“Una grande lezione di musica per film” – Parte Quarantasettesima
“Una grande lezione di musica per film” – Parte Quarantasettesima
Si prosegue con le nostre interviste-lezioni di Film Music a puntate per apprendere tutti i dietro le quinte dell’Ottava Arte e dei suoi compositori sia italici che stranieri, grazie alle loro risposte promettenti per i futuri colleghi nella musica applicata alle immagini o per i neofiti della materia. Vi proponiamo la quarantasettesima parte con le nostre classiche sei domande alle quali i compositori rispondono con grande e sentita partecipazione.
Domande:
1) Che metodologia usate nell’approcciarvi alla creazione di una colonna sonora?
2) Qualora non abbiate la possibilità, per motivi di budget o semplicemente vostri creativi, di usare un organico orchestrale, come vi ponete e quali sono le tecnologie che vi vengono maggiormente in aiuto per portare a compimento un’intera colonna sonora?
3) Descriveteci l’iter che vi porta dalla sceneggiatura alla partitura finale, soprattutto passando per il rapporto diretto con il regista e il montatore che talvolta usano la famigerata temp track sul premontato del loro film, prima di ascoltare la vostra musica originale?
4) Avete un vostro score che vi ha creato particolari difficoltà compositive?
Se sì, qual è e come avete risolto l’inghippo?
5) Come siete diventati compositori di musica per film e perchè?
6) Che importanza ha per voi vedere pubblicata una vostra colonna sonora su CD fisico oggi che sempre di più si pensa direttamente al digital download?
Melisa McGregor (compositrice del documentario Made in Boise)
1) Inizio a improvvisare e sperimentare; si tratta di un processo molto interno, e solitamente dopo aver visto alcuni filmati del film, mi siedo a un vero pianoforte, con il mio registratore dell’iPhone (non al computer) e vedo se riesco a trovare una melodia. Quando sento che ho avuto tre idee che mi piacciono, vado al computer e creo una demo per capire la strumentazione, provare diverse varianti, per ascoltare ciò che sta alla perfezione sull’immagine del film. Poi mando tutto al regista e vedo se qualcuno di questi temi funziona. Sul documentario Made In Boise ho iniziato a scrivere molto presto. La regista Beth Aala aveva un teaser per cercare i finanziamenti per concludere la pellicola, e stavano nel frattempo ancora girando il film. In realtà da quasi un anno stavano effettuando le riprese. Avevo iniziato a trovare idee molto approssimative, e le avrei inviate a Beth. Penso che i “Titoli di testa” siano stati la prima cosa che ho scritto. Ci è voluto un po' di tempo per sviluppare lo score, e fare le cose bene; alcuni altri sotto-temi si diramarono da quello principale, e quelle prime demo sono state montate e tagliate nel film mentre veniva modificato.
2) Sì, cambia. Se il budget non lo consente, devi scrivere per le restrizioni che hai. Se non posso usare un’orchestra ma richiede una grande orchestra, allora devi usare un’orchestra sintetica, cosa che non mi piace molto adottare. Oppure potrei provare a scrivere una partitura puramente sintetica usando librerie di synth software come Omnisphere o diverse librerie Kontakt, o sperimentare con il mio pedale FX e il mio violino. O potrei provare a usare un ensemble più piccolo per archi, come un quartetto d’archi invece di un’orchestra completa. Se no registro un piccolo ensemble dal vivo da remoto, come ho fatto con Made in Boise in Macedonia, che era più adatto al budget per questo particolare progetto. Ci sono cose creative che puoi fare per aggirare i vincoli, e a volte avere restrizioni ti fa pensare fuori dagli schemi trovando altri modi in cui puoi creare il suono di cui hai bisogno per raccontare la storia, forse in un modo a cui nessuno pensava prima.
