Intervista a Matteo Fedeli sullo scontro SIAE - META
Il futuro della musica dietro lo scontro SIAE - META
Marco Testoni intervista Matteo Fedeli, direttore generale della SIAE
I primi effetti dello scontro tra SIAE e META stanno già avvenendo in questi giorni e sono visibili e (non) udibili a tutti gli italiani grazie alla reazione dei social di proprietà di META che hanno eliminato da storie e reel degli utenti tutta la musica tutelata dalla Siae (ma in qualche caso anche quella di Soundreef/Lea che è l’altra società di collecting nazionale, peraltro estranea a questa trattativa).
Di fatto all’interno dei nostri confini Facebook e Instagram hanno silenziato gran parte della musica italiana e in qualche caso anche quella internazionale. E’ probabile che questa sia solo un’azione dimostrativa per poter riprendere le contrattazioni da una condizione di forza, ma potrebbe anche rivelarsi un boomerang perché ciò che sta comportando il mancato accordo tra SIAE e META non è solamente centrale per i suoi risvolti economici ma lo sarà anche per le diverse ricadute sul piano culturale, sociale e politico. Dunque l’esito di questa disputa è veramente incerto perché potrebbe, in un verso o nell’altro, succedere di tutto.Ciò che infatti sta avvenendo è la definitiva entrata in rotta di collisione del mondo digitale con l’istituto giuridico del diritto d’autore.
Da una parte i social e dall’altra i creatori di musica; da una parte il libero accesso e utilizzo dei contenuti musicali digitali presenti in rete e dall’altra i legittimi interessi economici di tutta la filiera musicale (artisti, editori, compositori e produttori) che vive grazie ai proventi dei propri lavori creativi. In buona sostanza oggi si fanno i conti con tutti i nodi irrisolti che l’avvento del digitale ha portato con sé da decenni e che solo negli ultimi anni, soprattutto grazie alla direttiva europea sul copyright, si è cercato di regolamentare perché ormai avvertita a tutti i livelli come non più procrastinabile. Quindi non è corretta la convinzione di chi crede che la questione aperta dallo scontro SIAE-META sia solo un fenomeno italiano e che altrove sia stata risolta brillantemente perché l’applicazione della direttiva europea sarà comunque da tenere in considerazione nel momento in cui alla scadenza dei vari contratti le varie società di collecting europee dovranno ridiscutere i termini di rinnovo con le OTT..
Ma andiamo con ordine: uno dei motivi principali della rottura delle trattative è stato il diniego da parte di META di mostrare i dati relativi ai flussi dei propri social, informazioni fondamentali per poter quantificare un accordo commerciale con SIAE. Abbiamo chiesto a Matteo Fedeli, direttore generale della SIAE qualche delucidazione in merito alle dinamiche di questa trattativa.
Colonne Sonore: Nel comunicato SIAE di ieri si fa cenno “al rifiuto da parte di Meta di condividere le informazioni rilevanti ai fini di un accordo equo”. Esattamente di quale natura di informazioni si parla?
Matteo Fedeli: Non posso rispondere a questa domanda semplicemente perché Meta non ha dato alcuna informazione. Le informazioni che chiedevamo sono quelle relative all’entità dello sfruttamento dei contenuti musicali all’interno delle sue piattaforme (Facebook, Instagram), ma gli unici dati disponibili sono quelli che abbiamo individuato autonomamente tramite la SEC americana e sono dati generici che non tengono conto della segmentazione per nazioni o tipologia di prodotto. Ciò che veramente conta è che la trattativa con META si è interrotta bruscamente e ciò che è accaduto lo abbiamo come tutti voi saputo in tempo reale dagli organi di stampa. Abbiamo trattato precedentemente con altre piattaforme digitali come ad esempio Google (NDR che controlla YouTube) con contrattazioni durate mesi e con un tipo di controparte piuttosto tenace, ma alla fine si è comunque trovato un accordo.
