17 Apr2014
Wakolda
Andrés Goldstein & Daniel Tarrab
The German Doctor (Wakolda, 2013)
Quartet Records SM027
24 brani – durata: 41’30”
La vera storia di una famiglia argentina, nella Patagonia del 1960, che ospitò nella loro casa Josef Mengele, uno dei più grandi criminali nazisti di tutti i tempi, senza conoscere la sua vera identità e della loro figlia più piccola che si innamorò di lui. Un’intera famiglia con gli occhi chiusi, sedotta dall’enorme sapienza e dal carisma di Mengele, uomo elegante e gentile, fino allo sconvolgente svelamento conclusivo.
I due compositori, chiamati a commentare questa vicenda drammaticamente sentimentale nel suo sviluppo, sono Andrés Goldstein (classe 1954) e Daniel Tarrab (classe 1958), ambedue nati a Buenos Aires in Argentina, pluripremiati e nominati nel loro Paese e in Europa, che tornano a collaborare con la regista Lucìa Puenzo per questo film del 2013 che da noi esce l’8 Maggio.
Tarrab e Goldstein creano una partitura dal sapore sudamericano velata di struggente malinconia e tensione psicologica: fin dal “Wakolda Main Title” gli intenti sono chiari, cioè chitarre acustiche ed elettriche (suonate dagli stessi compositori) su tappeto d’archi per un leitmotiv doloroso e accorato che profuma di richiami latini, per poi passare al secondo pezzo, “Little Bed”, una nenia garbata. L’impianto chitarristico con ambienti synt sullo sfondo a creare straniamento lo si trova in “Just a Game”, e con “The Journey” il tema portante risuona vigoroso interpretato dal duduk, batteria, chitarre acustiche e archi in gran spolvero. Il tema di “Lilith” ci immerge in brevi atmosfere tenere, sempre con la chitarra a farla da padrone. “There Were Two” pigia sul pedale del dramma interiore con archi che sottolineano la tragedia ingombente. “Blood and Honor” con il duduk e gli archi tensivi grida disperazione. In “Farewell” riappare brevemente il tema portante che si dilata in “Dolls Factory” nella sua massima espressione etnica e tormentosa. “Heartbeat” presenta un nuovo tema per archi altrettanto afflitto e colmo di risentimento. “Forest” scandaglia antri segreti con archi sottesi e chitarre ritmiche. “The Hunt Has Begun” è un brano d’azione concitato per archi e piano, in cui un tema apprensivo in ostinato compare per la prima volta, di una bellezza straniante nella sua brevità. “Nazi’s Bunker” è una traccia di commento in cui il violoncello primeggia. “The Persecution” parte angoscioso con piano percussivo, duduk e oud tensivi e chitarre acustiche a marcare la distruzione interiore del protagonista criminale del film. “Prematures” dona agli archi la possibilità di un adagio mesto in evoluzione. “In the Mountain” calca la mano su chitarre elettriche cattive, archi sospesi e strumenti etnici tormentati. “The Persecution Continues” è l’ennesima traccia di puro commento ai momenti drammatici della vicenda, altresì “The End”, penultimo pezzo del Cd, accelera la tensione pigiando all’inizio sul tasto dell’aggressione emotiva e sul finire sul pedale del sentimento tradito con suoni quasi astratti, mettendo in campo tutti gli strumenti della colonna sonora. Idem nel “Wakolda End Credits” in cui il Main Theme si può finalmente esprimere in tutta la sua bellezza compositiva e ariosità esecutiva, rammentando certe composizioni accalorate di Alberto Iglesias per Pedro Almodovar (traccia che vale l’acquisto dell’album in oggetto).
The German Doctor (Wakolda, 2013)
Quartet Records SM027
24 brani – durata: 41’30”
La vera storia di una famiglia argentina, nella Patagonia del 1960, che ospitò nella loro casa Josef Mengele, uno dei più grandi criminali nazisti di tutti i tempi, senza conoscere la sua vera identità e della loro figlia più piccola che si innamorò di lui. Un’intera famiglia con gli occhi chiusi, sedotta dall’enorme sapienza e dal carisma di Mengele, uomo elegante e gentile, fino allo sconvolgente svelamento conclusivo.
I due compositori, chiamati a commentare questa vicenda drammaticamente sentimentale nel suo sviluppo, sono Andrés Goldstein (classe 1954) e Daniel Tarrab (classe 1958), ambedue nati a Buenos Aires in Argentina, pluripremiati e nominati nel loro Paese e in Europa, che tornano a collaborare con la regista Lucìa Puenzo per questo film del 2013 che da noi esce l’8 Maggio.
Tarrab e Goldstein creano una partitura dal sapore sudamericano velata di struggente malinconia e tensione psicologica: fin dal “Wakolda Main Title” gli intenti sono chiari, cioè chitarre acustiche ed elettriche (suonate dagli stessi compositori) su tappeto d’archi per un leitmotiv doloroso e accorato che profuma di richiami latini, per poi passare al secondo pezzo, “Little Bed”, una nenia garbata. L’impianto chitarristico con ambienti synt sullo sfondo a creare straniamento lo si trova in “Just a Game”, e con “The Journey” il tema portante risuona vigoroso interpretato dal duduk, batteria, chitarre acustiche e archi in gran spolvero. Il tema di “Lilith” ci immerge in brevi atmosfere tenere, sempre con la chitarra a farla da padrone. “There Were Two” pigia sul pedale del dramma interiore con archi che sottolineano la tragedia ingombente. “Blood and Honor” con il duduk e gli archi tensivi grida disperazione. In “Farewell” riappare brevemente il tema portante che si dilata in “Dolls Factory” nella sua massima espressione etnica e tormentosa. “Heartbeat” presenta un nuovo tema per archi altrettanto afflitto e colmo di risentimento. “Forest” scandaglia antri segreti con archi sottesi e chitarre ritmiche. “The Hunt Has Begun” è un brano d’azione concitato per archi e piano, in cui un tema apprensivo in ostinato compare per la prima volta, di una bellezza straniante nella sua brevità. “Nazi’s Bunker” è una traccia di commento in cui il violoncello primeggia. “The Persecution” parte angoscioso con piano percussivo, duduk e oud tensivi e chitarre acustiche a marcare la distruzione interiore del protagonista criminale del film. “Prematures” dona agli archi la possibilità di un adagio mesto in evoluzione. “In the Mountain” calca la mano su chitarre elettriche cattive, archi sospesi e strumenti etnici tormentati. “The Persecution Continues” è l’ennesima traccia di puro commento ai momenti drammatici della vicenda, altresì “The End”, penultimo pezzo del Cd, accelera la tensione pigiando all’inizio sul tasto dell’aggressione emotiva e sul finire sul pedale del sentimento tradito con suoni quasi astratti, mettendo in campo tutti gli strumenti della colonna sonora. Idem nel “Wakolda End Credits” in cui il Main Theme si può finalmente esprimere in tutta la sua bellezza compositiva e ariosità esecutiva, rammentando certe composizioni accalorate di Alberto Iglesias per Pedro Almodovar (traccia che vale l’acquisto dell’album in oggetto).