Intervista esclusiva a Henry Jackman
Il compositore dei Supereroi, Avventurieri e Superspie – intervista esclusiva a Henry Jackman
Da alcune settimane in onda sul canale streaming Disney+, The Falcon and the Winter Soldier è l’ennesimo spinoff, dopo il favoloso Wandavision, del Marvel Cinematic Universe dei Vendicatori e ritrova sul podio delle musiche originali un altro dei compositori che ha curato gli score di queste produzioni blockbuster sul grande schermo, ovvero l’inglese Henry Jackman (classe 1974). Costui ha scritto gli score per Captain America: The Winter Soldier e Captain America: Civil War, e per la partitura della serie The Falcon and the Winter Soldier realizza un ottimo commento assai calzante a questo adrenalinico e stupefacente serial, altra conferma dell’enorme vitalità di idee della Marvel anche sul piccolo schermo.
Jackman è un vero esperto di partiture supereroiche e avventurose, difatti nel suo carnet annovera score ipercinetiche e solenni per film Live Action e d’animazione di fama mondiale, su tutte Big Hero 6 e i due sorprendenti Ralph spaccatutto e Ralph spacca internet, Kingsman: Secret Service e Kingsman: Il cerchio d’oro, Jumanji - Benvenuti nella giungla e Jumanji: The Next Level, Kick-Ass 1 & 2. Lo abbiamo intervistato e si è dimostrato foriero di aneddoti e simpaticissimo nel raccontarceli. In coda a questa intervista trovate il podcast con la versione originale inglese della stessa.
Colonne Sonore: Cosa ti ha affascinato così tanto della musica applicata alle immagini da abbandonare le scene del Rave Underground e della Club Elettro-Dance Music, nonché la collaborazione con nomi della musica pop internazionale quali, tra gli altri, Seal e gli Art of Noise, che ti hanno dato così grande notorietà nel periodo adolescenziale e nei primi anni di carriera?
E cosa rimane di quella esperienza sperimentale sonora nelle tue colonne sonore?
Henry Jackman: È un davvero un’ottima domanda. Parecchio prima di dedicarmi alla musica elettronica ed ottenere un grande successo, ho avuto un’educazione classica molto severa. Voglio dire: tutto nella mia famiglia è musicale. Mio padre fu un compositore ed io, sin dagli 8 anni, frequentai una scuola di musica ad Oxford e feci parte del coro della Cattedrale di San Paolo. E così, impartendomi una molto severa formazione classica e nel frattempo cantando nel coro della Cattedrale, imparai molti canti religiosi, studiando la musica sacra dal 12° secolo fino al 20° secolo: tutto ciò che riguardava Tomás Luis de Victoria, italianizzato come Tommaso da Palestrina, Thomas Tallis, Claudio Monteverdi, passando attraverso Beethoven, Brahms e Penderecki, e un altro autore del 20° secolo quale Benjamin Britten. Da 13 ai 18 anni fui erudito ancor più rigorosamente sulla musica classica frequentando l’Università di Eton. Quindi, potrai capire che il riversare tutte le mie energie sulla musica elettronica fu davvero una forma di ribellione: quando ebbi 14 anni a casa arrivò il primo computer; poi comprai un campionatore da usare col PC. Era la fine degli anni ‘80 e di lì a poco, verso gli inizi dei ’90, vi fu l’esplosione della musica elettronica, ed io, oramai maggiorenne, ne fui totalmente catturato. Fu come una rivoluzione per me, perché al contrario della musica classica, in quella elettronica prevalevano i Beats (battiti) che scatenavano in me vari sentimenti euforici. Era tutto l’opposto della musica colta e complicata che avevo studiato: tutte quelle composizioni elettroniche divennero subito iconiche, così pregne di beats, groove e noises, a tal punto da allontanarmi, quasi disaffezionarmi, dalla musica precedentemente studiata e avvicinarmi esclusivamente a quella. Fu un vero e proprio smisurato divertimento immergermi in quella musica, però delusi tanto i miei genitori, perché abbandonare la mia formazione classica per quel genere di musica fu come buttare al vento anni di studi. Iniziai a scrivere musica di quel tipo, anche per una sorta, torno a ribadire, di ribellione nei confronti di quel rifiuto a priori dei miei genitori, restando sempre più coinvolto nella composizione di pezzi per gli esclusivi Club mattutini e serali di musica elettronica. Poi mi feci un nome nel giro ed intrapresi collaborazioni fruttuose con artisti, anche nella pop music, quali Trevor Horn, Seal e molti altri.