CS: La SIAE sembra essere la prima società di collecting europea a prendere una posizione netta in risposta al mancato accordo con Meta che ha poi evidenti ricadute sull’applicazione della direttiva europea sul copyright. Pensate che queste problematiche sorte sull’accordo possono coinvolgere anche altre collecting europee? Si può pensare a un coordinamento o a una serie di azioni concertate e unitarie?
MF: Non c’è bisogno di un coordinamento, c’è già di fatto un supporto da parte del mercato e dell’industria musicale perché gli effetti negativi e la ricaduta di questa azione di META andrà a toccare tutte quelle attività con contenuti musicali che si svolgono attraverso Facebook, Instagram e anche Whatsapp.
CS: I social sono ormai parte integrante della vita e delle relazioni sociali di ogni individuo. Come SIAE pensate sia importante che anche l’opinione pubblica comprenda in modo chiaro quali siano le cause e gli effetti di questo mancato accordo?
MF: E’ un nostro sforzo quello di far capire che noi della SIAE non siamo quelli brutti e cattivi che tolgono la musica dai social come mi è capitato di sentire in alcuni video pubblicati in rete. In realtà grazie alla decisione unilaterale di META quello che è accaduto è esattamente il contrario ma ora si sta facendo passare il falso messaggio che SIAE impedisca la circolazione di musica in rete.
CS: Mi sembra di capire che in definitiva è in gioco la difesa del diritto d’autore?
MF: Assolutamente sì.
Quello della trasparenza delle informazioni legate all’entità e al valore economico degli stream ovvero delle visualizzazioni e degli ascolti sulle piattaforme digitali è un problema molto sentito tra i musicisti. In un articolo del “The Guardian” nel 2021 Nile Rodgers (compositore, produttore e storico membro fondatore degli Chic) affermava “Non sappiamo neanche quanto vale uno stream e non c’è modo che si possa nemmeno scoprire quanto vale uno stream, e questa non è la base per una relazione soddisfacente.”. Sempre in UK c’è chi ha tentato con le poche notizie attendibili di redigere una tabella di comparazione dove si evince che il valore di uno stream su YouTube è pari a € 0,00019 e che per guadagnare una sterlina bisognava incamerare qualcosa come ben 5882 stream. Questo dato la dice lunga sugli utili tutt’altro che da nababbi generati dallo streaming per gli artisti e gli editori a fronte del crollo verticale della vendita dei CD e al contrario dai guadagni esponenziali delle OTT... ad esempio facilmente deducibili dall'accordo di sponsorizzazione che la squadra del Barcellona sta chiudendo con Spotify che verserà nelle casse del club catalano una somma pari a circa 435 milioni di euro.
Dunque con l’affermarsi dilagante delle OTT - ovvero le piattaforme digitali che distribuiscono globalmente la totalità dei cataloghi musicali, cinematografici e televisivi mondiali - è stato rimesso in discussione tutto l’assetto dell’industria culturale internazionale che sfruttando in parte le dinamiche del pensiero neoliberista ha di fatto rallentato i processi per una regolamentazione del mercato digitale globale favorendo smisuratamente i cosiddetti colossi digitali (Meta, Google, Apple, Amazon, Microsoft, ecc…) e generando nella fattispecie disuguaglianze tra chi distribuisce contenuti musicali e chi li crea e produce.
L’applicazione della direttiva europea sul copyright rischia di divenire quindi il vero campo di battaglia dove probabilmente si giocheranno i destini e il futuro dell’industria musicale e i suoi protagonisti, non solo per le major o per le grandi star del pop, ma più probabilmente per le realtà musicali nazionali della scena indipendente che comprende la fetta numericamente più imponente ma poco valorizzata dal mercato digitale.
In definitiva in un mondo dove la musica è presente ovunque quello che resta sempre e comunque sullo sfondo sono le fragili dinamiche legate alla tutela dell’idea, della creatività e quindi al futuro del lavoro dei musicisti che è anche alla base dell’esistenza stessa del diritto d’autore.