3) Sempre in riferimento al documentario Made In Boise di Beth Aala, difficile riassumere o descrivere l’intero processo in poche parole. La regista ed io non avevamo mai lavorato insieme, ma quando è venuta fuori l’opportunità, ero molto entusiasta del progetto e di collaborare con lei. In termini di processo, abbiamo lavorato per la maggior parte da remoto, inviando file avanti e indietro e facendo tante telefonate per le musiche. Lei era a New York ed io ero a Los Angeles, ma per la riproduzione finale dei mix dal vivo Beth è venuta di persona a Los Angeles. Le piacevano molto le mie prime demo originali e per la maggior parte divennero la traccia temporanea, ma c’erano già alcune altre temp tracks da usare come guide per lo score. Una buona parte delle annotazioni musicali provenivano da Beth Aala e Jen Fineran, il montatore, che avrebbero anche giocato con il posizionamento delle medesime sul film. Lo studio: ITVS/PBS ha creato dei suoni, quindi c’erano molte voci musicali da gestire. Ma alla fine penso che tutti siamo rimasti soddisfatti dello score definitivo.
4) Credo sia stato lo stesso per Beh su questo documentario... ma molti progetti hanno le loro sfide; basta lavorarci su, rimanere concentrati e non arrendersi. Poiché Made In Boise era un documentario, ho iniziato fin dal principio della lavorazione con la regista: il processo di scrittura musicale è stato più lungo di quello di un solito film classico. Perché è stato un processo di quasi due anni: Beth la regista e il montatore Jen Fineran sono rimasti al montaggio con le mie prime basilari demo per molto tempo. Quando è arrivato il momento di finire e registrare la partitura, stavo gareggiando un po' contro il mio amore per le demo di cui sopra usate come temp tracks, il che era lusinghiero, ma sapevo che mi sarebbe servita una piccola orchestra dal vivo per elevare l’emotività della partitura, quindi, alla fine, le performance dal vivo hanno conquistato Beth e Jen, e sono quelle che si sentono nel film e nella colonna sonora finali.
5) La musica è sempre stata una parte importante della mia vita; ho studiato violino al Royal Conservatory of Music di Toronto, dove sono cresciuta, e ho cantato nel Canadian Children’s Opera Chorus, ma quando ho iniziato a scrivere musica ero al college a studiare teatro a Vancouver. Stavo musicando spettacoli dal vivo in cui mi stavo esibendo anch’io. Mi è piaciuto molto comporre e ho continuato così quando mi sono trasferita a New York, lavorando con la Labyrinth Theater Company. Poi mi sono ritrovata a usare il programma Garage Band un’estate, quando ho fatto un viaggio di due mesi in Croazia, e affinando il mio scrivere e registrare usando la tecnologia. Qualche anno dopo ho ottenuto un lavoro collaborando con Danny Elfman, in cui ho imparato come usare Digital Performer, e ho lavorato progetto dopo progetto con lui, divenendo la mia effettiva scuola della colonna sonora cinematografica. Un altro passo importante è stata la mia borsa di studio presso il Sundance Film Music and Sound Design Lab, cosa che ho fatto nel 2016, che mi ha davvero permesso di capire come applicare tutto quello che avevo imparato. Sono diventata una compositrice per film, perché sono un’artista e una storyteller e il linguaggio col quale ho più chiarezza comunicativa è proprio la musica.
6) Non credo che sia più così importante pubblicare su formati fisici. Ma mi piace far suonare un vinile. Quindi, se dovessi far pubblicare qualcosa di fisico, personalmente preferirei gli LP. È qualcosa che si può toccare, e vederne l’arte, e c’è qualcosa di nostalgico, ma anche presente, nel senso che esiste fisicamente e permanentemente nel mondo per accompagnare l’esperienza uditiva della musica.
Qui ascolto score di Made in Boise: https://lnk.to/PFDRgiZF
English Interview:
1) Tell us about your own process when you start writing a film score?
I start off improvising and experimenting; this is a very internal process, usually after seeing some footage from the film. I sit at a real piano, with my iPhone recorder (not at the computer), and see if I can come up with a tune. When I feel like I have two or three ideas I like, I go to the computer and mock them up in a demo to figure out instrumentation, try out different variations, to hear what feels right with picture for the film. Then I play them all back for the director and see if any of them work.