Quella sorta di ribellione mi è stata da stimolo, insieme, ovviamente, agli studi classici, per intraprendere in seguito una nuova sfida nella mia vita professionale: una nuova eccitante frontiera della musica. Tutto il mio background elettronico mescolato a quello classico, il sapere utilizzare beats, groove e noises, il giocare con vari plugin e il saper gestire un’intera registrazione anche dal punto di vista produttivo, mi è tornato utile nell’approccio alla musica per film; la mia nuova frontiera, per l’appunto, professionale, soprattutto quando ho realizzato le mie prime colonne sonore in solitaria. Tutte le peculiarità stilistiche, dovute al sapere sapientemente amalgamare suoni elettronici, sound design e sinfonici, le si possono avvertire negli score dei due Jumanji, X-Men – L’inizio e nei due Captain America e Kick-Ass. Mi chiamavano perché combinavo elementi orchestrali ed elettronici con originalità. L’abilità, per nulla scontata, e scaturita da quella lunga gavetta ed esperienza nelle scene del Rave Underground e della Club Elettro-Dance Music, l’aver studiato orchestrazione e la musica sinfonica, nonché l’esser stato influenzato da nomi importanti quali Aphex Twin, pseudonimo di Richard David James, e Brian Eno e molti altri con i quali ho collaborato, per esempio Mike Oldfield, Elton John o The Art of Noise, hanno reso il mio scrivere per le immagini un’espressione originale: una giusta commistione tra la rave music, suoni marcati di batteria e basso, tessiture orchestrali melodiche molto evidenti, tradizionali interventi sinfonici e influenze pop dai ritmi sostenuti. Tutto questo ha giovato al mio modo di pensare una colonna sonora, così da poter proseguire con lo sperimentare e azzardare nel mescolare classico e sintetico.
CS: Hai vinto ben 6 ASCAP Film and Television Music Awards e ricevuto molteplici nomination a premi importanti di settore, hai scritto le colonne sonore di pellicole di enorme successo al botteghino e annoveri già una cinquantina di titoli nel tuo carnet filmografico. Se dovessi fare adesso un resoconto della tua carriera in ambito cine-televisivo-musicale, quale sarebbe il tuo giudizio? Ci sono scelte che faresti di nuovo e altre che cambieresti totalmente? In ultimo, cosa diresti ad Hans Zimmer e John Powell che ti hanno scoperto, stimato e voluto assolutamente con loro in questo splendido e complicato mestiere come ‘additional composer’ in alcune loro celeberrime musiche per film (vedi Il cavaliere oscuro, Hancock, Kung Fu Panda o Pirati dei Caraibi)?
HJ: La cosa divertente è che sono così spesso occupato a scrivere una partitura cinematografica, finirla e subito dopo dovermi applicare nel comporne un’altra, e non solo, dover stare dietro alla mia pignoleria nel fare tutto con estrema precisione e dedizione, che molto raramente mi fermo a riflettere sulla mia carriera. D’altronde, non lo nego, fa molto piacere sapere che ciò che hai composto ottenga apprezzamenti e riconoscimenti, perché vuol dire che ho fatto bene il mio lavoro. Il giudizio positivo altrui giustifica tutta la fatica e l’impegno profusi. Sono ovviamente molto fortunato nel fare questo lavoro e ricevere dei premi per averlo fatto. Mi stupisce anche di essere giunto a quota 50 titoli di film in carriera, che tu mi fai ben notare (ride). Torno a dire che sono stato estremamente fortunato, però la cosa che mi preme maggiormente in questo lavoro, che amo tanto, è dare il meglio di me; comprendere alla perfezione l’aspetto narrativo e visivo del film che mi viene affidato, avere un buon rapporto con il regista e capire quello che vuole ottenere dalla mia musica o dal suo concetto di score nella sua pellicola. Tutto questo, di primaria importanza, mi fa dimenticare i premi vinti e le 50 colonne sonore in curriculum che ho scritto (ride). Dico questo scherzosamente perché il solo pensarlo mi distrarrebbe non poco da ciò che adoro fare: scrivere per le immagini.
