternità. E' quello con cui ognuno di noi fa i conti quando veramente è da solo con se stesso e stranamente, anche in quel momento, ci si trova a parlare con la propria anima, con il proprio Dio, con la propria coscienza, con la propria legge. Questo è il vero percorso che ci accomuna e che viene stimolato dalle cose che ci accadono, il più delle volte questi stimoli arrivano dalle sofferenze, ma a volte anche dalla bellezza, l’importante è non perdere mai l’occasione di fare un passo in più. Il brano che ho composto per la scena della discoteca, una delle scene chiave del film, si intitola “Let’s ferak”. Grazie a questa composizione ho avuto il piacere di collaborare con uno dei DJ più attenti alle tendenze della musica in discoteca, il DJ Claudio Cava. In più nel film abbiamo avuto l’onore di avere un vocalist di eccellenza, una delle voci storiche di Video Music, il mitico Jhonny Parker.
http://www.youtube.com/watch?v=bIVgfaOZ-Z8
CS: Caribbean Basterds (Enzo G. Castellari, 2010)
RDR: In questo film il mio apporto è stato marginale, fui coinvolto dalla Warner Chappell per dare una mano alla composizione delle musiche Caraibiche che dovevano accompagnare le scene spensierate dei protagonisti del film. La composizione delle parti musicali della colonna sonora era affidata al Maestro Daniele Falangone. Abbiamo quindi collaborato per dare più uniformità possibile alle composizioni che avevamo fatto cercando di mantenere una linea comune pur salvaguardando la nostra creatività. Oltre ad alcuni commenti caraibici ben sostenuti dalle percussioni di Davide Domilici, per l’occasione, composi il brano “La musica de mi vida”. Scritta con metrica e BPM scrupoloso, in quanto la canzone doveva essere sovrapposta in fase di montaggio alla canzone che i musicisti di scena cantavano mentre i protagonisti si cimentavano in una dimostrazione di danza e lotta. La canzone piacque molto, sia a Castellari che a Giovanni Marolla della Warner Chappell, tant’è che ne fu fatto un singolo distribuito dalla Warner Music.
http://www.youtube.com/watch?v=-64DV7fzDH8
CS: L’erede (Michael Zampino, 2011)
RDR: L’incontro con Michael è avvenuto alla fine del novembre 2009, aveva appena finito di girare il film ed era alla ricerca del musicista che meglio potesse interpretare l’emozione che L’erede doveva trasmettere. Insieme abbiamo cercato di scoprire “lo spirito” del film. Si trattava di un thriller psicologico molto ben fatto con degli equilibri ricercati sia nella sceneggiatura che nella recitazione degli attori. Parlando con il regista ed il montatore ci accorgemmo che per essere originali dovevamo evitare i luoghi comuni, le partiture ridondanti, “angoscianti” o “cupe” che spesso imperversano nei thriller. Cercavamo una lettura a più livelli per poter creare nello spettatore un sentimento di stranezza e di curiosità. Volevamo anche amalgamare il più possibile la musica agli effetti sonori, soprattutto ai rumori che uscivano dalla strana villa dell’Erede. Questa ricerca sonora mi ha dato modo di mettere in campo gli studi che avevo fatto con il Maestro Pierre Sauvageot sul suono e sui “rumori musicali”. Infatti una delle composizioni rappresenta “la voce della casa” mentre nei momenti di particolare tensione ho creato un ambientazione sonora che fonde i rumori di scena con suoni creati dai percussioni e melodie nascoste che, pur essendo poco percettibili, trasmettono una forte emozione allo spettatore. Nel brano “L’Eredità” ho lavorato a livello frequenziale, sfruttando la conoscenza delle onde sonore a livello fisico ed emotivo, la sensazione emotiva viene accompagnata dalla stimolazione fisica del suono che è percettibile dallo spettatore grazie all’impatto sonoro del Dolby Surround. In effetti gran parte della colonna sonora è stata composta pensandola già in 5.1 nel momento in cui veniva scritta la partitura. In questo film ho avuto anche l’occasione di cimentarmi nella composizione di un brano dance anni 70: scrivendo la canzone “It’s time to dance” ho potuto assaporare l’umorismo sarcastico di Michael. Ma ciò che più mi ha dato soddisfazione, è la composizione del brano “L’Erede”, che poi è il tema principale del film. All’inizio avevo sottoposto a Michael 3 diverse versioni, una classica, una più movimentata in 3/4 ed una più complessa in 7/8. Chiaramente Michael scelse quella più complessa, anche perché la divisione ritmica in 7/8, pur essendo dispari, era stata da me ben integrata su di una dolce melodia che rendeva ancora più intrigante l’atmosfera. E’ stato un contrasto di emozioni e di situazioni che ci ha permesso di cercare ispirazioni musicali a 360 gradi: dal sound elettronico alla fiaba giapponese (con tanto di arpa e flauto), dalla musica Funk al folk americano, fino alle canzoni Hawaiane.