On Made In Boise, I started writing very early, Beth only had a funding teaser, and they were still shooting the film, in fact they had almost a year more of shooting to go. I had started coming up with very rough ideas, and would send them to Beth. I think the “Main Titles” was the first thing I wrote. That took some time to develop, and get just right; some other sub-themes branched out from that, and those early demos got cut into the film while it was being edited.
2) If you aren’t able to use a standard symphony orchestra (be it for budget constraints, or even purely creative reasons) does your creative process change? Which are the technologies and software you use in this occasion?
Yes, it changes. If the budget doesn’t allow, you have to write for the restraints you have. If I can’t use an orchestra but it calls for big orchestra, then you have to use synthetic orchestra, which I don’t really like doing.
Or I might try to write a purely synthetic score using software synth libraries like Omnisphere or different Kontakt libraries, or experiment with my FX pedal and my violin. Or I might try to use a smaller ensemble for strings, like a string quartet instead of a full orchestra. Or record a small live ensemble remotely like I did with Made in Boise, in Macedonia, which was more budget-friendly for this particular project. There are creative things you can do to work around restraints, and sometimes having restraints gets you to think outside the box for other ways you can create the sound you need to tell the story, maybe in a way nobody thought of before.
3) How would you describe the entire process of creating a film score, in particular the one you created for Made In Boise, from the script to the finished product? Can you tell us about your relationship with the director Beth Aala and the film editor, in case there was a temp track used for Made In Boise.
Ha! Difficult to sum up or describe the whole process in just a few words.
Beth Aala and I had never worked together, but when the opportunity came up, I was very excited about the project and to work with her.
In terms of our process, we worked for the most part remotely, sending files back and forth, and doing phone calls for notes. She was in NY and I was in LA, but the final playback of live mixes was in-person in LA.
Beth really liked my original early demos, and for the most part they became the temp track, but there were a few other temp tracks to use as scoring guides.
Most of the musical notes came from Beth Aala and Jen Fineran, the editor, who also would play around with placement of cues. The studio: ITVS/PBS did chime in as well, so there were a lot of voices to navigate. But in the end I think everyone was pleased with the final score.
4) Is there a score of yours that was particularly demanding and challenging from a creative point of view? If so, how did you face the challenge?
Well, it might have been this one…but every project has its challenges, and you just work through them, and stick with it and don’t give up.
Because Made In Boise was a documentary, and I started early on in the director’s process, the music writing process was longer than a usual narrative film. Because it was a process of almost two years, Beth the director and the editor Jen Fineran, were editing with, and living with my rough demos for a long time. So when it came time to finishing and recording the score, I was competing a little against my own “temp” music demo love to some degree, which was flattering, but I knew a small live orchestra would elevate the emotionality of the score, so in the end, the live performances won them over, and that is what you hear in the movie and on the soundtrack.
5) How did you become a film composer and why?
Music was always a huge part of my life, I studied violin at the Royal Conservatory of Music in Toronto, where I grew up, and sang with the Canadian Children’s Opera Chorus, but when I started writing music I was in college studying theater in Vancouver. I was scoring live shows that I was also performing in. I really enjoyed underscoring live performance, and kept that going when I moved to New York, working with Labyrinth Theater Company. Then I found myself figuring out Garage Band one summer when I took a 2-month trip to Croatia, and learning to write and record with technology. A few years later I got a job working for Danny Elfman where I studied how to use Digital Performer, and worked on project after project with him, and that became my film scoring school. Another major step was my fellowship at the Sundance Film Music and Sound Design Lab, which I did in 2016, that really allowed me to figure out how to apply everything I’d learned.
I became a film composer because I’m an artist and storyteller, and the language I have the most clarity communicating in, is music.
6) How important is for you to see your works released on physical formats in the current era of digital download and audio streaming services?
I don’t think it’s that important anymore to release on physical formats. But I do like playing an LP. So if you are going to release on anything physical, I personally like LPs. It is something that you can touch, and look at the art, and there’s something nostalgic about it, but also, present, in the sense that it permanently physically exists in the world to accompany the music’s auditory experience.