Ad esempio, tu menzioni Hans Zimmer: senza la sua guida e inferenza, probabilmente non avrei nemmeno aperto un negozio che vendesse musica per film (ride). Come risposto nella domanda precedente, lavoravo nell’industria discografica e avevo finito di pubblicare un album; non mi balenava per la testa di fare musica per film. Possedevo tutte queste abilità nel mischiare musica elettronica ad orchestrazioni classiche e tutti pensavano, tra amici e colleghi, che invece potevo scrivere musica da film; poi ho incontrato Zimmer che mi ha detto a chiare lettere che stavo potenzialmente sprecando il mio tempo nella registrazione e realizzazione di album altrui, quindi dovevo seriamente pensare alla musica da film. Mi sentivo, logicamente, una misera mosca sul muro solo osservando il processo di come venivano realizzate le musiche per un film e quali scelte, il più delle volte diversissime, si dovevano affrontare: è stato un grande apprendistato. Voglio davvero dire una cosa importante: quando inizi la tua carriera in questo campo non hai troppe scelte e ad ogni modo sei solo con te stesso e la tua musica, ma ti senti ugualmente un privilegiato e fortunato, perché ci sono molte persone di talento là fuori anche se ti sei detto ogni giorno che non ce la puoi fare. E’ davvero un lusso in questa carriera avere a che fare con grandi professionisti e variare da un progetto all’altro, allora ogni lamentela decade e non ti resta altro che fare i tuoi più sentiti ringraziamenti al regista Matthew Vaughn per avermi dato l’opportunità di commentare i due Kick-Ass e a coloro che mi hanno affidato le musiche di X-Men: L’inizio, anche verso le produzioni dei film d’animazione e quelli d’azione; e più recentemente sono assai grato al regista Nate Parker per avermi fatto comporre le musiche di The Birth of a Nation - Il risveglio di un popolo e agli eccentrici fratelli registi Anthony e Joe Russo per la pellicola Cherry - Innocenza perduta.
Sono stato molto fortunato ad aver diversificato così tanto i film per i quali ho composto la colonna sonora, perché, logicamente, diversi tipi di progetti richiedono differenti tipi di musica, perciò ritengo di non essere conosciuto per scrivere solo un determinato tipo di commento, che spesso è la cosa di cui si lamentano molti compositori, ma avere la capacità di diversificare sempre. Ammetto che l’aver frequentato una scuola di musica e averne studiata tanta, può essere un’agevolazione, ma la cosa davvero importante è assistere all’intero processo di lavorazione di una colonna sonora che mette insieme le discussioni con i registi, che escogitano le idee più folli, e il lungo e complicato, sia musicalmente che logisticamente, momento delle sessioni di registrazione; vedere Hans Zimmer all’opera è davvero la migliore formazione che uno possa avere, e gli sarò per sempre molto grato.
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CS: Nella tua filmografia vi sono molti film d’animazione – ad esempio Mostri contro alieni (la tua prima score in solitaria), Winnie the Pooh - Nuove avventure nel Bosco dei Cento Acri, Il gatto con gli stivali, Turbo, Big Hero 6 e i due stupefacenti Ralph spaccatutto e Ralph spacca internet – con i quali ti trovi molto a tuo agio musicalmente, perché puoi sperimentare, giocando, tante soluzioni diverse di stili e timbri. Quanto è difficile scrivere la colonna sonora per questo genere di film senza incorrere nei soliti cliché musicali?
HJ: Penso che in un certo senso sono stato davvero fortunato; se citi film come Ralph spaccatutto e Ralph spacca internet in particolare, Big Hero 6, non tanto Winnie-the-Pooh ma questi tre film, oltre al Live Action di Pokémon Detective Pikachu, ricco di effetti speciali, questi sono stati tutti film dal grande titolo, prodotti da un grande studio, realizzati da registi importanti che hanno avuto bisogno di musica che non esisteva ancora, una musica per creare un nuovo mondo. Conoscere il mondo di Ralph Spaccatutto o quello di Big Hero 6 attraverso nuove e interessanti combinazioni musicali.