http://www.youtube.com/watch?v=R7KrHAZVnYc
http://www.youtube.com/watch?v=sWrrMC3_k8Y&context=C4019237ADvjVQa1PpcFOaa2b1h7Nro0xyxn_5JJfiLRqaH30ELOE%3D
“L’erede” coglie i migliori risultati (ottimo, in particolare, il commento musicale di Riccardo Della Ragione) http://www.valeriocaprara.com/dettaglio.asp?id=395
"un concentrato di tensione immersa in un’ambientazione dalle sfumature gotiche e grottesche in cui la musica (Riccardo Della Ragione) e il sound design ricoprono un ruolo fondamentale." http://www.cinefilos.it/v2/tutto-film/recensioni/lerede-recensione.html
"La tensione tipica del thriller non si perde mai, anche grazie all’uso sapiente delle frequenze del suono, realizzato dal compositore Riccardo Della Ragione." http://www.newscinema.it/lerede-la-recensione-2335/
CS: Giovanni Michelucci – elementi di vita e città (Cristiano Coppi, 2012)
RDR: La vita dell’architetto Giovanni Michelucci fu particolare e ricca di curiose coincidenze e per me, essere chiamato a fare le musiche del documentario che racconta la sua storia, è stato veramente appassionante. Tengo a precisare che quando non sono a Roma a lavorare, vivo la mia vita nella tranquilla città di Livorno. In questa modesta città spicca un grattacielo alto 26 piani, questo particolare elemento di architettura moderna fu disegnato e progettato dall’architetto Giovanni Michelucci. Io abito proprio li dall’anno 2000 e ci abito perché da sempre avevo desiderato vivere con la possibilità di ammirare lo splendido panorama che si gode da lassù. Cristiano Coppi, regista del documentario, fu incaricato dalla provincia di Pistoia di raccogliere tutto il materiale e le testimonianze per ricostruire la vita dell’architetto. Quando arrivò a chiedere informazioni sul grattacielo di Livorno, un suo cugino livornese, che sapeva che io abitavo nel grattacielo, gli fece il mio nome. Fu così che Cristiano venne a casa mia per fare dei rilevamenti fotografici da inserire nel documentario e raccogliere più informazioni possibili dell’opera architettonica. Quando Cristiano scoprì che ero un compositore di musiche per film, fu un’altra delle coincidenze particolari che costellavano la vita di Michelucci. Tra le varie coincidenze non si può fare a meno di notare quella che riguarda la durata della sua vita, nato il 31 Dicembre 1880 e morto il 31 Dicembre 1990. Ovvero 100 anni esatti. Si può immaginare con che piacere ed orgoglio ho lavorato alla realizzazione di questo commovente documentario.
CS: Quali sono i tuoi compositori italiani e stranieri preferiti di musica per film?
RDR: Nella musica classica amo ascoltare Verdi, Puccini, Mascagni, Wagner, Orff, Beethoven e Bach. Mentre nel cinema, può sembrare scontato, ma mi piacciono molto le musiche di Ennio Morricone, Nino Rota, Nicola Piovani ed in particolare Armando Trovajoli. Apprezzo tantissimo anche le colonne sonore composte dai miei compagni della scuderia Warner: Paolo Silvestri, Enrico Sabena, Daniele Falangone, Francesco Cerasi, Louis Siciliano, Paolo Vivaldi, Andrea Guerra ed altri ancora. Cerco sempre di ascoltare i lavori degli altri compositori, penso che l’ascolto delle colonne sonore sia, oltre che piacevole, per me formativo, ho sempre tanto da imparare…. I compositori stranieri che apprezzo sono tantissimi, quelli che più mi hanno influenzato sono Eric Serra, Yanni, Michael Nyman, Trevor Jones, Bernard Herrmann, John Williams, Hans Zimmer ed in particolare Claude-Michel Schönberg e Andrew Lloyd Webber.
CS: Cosa significa per te “musica per immagini”?
RDR: Fare musica per immagini per me vuol dire cogliere quelle sfumature che il regista scrive e non scrive nella sceneggiatura, quelle sfumature che l’attore dice e non dice nella sua interpretazione. Vuol dire entrare con tatto e sensibilità in un disegno e cercare di colorarlo rispettando quello che il disegnatore voleva quando mi ha consegnato quel disegno in bianco e nero.