Il Sound di Romulus – Intervista ai Mokadelic
Il Sound di Romulus – Intervista ai Mokadelic
I Mokadelic tornano alla grande sulle scene cine-televisivo-musicali con la colonna sonora sinfo-elettronica (una novità non da poco nel loro curriculum) per la serie Sky ideata da Matteo Rovere (Veloce come il vento, Il primo re), Romulus, divisa in dieci episodi e ambientata nell’VIII secolo a.C., narrante le vicende precedenti alla nascita di Roma. Recitata in lingua latina arcaica come il precedente film del regista Rovere, Il primo re, la serie non ha nessun legame con il medesimo e la trama è totalmente differente. Come diverso è il commento sonoro scelto a esaltarne le gesta epiche, affidato stavolta ai cinque musicisti (Alberto Broccatelli, Cristian Marras, Maurizio Mazzenga, Alessio Mecozzi, Luca Novelli), autori delle musiche della serie di enorme successo Gomorra e dei film Sulla mia pelle, L’immortale e The Shift.
Colonne Sonore: Come si mette in musica la serialità? Una serialità visivamente e musicalmente differente rispetto a quella da voi commentata nelle quattro stagioni di Gomorra.
Alessio Mecozzi: Sicuramente una serie, rispetto ad un film, offre maggiori possibilità di evoluzione. Si susseguono molte storie, emozioni e personaggi, ognuno da seguire con un proprio tema o delle sonorità riconoscibili, in grado di richiamare di volta in volta le varie situazioni.
In Romulus l’utilizzo dell’orchestra ha ampliato le nostre possibilità compositive, ci ha fornito una nuova dimensione. Nella serie c’è un uso massiccio anche dell’elettronica, di sintetizzatori analogici che si integrano e fondono con gli archi dell’orchestra ma anche con le percussioni e i suoni ritmici.
Credo che il sound presente nella serie sia un naturale sviluppo ed evoluzione di quello creato per Gomorra.
CS: Matteo Rovere, ideatore e tra i registi della serie – insieme a Michele Alhaique, Enrico Maria Artale – dopo l’esperienza con il film Il primo re (musiche di Andrea Farri), di cui Romulus non è propriamente uno spin-off, trattante simili tematiche, cosa vi ha suggerito come approccio alle musiche e come ha motivato l’avervi scelto?
Luca Novelli: La scelta dei Mokadelic per la serie è in realtà strettamente legata a Michele Alhaique ed Enrico Maria Artale, con cui già avevamo lavorato, che ci scelsero e ci proposero a Matteo Rovere come loro prima scelta.
Matteo era assolutamente aperto a qualunque idea rispetto al musicista per la serie e ha quindi valutato la loro proposta e organizzato un primo incontro anche con noi. E’ stato un incontro molto costruttivo, una specie di brainstorming e di semplice confronto sui gusti musicali e sulle idee da mettere sul tavolo. Il rispetto reciproco delle idee di tutti ha alla fine funzionato da primo filtro, per capire poi tutti insieme che avremmo voluto qualcosa di assolutamente contemporaneo, legato però al senso di mistico e primitivo che la serie avrebbe avuto, senza tralasciare l’aspetto emotivo e di musica concreta che potesse nascere anche da suoni della realtà.
CS: In questo score vanno ad amalgamarsi le vostre tipiche sonorità post rock con elementi sinfonici, supervisionati da Emanuele Bossi che ha anche diretto l’Orchestra del Cinema Italiano, ambienti elettronici anni ’80 alla Tangerine Dream o John Carpenter, di nuovo frequentati ultimamente nell’ambito della musica seriale, e incisi minimalisti. Come vi siete rapportati a tutto questo assemblaggio sonoro, soprattutto durante il periodo funesto del lockdown?
AM: Il lockdown ci ha obbligato ad organizzare in modo differente il lavoro e ad affrontare tale cambiamento in tempi celeri. Nel corso degli anni ognuno di noi si è creato delle postazioni home studio dove poter continuare a lavorare nonostante l’impossibilità di vederci.
Ripensando a ritroso sicuramente, dopo un iniziale momento di organizzazione, è stato uno stimolo, un modo nuovo di rapportarci alla composizione e di lavorare in modo sinergico. Poter comporre in qualsiasi momento della giornata, senza limitazioni di tempo ci ha agevolato e permesso di lavorare su innumerevoli idee e composizioni in modo fluido.
CS: A parte le difficoltà del lavoro in pieno lockdown, vi sono state altre problematiche compositive nell’affrontare una musica di questo modello per una serie fuori dai canoni classici correnti televisivi? E in un team di cinque musicisti, qual siete solitamente, in che forma distribuite le vostre mansioni?
LN: Le principali difficoltà pratiche sono state legate al cercare di accontentare 3 registi e quindi 3 sensibilità diverse, cercando quindi di creare una uniformità e una coerenza stilistica durante tutte e 10 le puntate. Questo diventa molto complesso appunto quando a farlo sono 5 musicisti che non possono incontrarsi e che devono affrontare molte revisioni del montaggio. Spesso ci siamo trovati a dover montare e smontare le musiche in base alle nuove versioni. Questo ha per forza creato un metodo molto rigido fra di noi, in cui ognuno diventava responsabile di una singola scena e cercava di coordinare tutti gli altri. Tutto questo fra decine di videocall tra di noi, i montatori, i registi ed infine Emanuele Bossi. Insomma una bella avventura.
Rispetto invece alle difficoltà creative e artistiche di una colonna sonora per una serie fuori dai canoni classici televisivi, si è cercato in tutti i modi una strada di originalità e sperimentazione continua, mediando con gli aspetti più classici della musica per immagine che alla fine funzionano sempre rispetto a colpire l’emotività dello spettatore. Forse il più grande lavoro è stato fatto sui suoni e su l’approccio più contemporaneo per l’orchestra.
CS: Riguardo alla cura sul suono delle vostre partiture, quanto la visione in streaming o in TV può mutare o far risultare nullo il vostro modo di pensarlo a differenza della sala cinematografica?
AM: Abbiamo molta cura nel dettaglio del nostro sound, di conseguenza un buon ascolto amplifica senza dubbio la qualità e le sfumature della nostra musica. C’è naturalmente un lavoro differente, soprattutto in fase di mixaggio, in base a dove il prodotto verrà distribuito.
CS: Cosa vi attendete dal nuovo anno e dal mutamento lavorativo causato dalla pandemia?
AM: Speriamo la situazione migliori presto e il comporre separatamente possa essere una scelta e non un’imposizione.
Nasciamo come gruppo post-rock, suonare in sala tutti insieme per noi è fondamentale, condividere, parlare, confrontarci sono sempre stati il nostro modus operandi. Anche l’aspetto live ci manca molto, è il contesto nel quale ci esprimiamo più liberamente.
Attualmente stiamo componendo il nuovo album, cercando di sfruttare l’esperienza acquisita del lavorare a distanza, ma siamo ansiosi di tornare a comporre anche con le “vecchie” modalità.
Un grazie a Elisabetta Zerbato per il supporto a tale intervista e un particolare ringraziamento ai Mokadelic per la loro preziosa amicizia e disponibilità