Ad esempio, Big Hero 6 è una combinazione strana già a partire dalla location dov’è ambientato, ovvero San Fransokyo (un incrocio tra San Francisco e Tokyo), quindi metà giapponese, metà americano e infatti contiene in egual misura elementi sonori orientali e occidentali, mescolando la cultura giapponese con quella americana, pur essendo tecnologicamente assai moderno. Ralph Spaccatutto sembra una combinazione di una nuova estetica dei videogiochi ma anche di una tecnologia più vecchia, quella degli 8 bit. Difatti tutti questi film sono un requisito fondamentale per il compositore per creare un nuovo sound. Per esempio, con Ralph Spaccatutto c’erano alcuni di quei suoni a 8 bit della Nintendo ma ci sono anche molti ritmi pulsanti elettronici e sintetismi, anche orchestrazioni tradizionali, quindi penso di averti esposto tre casi in cui i film stessi hanno creato un nuovo mondo concettuale sullo schermo che non avevamo mai visto prima, chiedendo alla musica di non essere solo una musica orchestrale animata tradizionale, perché doveva essere una sorta di nuovo panorama musicale e quindi mi è piaciuto molto farli. Deduco che sia per questo.
Uno dei motivi per cui mi è stato chiesto di fare ciò – in riferimento alla prima domanda – perché si sentivano sicuri che avessi le capacità per combinare tutte queste diverse trame ed elementi in modo da creare un mondo musicale che avesse una descrizione sufficiente dell’8-bit Namco Nintendo World, ottenendo anche tutta una ricca orchestrazione per i momenti più emotivi, i grandi climax e le fasi culminanti del film. Quindi nel creare questo nuovo mondo sonoro risulta meno probabile che tu cada in cliché come forse accaduto in Winnie-the-Pooh, ad esempio, che è leggermente diverso, perché si ha bisogno di rispettare una grande tradizione legata al personaggio mieloso di Pooh e dei suoi storici amici, che non deve avere molta musica elettronica, bensì un certo stile di orchestrazione nostalgico, che ho mantenuto, e un approccio rispettoso leggermente più tradizionale. In molti di questi altri film il mio lavoro primario è stato creare un nuovo mondo sonoro: se ascolti la traccia di Pokémon Detective Pikachu, chiamata “Ryme City”, è una specie di combinazione di quei suoni anni ‘80 un po' nostalgici, ma anche di una grande orchestrazione, quindi un caso molto consapevole e deliberato di evitare i cliché, perché ho proprio provato a plasmare un nuovo mondo di Pikachu, mettendo in discussione il modo classico di rappresentare una sequenza e il connesso eroismo in note.
CS: Nel tuo modo di rappresentare l’Epica e l’Eroismo in note per saghe quali Kingsman (Kingsman: Secret Service, Kingsman: Il cerchio d’oro), Jumanji (Jumanji - Benvenuti nella giungla, Jumanji: The Next Level), Kick-Ass 1 & 2, o per singoli film tipo X-Men: l’inizio, Pixels o G.I. Joe - La vendetta, non scordando i due Marvel Captain America: The Winter Soldier e Captain America: Civil War, vi è sempre un comun denominatore: un tema araldico o patriottico dal marcato sinfonismo, di sicura presa emotiva e subito rintracciabile, che trasporta immediatamente chi lo ascolta nell’azione scenica, sentendosi egli stesso l’eroe della situazione. Come si crea un leitmotiv eroico di grande appeal senza ripetersi o cadere nei classici stilemi ben codificati da illustri predecessori quali il Superman o Star Wars di John Williams o lo Star Trek di Jerry Goldsmith, giusto per citare i più noti?