Andrea Ridolfi e Vito Abbonato (compositori delle serie/fiction Il generale Della Rovere, I bastardi di Pizzo Falcone, Mina Settembre e La fuggitiva)
1) – 3) Per prima cosa capire a fondo le esigenze del regista, per non affrontare incomprensioni. Qui rispondiamo direttamente anche alla domanda N°3: spesso il compito primario è quello di individuare i temi musicali del progetto; lo stile della realizzazione è suggerito anche dalla temp music. Il metodo di approccio all’ideazione è rimasto per noi il più tradizionale: pianoforte e fischio (ridono).
2) Purtroppo per questa risposta occorre fare una premessa/polemica: troppo frequentemente il budget per la colonna sonora dell’opera e la sua relativa organizzazione per la realizzazione, NON vengono considerati sin dai primi momenti dell’impresa produttiva. Questo fa sì che ci si ritrovi a correre con pochi mezzi a disposizione, con i quali fare dei veri miracoli. Detto ciò, è risaputo che il non utilizzare un organico orchestrale classico per realizzare la musica non significa senz’altro risparmiare tempo e denaro, specie se si ricorre all’uso dell’elettronica per sostituire, appunto, l’orchestra. Fortunatamente noi siamo entrambi due polistrumentisti e riusciamo a mettere in campo le nostre attitudini con un parco strumenti utile a parecchie esigenze. Il computer e l’elettronica li usiamo più di complemento o base su cui interpretare le varie M (tracce musicali dello score).
4) Potremmo dire che non c’è una particolare partitura che ci ha messo in difficoltà perchè dedichiamo ad ogni battuta di ogni M la stessa cura e attenzione. E’ nostro particolare stile usare una commistione tra gli organici classici e le invenzioni elettroniche, questa è la costante difficoltà: ovvero riuscire a non snaturalizzare l’orchestra rendendo l’elettronica di complemento fluida allo stesso tempo. E’ come unire due materiali di natura diversa: il legno col vetro, il marmo col ferro. Collaboriamo spessissimo col regista Carlo Carlei che, anche quando lavora per le serie TV, mantiene un evidentissimo stile cinematografico d’oltreoceano e ogni volta ci troviamo ad affrontare momenti narrativi estremamente delicati, dove situazioni emozionali, quali tensione, sentimento, drammaticità e gioia si alternano ripetutamente tra loro. Restare all’interno di certi momenti mantenendo salda l’emozionalità è estremamente complesso ma sconvolgente e catartico al tempo stesso.
5) (AR) terminati gli studi di contrabbasso e l’Istituto per il cinema e la Televisione “R.Rossellini”, ho presto cominciato a lavorare presso la CAM edizioni musicali, dove ho potuto iniziare, come arrangiatore, ad entrare in progetti di rifacimenti di colonne sonore di vecchi film. In quel luogo, importantissimo per me, ho avuto l’opportunità di fare conoscenze con diversi registi quali Antonio Margheriti, Carlo Tuzii, nonchè la frequentazione di altri compositori come Egisto Macchi e Carlo Crivelli che mi hanno fatto appassionare a questo mestiere artigianale, e da lì è partito tutto quello che sono ora.
(VA) Ho cominciato nei primi anni ‘80 con la New Wave, quando le canzoni raccontavano piccole storie con piccoli film; dai videoclip alla televisione e al cinema il passo è stato breve.
6) Beh è un pò come quando ci fu il passaggio dall’analogico al digitale. Ascoltare un LP mentre si osservava la copertina di cartoncino con magnifiche illustrazioni e fotografie degli artisti con i testi delle canzoni, non era come ritrovarsi poi con la custodia in policarbonato del CD che lasciava certamente un qualcosa di irrisolto e impalpabile a cui bisognava adeguarsi e accettare. Mi auguro che questi cambiamenti vadano, sempre e comunque, a frutto della musica e degli artisti.
FINE QUARANTASETTESIMA PARTE