HJ: Stranamente, le persone fanno spesso domande su di te, sull’influenza sonora nella tua musica da film e, naturalmente, è vero che grandi compositori come John Williams e Jerry Goldsmith con colonne sonore famose quali Star Wars, Star Trek e Alien risuonano nella tua testa ed entrano a far parte prepotentemente del tuo background culturale, e ovviamente ne sei consapevole in modo divertente (ride). Penso che una delle cose che mi ha aiutato di più quando ho scritto le colonne sonore per i due Captain America, con il loro marcato senso patriottico e araldico, è stato l’essere inglese di nascita e non americano (risate): penso che l’ironia sia la cosa che forse mi ha aiutato più di ogni altra. In realtà non sono i compositori cinematografici del passato ai quali faccio riferimento quanto i veri compositori classici, anche se non sono neanche lontanamente bravo come loro (ride). Amo la musica da concerto, a me molto familiare, di autori quali Beethoven, Wagner e Richard Strauss e in questo caso, data l’intervista con te, desidero dirti che sono un grande fan della musica di Ottorino Respighi: in particolare il suo “I pini di Roma”, uno dei poemi sinfonici della “Trilogia romana”, con quegli incredibili ottoni che descrivono i romani che scendono lungo la via Appia e soprattutto l’ultimo movimento. “I pini di Roma” ha un enorme effetto su di me, quindi in poche parole, si ottiene una qual certa familiarità con la vera storia, in particolare con la musica austriaca straussiana di fine Ottocento e inizio Novecento, non tanto la musica del secondo Novecento.
Per quanto riguarda la mia musica eroica, vengo più coinvolto – e in tal senso penso per di più a pezzi quali “Così parlò Zarathustra” (Also sprach Zarathustra), op. 30, uno dei poemi sinfonici più noti di Richard Strauss – da brani caratterizzati da enormi orchestrazioni e grandi melodie ariose e spesso dal nucleo molto eroico, specialmente in Richard Strauss. Le mie melodie svettanti, colme di ironia e anche sarcastiche, sono molto sincero e onesto, hanno un timbro marcatamente eroico, in special modo in film quali i due Kick-Ass, rigoroso, informale e classico, perché ispirato da uno dei poemi sinfonici di Richard Strauss, che mi ha semplicemente aiutato a inventare un modo di scrivere per il Cinema d’azione: un uso massiccio di corni e ottoni con figure di archi che creano linee melodiche eroiche e patriottiche. C’è anche da sottolineare che uno dei caratteri fondanti dell’action del 21° secolo è un forte cinismo e una smaccata ironia, il tutto immerso in una confezione molto seria, quindi le influenze musicali di cui sopra (Strauss, Respighi, la scuola tedesca) sono più preponderanti rispetto a quelle altrettanto vigorose che tu citi, ossia Williams e Goldsmith.
D’altronde ho suonato molta di questa musica sinfonica tedesca e italiana nella scuola che ho frequentato e si è impressa nel mio DNA. Ne consegue che la mia familiarità con la musica gran sinfonica succitata, e il fatto che essa risieda in una parte del mio subconscio, mi ha aiutato quando si è trattato di commentare grandi sequenze nelle quali si dovevano esprimere in note nobili ideali, senza alcuna ironia, sapendo che dovevi impegnarti nel prenderli sul serio; sapendo che l’intera gamma della storia della musica sinfonica occidentale mi è stata di grande aiuto. Per chi non la conosce, consiglio davvero di ascoltare l’ultimo movimento de “I pini di Roma” che raffigura uno dei più grandi finali di musica classica, ovvero “I Pini della Via Appia”, con una legione romana che avanza lungo la via Appia nello splendore dell’alba. Un esercito che fa tremare la terra dove passa, che Respighi commenta usando l’organo, l’impiego di antiche trombe che chiudono trionfalmente il giungere delle legioni sul Campidoglio. Quando l’ho sentito per la prima volta tutti i peli sulla nuca si sono alzati. Credo che Respighi sia uno dei compositori italiani più sottovalutati, e che non possegga il rispetto che merita.
CS: A proposito di Marvel Cinematic Universe, una delle tue ultime fatiche sono le musiche per la serie di enorme successo televisivo, approdata su Disney+ da poco, The Falcon and the Winter Soldier. Com’è stato lavorare a questa partitura in piena pandemia? E perché un tema eroico di stampo blues molto atipico per il genere?
HJ: All’inizio della pandemia per noi compositori e soprattutto per le orchestre professionali, che hanno bisogno di suonare per vivere, ovviamente è subentrata una grossa ansia. Siamo stati molto preoccupati, perché far suonare un’orchestra per registrare una colonna sonora, significava dover mettere accanto 80 persone. Ad un certo punto dover mandare un musicista in una stanza e un altro in un’altra; naturalmente, è diventato impossibile mettere in piedi un’orchestra con tutte le rigide regole di distanziamento sociale e nessuno desiderava, per ovvie e buone ragioni, che i musicisti si ammalassero e finissero in ospedale, quindi all’inizio c’era molta preoccupazione ma per fortuna le persone sono state curate molto rapidamente, perché volevamo assicurarci che potessero ancora essere impiegate senza problemi. Abbiamo iniziato a capire come attenerci alle regole e come registrare le sessioni separatamente, avendo i musicisti seduti più distanziati possibile. E’ diventato tecnicamente tutto molto difficile, perché un po' come in un puzzle con grandi effetti speciali dovevi registrare separatamente fiati, ottoni e archi e poi rimontarli e metterli insieme per rendere tutto realistico. Logicamente è meglio per lo spirito generale di tutta l’orchestra o l’ensemble che tutti suonino insieme e tutti ascoltino ciò che stanno suonando l’un con l’altro, ma così non è stato possibile e, dopo alcuni esperimenti, molte persone nel settore hanno davvero messo insieme le loro menti e forze e hanno trovato un modo per registrare i musicisti in modo sicuro e porre tutto assieme.
Quindi, nel caso di The Falcon and The Winter Soldier siamo stati molto fortunati a registrare una grande orchestra a Berlino, con tutti i maestri d’orchestra al sicuro, e abbiamo subito compreso come gestire le sessioni in modo separato: i musicisti avrebbero sentito le altre parti degli orchestrali nelle loro cuffie in modo che un minimo ci si potesse relazionare con il collega. Così quando gli archi hanno suonato, hanno sentito gli ottoni e il sintetizzatore nelle loro cuffie, e almeno hanno avuto la possibilità di relazionarsi con gli altri componenti della colonna sonora, ed io sono rimasto molto contento del risultato. Penso che alla fine sia stato un compromesso molto piccolo e sono molto grato a tutti coloro che sono riusciti a capire che se conosci un sistema di registrazione e sai gestire una pandemia (si spera), tutto va a buon fine nel migliore dei modi. Adesso che quasi tutti sono stati vaccinati, possiamo tornare al sistema classico.
Per quanto riguarda l’ispirazione blues è un buon esempio di ciò di cui stavamo parlando prima, in riferimento al combinare idee diverse: bene, sia il tema principale che quello dei crediti dei titoli di coda per The Falcon and the Winter Soldier si palesa a metà del pezzo con un leitmotiv melodico del supereroe che viene eseguito dai corni, e man mano che la quiete progredisce si ottiene un’orchestrazione più eroica, ed è questo che ti aspetti di ascoltare da uno score per i supereroi Marvel, ma allo stesso tempo io, visto che Sam Wilson/Falcon viene dal sud-est degli Stati Uniti d’America ed entra a far parte degli Avengers con un background completamente diverso (essendo un ragazzo afroamericano della Louisiana), ho pensato che fosse importante riflettere questa caratteristica nella sua musica, quindi non era solo una questione di temi eroici e di un determinato tipo di orchestrazione di cui avevamo bisogno per la serie. Pertanto ho mischiato diversi mondi sonori: quello classico alla Aaron Copland o Strauss per il tema del supereroe e un po' di blues e chitarra acustica, con un pizzico di Groove, dato dall’organo Hammond, creando una combinazione di blues classico della Louisiana ed elementi sinfonici tonitruanti per il supereroe in un unico brano musicale.
CS: Hai composto alcune colonne sonore per videogiochi (due Uncharted e Just Case 3). E’ noto che scrivere per un videogame non è la medesima cosa che per un film o una serie. Ci spieghi le differenze e come varia il tuo approccio?
HJ: È molto diverso. Intendo dire, come prima cosa, che ritengo sia molto carino scrivere musica per i videogiochi. E’ molto più incrementale quando componi per un film: sai che c’è un punto di partenza ed è davvero una corsa verso la fine; una volta che hai iniziato il tuo imbarco sulla nave, sei su quella nave e ci rimani per raggiungere la destinazione. Spesso 3 mesi sono una buona quantità di tempo per realizzare una colonna sonora che si rispetti. Acceleri fino al traguardo, restando in linea con tutta la tua attenzione, senza deviazioni di alcun tipo. Invece, per loro stessa natura, i videogiochi non sono film dal punto di vista produttivo, quindi puoi tornare spesso sul progetto in essere e continuare a scrivere più materiale possibile; tutto non accade in soli 3 mesi, ciò si verifica per un periodo più lungo di tempo quindi è qualcosa che puoi rimaneggiare, eliminare e assemblare come credi. Questa è la grande differenza, a parte, ovviamente, che i videogiochi hanno filmati che non cambiano con il montaggio, come accade spesso nei film; così le sequenze per Uncharted, ad esempio, anche se ideate come quelle di un film, con elementi visivi fissi e uno score ben preciso, sono pur sempre appartenenti ad un gameplay effettivo e le cose si evolvono interamente a seconda di chi sta giocando, quindi questo ha un effetto davvero importante sulla composizione: puoi iniziare a fare improvvisi cambi di BPM, puoi mutare il tempo metronomico o le chiavi di codifica dell’intelligenza artificiale nel gioco in modo che, quasi come un DJ, si possano mescolare alcuni elementi e radici musicali dentro e fuori a seconda dell’ambiente di gioco. Quindi devi scrivere con tutto ciò in mente; devi scrivere un pezzo di musica che ha degli strati al suo interno, in cui devi pensare una volta leggermente più orizzontale e una volta più verticalmente. Ci sono alcuni elementi che devi scrivere in modo che i passaggi di livello del videogioco possano entrare e uscire con naturalezza; sai che se le cose diventano più stressanti devi dare alla musica il doppio della velocità, non una nuova velocità, devi riferirti allo stesso BPM. Pertanto, e in un certo senso, si potrebbe dire che è più restrittivo come lavoro di scoring ma spesso le restrizioni producono più creatività ed è una sfida molto interessante, che nella musica dei videogiochi devi essere consapevole di affrontare di continuo. Il fatto che il creatore del videogioco prenderà decisioni anche sugli aspetti compositivi, perché deciderà di dissolvere alcuni elementi in entrata e in uscita per creare un’esperienza più fluida nel tempo, in cui l’ascoltatore non sarà solo l’ascoltatore bensì il videogiocatore, il quale sta ascoltando questa musica in continua evoluzione, perfetta non soltanto grazie ai componenti sonori messi insieme ma perché manipolata anche dalle varie codifiche del gioco stesso. Ecco la sfida interessante di cui sopra. Altra cosa da aggiungere è il valore della produzione che ha sempre budget assai elevati. Per altre cose le dinamiche sono molto simili ai film: per il videogame Uncharted 4 sono passati molti giorni prima di sapere se avrei avuto o meno una vera orchestra. Quando è andato tutto in porto, ho registrato con una vera orchestra a Londra: mi piace un film o videogioco con tutta l’orchestra al gran completo. I valori di produzione nei videogames sono molto simili a quelli di un film dal grosso budget, quindi è un grande sollievo quando scrivi una demo e sai che non ci saranno tagli per un’orchestra di livello e avrai esattamente lo stesso risultato di un’esecuzione professionale per un film.
CS: Se dovessi scegliere, qual è la colonna sonora che meglio ti rappresenta?
HJ: È impossibile dirlo. Ho fatto molti tipi diversi di colonne sonore quindi se scelgo qualcosa che non mi piace poi so che questa cosa rimarrà impressa a tutti, perciò preferisco lasciare che altre persone decidano quali sia la mia migliore partitura. So che è un imbroglio (ride), ma comunque spero che tu ne abbia già citate un po' in questa intervista! Spero che tu lo deduca dalle mie risposte che una volta tradotte e modificate possono esserti utili per capirlo. Massimo, grazie mille, mi sono divertito molto.
CS: Grazie infinite a te, Henry!
Podcast English Interview:
https://soundcloud.com/massimo-privitera-901715345/intervista-esclusiva-al-compositore-di-the-falcon-and-the-winter-soldier-henry-jackman
Un ringraziamento particolare alla grandissima e piacevolissima disponibilità di Henry Jackman e a Kyrie Hood, PR Coordinator, White Bear PR, per il supporto a questa intervista.